23 maggio 2007

Caro giudice Falcone

Caro giudice Falcone, pensavo oggi, a 15 anni di distanza dalla tua morte, a come deve essere stata dura la tua carriera.
Il duro lavoro del magistrato antimafia: lavorare in solitudine, sotto i continui attacchi da parte dei "corvi", dai politici garantisti, degli attentati della mafia che, dicevano, te li eri procurati da solo.E per cosa poi? "per spirito di servizio".

Ma ne è valsa la pensa? Certo il maxiprocesso, gli arresti successivi alla stagione delle bombe, hanno decapitato i vertici dei Corleonesi. Ora la mafia non spara più per strada, come negli anni della mattanza.Ma una nuova mafia ha preso il suo posto: la borghesia mafiosa, la chiamano. Come un virus, che, dopo una cura da antibiotici, muta in una forma più radicata nell'organismo e più resistente.


Pensavate che bastasse l'indignazione popolare, i cortei dei giovani per sconfiggere la mafia?
"Caro Falcone, come fummo ingenui" scrive Giuseppe Ayala su l'Unità:

Non v’è dubbio, insomma, che «il più capace e famoso magistrato italiano fu oggetto di torbidi giochi di potere, di strumentalizzazioni ad opera della partitocrazia, di meschini sentimenti di invidia e di gelosia (anche all’interno delle stesse istituzioni)».

Non si tratta dell’opinione di un amico. Si tratta di una sentenza della Corte di Cassazione del 2004, anch’essa riportata da Monti nel suo libro. Leggere per credere. Il guaio fu che, naturalmente al di là delle singole volontà (tutte?), accadde esattamente quello che Giovanni aveva teorizzato nel suo colloquio con Marcelle Padovani. Queste le sue testuali parole: «Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno».

Sono sicuro. In quel momento Falcone stava parlando di Falcone. E, come al solito, aveva capito tutto. Il gioco era diventato davvero troppo grande. E noi troppo ingenui. Il nostro era stato uno schema che ci sembrava talmente ovvio che lo davamo per scontato. Siamo la punta avanzata delle Istituzioni su uno dei fronti più decisivi per la crescita e la tenuta democratica del Paese. Facciamo bene il nostro lavoro. Portiamo a casa risultati sin’ora mai ottenuti. Lo Stato può vincere. La mafia può essere battuta. Potranno mai lasciarci soli? Ma figurati! E invece... Ma sì, ha proprio ragione il buon Mario Pirani: Falcone come l’Aureliano Buendia di Cento anni di solitudine che dette trentadue battaglie, e le perse tutte.


«Poteva cambiare tutto, ma lo Stato si è fermato» , racconta Rosaria Schifani, vedova di un agente della scorta di Falcone. Non solo si è fermato lo stato, ma è avvenuto al suo interno una mutazione genetica, che rende difficile distinguere mafia e antimafia.
L'importante è almeno non dimenticare. Come fa l'Unità, che oggi esce in edicola assieme al libro "Falcone e Borsellino" di Giommaria Monti.
Perchè se anche i magistrati muoiono, le loro idee continuino ad andare avanti.

«Trovo meraviglioso che a ricordare Giovanni Falcone arrivino giovani da tutta Italia perché questo significa che la memoria è diventata futuro e i giovani la portano sulle loro gambe. È il quindicesimo anniversario e ancora non si conosce la verità sui mandanti occulti delle stragi del ’92. Auguriamoci che la politica e questo governo facciano finalmente chiarezza»
Rita Borsellino, Adnkronos 22 maggio

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

E' cambiato che l'amico Maurizio Costanza viene considerato un mafioso e che i Verdi quando aiutano l'ecomafia essendo di sinistra lo fanno per il bene degli italiani e non per gli interessi di madama.

alduccio ha detto...

Intendevi Costanzo, no?
Comunque non è solo un discorso di verdi ed ecomafie: penso alla solidarietà espressa a snistra nei confronti di Dell'Utri; penso al fatto che nei DS abbiamo persone come Vladimiro Crisafulli, Calogero Gueli, indagati per mafia, per cui nessuno si è sentito in dovere di chiederne la sospensione. Penso all'emergenza rifiuti in Campania e nessuno che ne chiede conto a Bassolino e soci ..

Anonimo ha detto...

Il testo è stato pubblicato sulla homepage di Scuolanostra.
Su chi e come ha fatto incetta di voti 'mafiosi' in Sicilia come a Napoli e altrove c'è poco da discutere.
I candidati di forza italia, qui a Napoli, regalano pacchi di olio e zucchero sotto elezioni. Solo Achille Lauro è arrivato a tanto. E i capozona fanno direttamente campagna elettorale durante le amministrative e le politiche.
E non preoccupatevi, cari miei forzitalioti: quello lì al potere ci tornerà presto. Siamo in Italia. La mafia vincerà sempre! Purtroppo...
Ma per favore, per favore: almeno non si infanghi la memoria di Falcone con speculazioni schifose.
Per favore!
La memoria di Falcone e Borsellino appartiene agli italiani onesti.
Per favore!

Anonimo ha detto...

da http://www.mpvitruvio.blogspot.com/
“maxi-lezione” di sicurezza stradale per gli alunni del Vitruvio di Castellammare di Stabia (Na).
In realtà, presso il “Supercinema” della città delle acque, si è tenuto il convegno conclusivo del progetto “Strade Amare, strade da amare- campagna sulla sicurezza stradale”.
Il percorso formativo, ideato dal prof. Antonio Sicignano e coordinato dal dirigente scolastico, dott. Sebastiano Piccolo, consisteva in una serie di conferenze tenute da personale esperto e qualificato a vario titolo.
In particolare sono intervenuti nei vari incontri previsti: il dott. Diego Marmo, Procuratore Generale presso il tribunale di Torre Annunziata, la dott.ssa Stefania Trotta, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Torre Annunziata, il dott. Luigi Riello, magistrato già componente del C.S.M., il dott. Giovanni De Angelis, dirigente del tribunale di Gragnano, il dott. Luigi Petrillo, dirigente del commissariato P.S. di Castellammare, la dott.ssa Valeria Moffa, vicequestore della polizia stradale di Napoli, il cap. Giuseppe Mazzullo, comandante dei Carabinieri di Castellammare, il sen. Luigi Bobbio, relatore della legge sulla confisca dei ciclomotori, l’on. avv. Sergio Cola, relatore della legge sulla patente a punti, con i suoi giovani collaboratori l’avv. Andrea Imperato ed il p. avv. Gaspare Jucan Sicignano. Tuttavia il fiore all’occhiello del progetto era proprio il convegno conclusivo, in cui i ragazzi hanno potuto ascoltare le tragiche testimonianze del Maggiore dei Carabinieri Giuseppe Mari, padre di Catello noto calciatore deceduto lo scorso anno a causa di un incidente stradale, e di Alessio Tavecchio da Monza, ragazzo disabile per una caduta dalla moto e presidente dell'omonima fondazione, oltre che autore del libro "Cronaca di una gurigione in-possibile".
In una gremita sala del “Supercinema”, davvero toccante si è rivelato l’intervento del Maggiore Giuseppe Mari, che ha esordito con espressioni, molto commoventi: «quando ti muore un figlio, ti muore l’anima e preferiresti che i fiori al cimitero fossero gli altri a portarli a te», ed ancora: «ai genitori consiglio di non aver paura di essere petulanti, insistete con i ragazzi in frasi del tipo “metti il casco”, “metti la cintura” e “vai piano”, io questa mattina sono in veste di genitore, un genitore sfortunato». Sempre all’insegna delle raccomandazioni si è espresso Alessio Tavecchio aggiungendo un particolare agghiacciante alla sua tragica storia: «io sono caduto con la moto su una buca non sufficientemente segnalata, ad una velocità di 50 Km all’ora. I comuni, le provincie e le regioni dovrebbero avere maggiore attenzione alla struttura del manto stradale ed tutti quei pericoli ad esso connessi, perché dopo è sempre troppo tardi».
Infine, dopo un breve saluto di tutti i relatori del progetto, il preside del Vitruvio ha ringraziato gli stessi, omaggiandoli con un quadretto ricordo dell’evento, e ricordando che «al Vitruvio chi si presenta senza casco a scuola non entra».