25 novembre 2023

Crimini a cura di G. De Cataldo




Premessa: sono generalmente maldisposto nei confronti dei racconti gialli. Mi è capitato, nel passato, di leggere racconti nei quali la storia era troppo breve e poco sviluppata, per essere interessante. È compito dell'autore, e sono pochi quelli che ci riescono bene, nelle poche pagine a disposizione descrivere i personaggi con pochi tratti, asciutti e creare una storia che stia in piedi senza intrecci o sviluppi complessi.


Detto ciò, diciamo che, con questo libro ci troviamo di fronte a dieci giallisti con nove racconti “noir”: dove cioè si osserva la realtà secondo un punto di vista particolare, un po' scomodo, spesso nascosto, fatto dal crimine, da quel sottobosco di personaggi che non sono del tutto buoni né cattivi. Da poliziotti che vogliono andare avanti nelle loro indagini a qualunque costo. Di giornalisti cinici e chirurghi senza alcun limite morale (vi fareste mai operare dal chirurgo di Ammaniti).

Ogni storia è buona per raccontare una parte del paese che sta poco alla luce del sole (e che a volte è solo il noir a portare allo scoperto): De Cataldo ha scritto nella prefazione che il noir è un modo decisamente originale per raccontare i miti, i riti, gli splendori (pochi) e le miserie (molte) della contemporaneità.

Tre temi portanti pervadono i racconti: la corruzione, come ricerca spasmodica del guadagno e del benessere. O come assenza di ogni etica e limite morale, che ti porta a non pensare alle conseguenza dei tuoi gesti.

Il tema dello straniero, tema sempre più attuale di questi tempi. Percepito dai più come portatore di crimine e come minaccia per il nostro status quo. Possiamo continuare ad isolarli, lasciandoli nei centri o nelle baraccopoli. Oppure iniziare a fare i conti con questa realtà: iniziare a capire come integrarli, come accoglierli e non lasciare che sia la malavita a fornire loro l'unica possibilità di sopravvivenza.

Nel libro “Con la morte nel cuore” di Biondillo, viene fatto una splendida analogia tra gli extracomunitari che arrivano in Italia e gli ebrei che arrivavano sui vagoni ad Auschwitz: tal volta la selezione era fatta in modo sbrigativo. Si aprivano le porte su entrambi i lati e coloro che scendevano dalla parte “sbagliata” erano subito gasati. Ecco, dobbiamo fare in modo che chi arriva in Italia, non scenda dal lato sbagliato.


Il terzo tema è l'ossessione del successo, nella società e nello spettacolo, la fama da raggiungere senza preoccuparsi degli altri.

Ora torniamo ai racconti: quello di Ammaniti è di gran lunga il più divertente, con un chirurgo che pur di recuperare il suo “tesoro”, non esita a operare un'attrice di fiction sul set di scena.

Con Massimo Carlotto andiamo nel poliziesco, dove un ispettore deve indagare, tra criminali croati e mafia cinese, su un traffico di droga. Il desiderio di vendetta per la morte di un suo confidente e di una sua collega poi, lo porterà a comportarsi come un cane sciolto.

Ne “Il covo di Teresa” di Diego da Silva si confrontano due figure diverse: un'anziana signora, che conduce una vita solitaria e un ragazzo, ricercato dalla polizia.

Il racconto “L'ospite d'onore” mostra un Faletti che abbandona i serial killer e i gialli psicologici, seguendo uno stile più ironico: è la storia di un giornalista che va alla ricerca di un presentatore sparito dalle scene. Farà un'amara scoperta sul perché della fuga.

Dazieri
segue il suo stile: personaggi borderline con un lungo passato (come il suo gorilla) che devono seguire delle indagini in privato. Qui siamo nel mondo dello spettacolo, tra cabarettisti, comici e mamme disposte a tutto pur di portare al successo il proprio figlio.

Il racconto di Camilleri avrebbe meritato maggiore spazio, nel senso che la storia poteva essere sviluppata in un racconto più lungo: è la storia di un incontro e una storia d'amore che il caso fa finire troppo presto.

Fois,
con “Quello che manca” è il racconto con la frase da ricordare: è quella di un commissario che vuole indagare anche seguendo piste politiche dalle quali è invitato a distogliere l'attenzione.

Rivolgendosi ad un collega dice:

Be, adesso quella che chiamano democrazia, ha le labbra finte, i capelli ossigenati e tutto il resto. È finta: non è quello che sembra .. o quella che vogliono darci ad intendere.

Marchini rinunciò al terzo arancino – E cosa sarebbe? - chiese, pentendosi immediatamente della domanda.

Non lo so, non lo so ancora, ma la democrazia che piace a me non ha né soldi né il tempo per rifarsi le tette. È Chiaro?

Il racconto di De Cataldo, "Il bambino rapito dalla befana" raccoglie tutti i e tre i temi discussi sopra: un giocatore alle corse pensa di recuperare i soldi che deve agli strozzini organizzando un sequestro di un bambino. Sarà un extracomunitario umanissimo, reietto della nostra società ad aiutarlo. Il racconto finisce come una fiaba "con due umani che camminano allacciati verso il futuro in una strada della vecchia Roma baciata dalla luna e un saggio cane un pò acciaccato dall'ultima battaglia che trotterella scondinzolando al loro fianco". L'ultimo racconto di Lucarelli, "Il terzo sparo", parla di una poliziotta delle volanti che, dopo un conflitto a fuoco, comincia a farsi troppe domande su un collega che, forse, non è pulito come sembra.

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La scheda sul sito di Vigata.org

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