17 gennaio 2007

In partenza dal binario 21.

Partirono in 605, tornarono in 24. Dal binario 21 della stazione di Milano.
Gli altri morirono ad Auschwitz.Sorpende sentire oggi un sindaco parlare di "Questo luogo - ha commentato il sindaco di Milano Letizia Moratti - rappresenta un grande valore morale e storico per la citta', e da oggi simbolo di vergogna - il tristemente famoso binario 21 - e' luogo simbolo del diverso, che deve portare a una Milano migliore, fatta di confronto, aperta alle diverse civilta' e che si vuole misurare per costruire il proprio futuro".

Un sindaco di una colizione che ha al suo interno partiti che si rifanno a quel fascismo complice delle deportazioni e della Shoa.

Da "Se questo è un uomo" di Primo Levi:
L'alba ci colse come un tradimento; come se il nuovo sole si associasse agli uomini nella deliberazione di distruggerci. I diversi sentimenti che si agitavano in noi, di consapevole accettazione, di ribellione senza sbocchi, di religioso abbandono, di paura, di disperazione, confluivano ormai, dopo la notte insonne, in una collettiva incontrollata follia. Il tempo di meditare, il tempo di stabilire erano conchiusi, e ogni moto di ragione si sciolse nel tumulto senza vincoli, su cui, dolorosi come colpi di spada, emergevano in un lampo, così vicini ancora nel tempo e nello spazio, i ricordi buoni delle nostre case.

Molte cose furono allora fra noi dette e fatte; ma di queste è bene che non resti memoria.

Con la assurda precisione a cui avremmo più tardi dovuto abituarci, i tedeschi fecero l'appello. Alla fine, - Wieviel Stück? - domandò il maresciallo; e il caporale salutò di scatto, e rispose che i «pezzi» erano seicentocinquanta, e che tutto era in ordine; allora ci caricarono sui torpedoni e ci portarono alla stazione di Carpi. Qui ci attendeva il treno e la scorta per il viaggio. Qui ricevemmo i primi colpi: e la cosa fu così nuova e insensata che non provammo dolore, nel corpo né nell'anima. Soltanto uno stupore profondo: come si può percuotere un uomo senza collera?

I vagoni erano dodici, e noi seicentocinquanta; nel mio vagone eravamo quarantacinque soltanto, ma era un vagone piccolo. Ecco dunque, sotto i nostri occhi, sotto i nostri piedi, una delle famose tradotte tedesche, quelle che non ritornano, quelle di cui, fremendo e sempre un poco increduli, avevamo così spesso sentito narrare. Proprio così, punto per punto: vagoni merci, chiusi dall'esterno, e dentro uomini donne bambini, compressi senza pietà, come merce di dozzina, in viaggio verso il nulla, in viaggio all'ingiù, verso il fondo. Questa volta dentro siamo noi.

Primo Levi: Se questo è un uomo - Il viaggio

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