20 giugno 2007

La pista di sabbia di Andrea Camilleri

Il ritrovamento di un cavallo morto sulla spiaggia davanti casa è l'inizio di una nuova indagine, quasi privata, che porta il commissario Montalbano nel mondo delle corse clandestine, controllato dalla mafia.
La morte del cavallo, preso a sprangate fino ad ucciderlo, diventa una sfida personale tra lui e ladri.
Perchè probabilmente di un furto per ricatto si tratta: almeno a voler seguire le indicazioni date dalla padrona del cavallo ucciso e del padrone della stalla in cui è avvenuto il furto.
Che la mafia non c'entri niente? E allora perchè qualcuno è entrato nella sua casa di Marinella a rovistare? In cerca di cosa?


Sarà la pista di sabbia tracciata dagli zoccoli del cavallo morente (come gli appare in un sogno rivelatore) a dargli la spiegazione del furto del cavallo e della sua uccisione.
Che Montalbano troviamo in questo romanzo? Un pò più invecchiato, costretto addirittura a mettersi gli occhiali, cui addirittura il dottor Pasquano rimprovera una certa perdita di memoria.
Segno dell'età che passa.
L'inchiesta sulla pista di sabbia lo porta nel mondo delle piste, dove si incontra l'aristocrazia, esponenti della finanza, per scommettere (e forte) sui cavalli.
Dopo "La vampa d'agosto" Montalbano si troverà di fronte una nuova donna "fatale": Rachele Estermann, che nella storia avrà un ruolo fondamentale.

Torna un Camilleri molto più ironico rispetto ai precedenti libri. Ecco come descrive il mondo aristocratico delle corse:
Le pirsone erano vestite che pareva cannalivari: tra i mascoli c'era chi era vistito da cavallerizzo, chi da ricevimento della regina d'Inghilterra con tanto di cilindro, chi in jeans e maglione a girocollo, chi da tirolese, chi in divisa da guardia forestale (almeno accussì gli parse), uno addirittura s'era parato come un arabo e un altro stava in pantaloncini corti e ciavatte da spiaggia ...

L'orda famelica che si avventa sul rinfresco:
“Hanno suonato! Hanno suonato!”
E po' tutto quello che vinni apresso fu priciso 'ntifico a 'na valanga o al tracimamento di un fiume. Ammuttannosi, spngennosi, truppicanno, urtannosi, dalle tri porte finestre si riversò nel vialone un'ondata di piena fatta di mascoli e fimmine vocianti.

In un attimo, Ingrid non si vitti cchiù, pigliata 'n mezzo, vinni irrisistibilmente trascinata avanti, Si voltò verso di lui, raprì la vucca, dissi qualichi cosa, ma le parole non s'accapero.
Pariva il finale di una pillicula tragica.
Sturduto, Montalbano aviva la 'mpressione che nella villa era scoppiato un incendio violento, ma le facci allegre di tutti quelli che currivano alla dispirata, gli fici subito accapire che si stava sbaglianno. Si scansò èer non essiri travolto e aspittò che la sciumara passasse.
Il gong aviva annunziato che la cena era pronta. Ma com'è che avivano sempre fami 'sti nobili, 'sti imprenditori, 'sti omini d'affari?

Infine per la vostra gioia, il dialogo dell'assurdo/La Catarellata:
Erano le sei e mezza.
"Ah dottori dottori! Catarella sono!"
Gli vinni gana di garrusiare.
"Come ha detto scusi?" Fici cangianno vuci.
"Catarella sono, dottori!"
"Quale dottore cerca? Questo è il pronto soccorso veterinario."
"Oh matre santa! Mi scusasse, mi sbagliai."
Richiamò subito.
"Pronti? E' l'ambulatorio vetirinario?"
"No, Catarè. Montalbano, sono. Aspetta un momento che ti do il numero dell'ambulatorio."
"Nonsi, non lo voglio all'ambulatorio!"
"E allora, pirchì lo chiamai?"
"Non lo saccio. Scusasse, dottori, confuso sono. Può riattaccari che accomenzo da capo?"
"Va bene."
Richiamò per la terza volta.
"Dottori, vossia è?"
"Io sono."
"Che faciva, durmiva?"
"No, ballavo il rocknroll."
"Davero? Lo sapi abballari?"
"Catarè, dimmi che fù."
"Un catafero attrovaro."
E come ti sbagli? Se Catarella telefonava alle sett'albe, viniva a diri che c'er aun morto mattutino.
"Di mascolo o di fìmmina?"
"Trattasi di sesso mascolino."

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