10 luglio 2005

Stato di guerra vs stato di povertà

Abituati a vedere i conflitti degli altri, comodamente seduti sui divani delle nostre poltrone, e non fare niente. Ora che la guerra e le bombe arrivano in casa, abbiamo paura. “l'Islam ci ha dichiarato la guerra”: abbiamo considerato, fino al 11 settembre, gli arabi come esseri di una cultura inferiore, con quella brutta barba e la tunica lunga, e l'idea che queste persone possano averci dichiarato guerra ci sgomenta. Come nel film “Il pianeta delle scimmie”, siamo tutti diventati come Charlton Heaston, nella gabbia, che guarda le scimmie al di fuori delle sbarre, incredulo di essere stato catturato ed essere considerato lui un animale.

Ma quando andavamo noi a fare la guerra, non ce lo ricordiamo più? Quando andavamo a predare gli schiavi dal golfo della Guinea (e venivamo noi considerati dei mangiatori di uomini, perchè la gente spariva sulle navi), quando eravamo noi i colonizzatori, buoni, che portavamo la civiltà a colpi di cannone. Non siamo pronti a questa visione del mondo rovesciata: da predatore a preda.

Non pensavamo che arrivasse qualcuno, con l'idea di adoperare questa massa di povertà e ignoranza, e convincere qualcuno fra questi, col lavaggio del cervello, con una speranza illusoria cui può credere solo chi non ha nulla da perdere, al martirio. Alla guerra santa. Pensavamo che lo squilibrio della ricchezza nel mondo, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, potesse durare per sempre.

La domanda, ora, è sempre la stessa: come si combatte il terrorismo? Certamente non possiamo lasciarci ricattare: non dobbiamo permettere che Al Quaeda diventi un interlocutore politico. Perchè oggi può chiedere il ritiro delle truppe, ma domani? Rinforziamo le leggi antiterrorismo? Forse può servire, anche se ho l'impressione che leggi più restrittive servano a placare una reazione emotiva, del momento. Sicuramente potrebbe servire un unica procura anti-terrorismo (come già successo per il terrorismo rosso delle BR e per la mafia), che possa agire però a livello europeo. Ossia tutti gli stati dell'Unione dovrebbero collaborare scambiandosi le informazioni ed uniformando le leggi in materia di controllo e immigrazione. Altrimenti, se diventa difficile fare un attentato in Italia, posso sempre andare a Berlino (per es.). Ma per sgonfiare la minaccia, occorre levare al terrorismo tutti gli alibi.

Allora facciamo un passo indietro: torniamo al concerto del Live 8, che aveva l'obbiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi della povertà del mondo, nell'ottica di influenzare le decisioni del summit del G8. È servito allo scopo? Da quanto emerge dale 43 pagine del documento firmato dai grandi, non sembra. La questione del commercio, con i paesi “poveri” non è stata sollevata: questa avrebbe potuto sollevare l'economia di questi paesi, come avvenuto con i paesi asiatici, che esportano merci nei nostri paesi ad armi pari, anzi ...

Un es: tra gli sponsor del concerto c'erano molte società di telecomunicazioni. Per fare cellulari più piccoli e più funzionali si usa il coltan, un minerale estratto dallo Zaire. Quanta parte degli introiti (alti) credete che vedano gli zairesi? Chissà cosa ne pensano gli artisti, come Geldof, che ha dichiarato di sentirsi soddisfatto da quanto stabilito dal G8.

La realtà è che i paesi ricchi fanno qualcosa per i paesi del terzo mondo solo se dietro c'è un'opportunità politica. Come l'Italia, che ha cancellato il debito che l'Etiopia aveva con noi. E noi abbiamo bisogno di rafforzare la nostra influenza nel corno d'Africa. Intendiamoci: non siamo ingenui tanto da credere che gli stati siano delle società di beneficienza. Se un'opportunità politica può portare a dei benefici “pratici”, non c'è nulla di male. In questa direzione è da sottolineare, in senso positivo, la decisione di elargire un finanziamento alle famiglie palestinesi: in questo modo si potrebbe risolvere un problema storico. E togliere un alibi ad Al Quaeda, che nei suoi discorsi cita spesso l'ingiustizia subita dai palestinesi, per il diverso peso della giustizia tra Israele e Palestina.

, G8,

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