14 ottobre 2007

Toghe rotte di Bruno Tinti

Toghe rotte: la giustizia raccontata da chi la fa

Il libro racconta il mondo della giustizia dal suo interno: la vita e il lavoro di procuratori, magistrati, giudici; nella loro quotidianità si racconta di come la macchina della giustizia italiana sia stata tarata, a forma di riforme da parte del legislatore, per non funzionare.
Quello che funziona, grazie alla buona volontà di alcuni, e quello che non funziona.
Alcuni casi, raccontati anche dall'autore ad Annozero, sono un autentico choc: il costruttore che compie degli abusi edilizi e che si salva grazie a dei cavilli giuridici.
I processi per guida in stato di ebbrezza che sono praticamente amnistiati.
Vivere sotto le minacce da parte di avvocati “maneggioni”, per un caso di “esecuzioni forzate”. Caso dove, come testimonia un giudica, si riesce alla fine ad arrivare alla giustizia contro gli avvocati che riscuotevano nei confronti di debitori, denaro senza registrare nulla, in pratica rubando. Ma grazie all'aiuto di delinquenti. Perchè quell'avvocato che rubava (De Manigoldis), rubava anche ad un clan di delinquenti.

Il libro non parte dal principio di difesa di una casta, anzi: accusa proprio il mondo della magistratura dal suo interno: a partire dai magistrati che si contentano della piccola dose di burocrazia quotidiana, in attesa dello scatto di anzianità; fino alle “correnti” nella magistratura diventate come i partiti, dei centri di potere in cui dividersi poltrone e ruoli.

A corredo un piccolo breviario di Procedura Penale: gip, gup, prescrizione, indulto; ma anche i riti alternativi/sostitutivi alla pena. Per cui alla fine, tra sospensione della pena, semidetenzione, affidamento ai servizi sociali e detenzione domiciliare, le pene sotto i 4 anni non vengono proprio scontate in carcere.
Il libro sfata alcuni luoghi comuni: non sono i magistrati che pubblicano le intercettazioni; il segreto istruttorio non esiste; quello che succede in pratica è che si alza il polverone da una parte per nascondere il vero reato (la violazione di privacy, non la scalata bancaria), dall'altra per indebolire il magistrato mettendolo sotto inchiesta.
Senza le informazioni rivelate dalle intercettazioni non si potrebbe fornire ai cittadini gli strumenti per effettuare il controllo democratico delle istituzioni. Diritto di informazione.
E se la risposta è che il diritto di privacy deve valere anche per i “potenti”, decidiamo in che paese vogliamo vivere.
“Ci va bene di non conoscere, di non sapere, non conoscere, non valutare? Perchè decisioni prese senza informazioni non sono decisioni, sono obbedienza”.
Inviteremmo mai a cena un furbetto del quartierino? Uno che parla con la mafia? Uno che ha corrotto giudici? Un politico che predica la morale di giorno e va a mignotte di notte? Un politico che manda gli uomini della scorta a comprargli la droga?

Un capitolo è dedicato alla depenalizzazione del reato di falso in bilancio “Quando i ricchi rubano”: il reato esisteva prima, esiste anche adesso. Per le società non quotate in borsa, il socio danneggiato deve sporgere querela.
Per quelle quotate in borsa sono state create delle soglie di non punibilità, commisurata al patrimonio netto, con una soglia dell'un percento. Sotto questa soglia in pratica la legge permette la falsificazione legale dei bilanci.

Consiglio di leggervi il finale (“Il capitolo più difficile”), sul perchè serve una giustizia che funziona e a chi interessa invece che non lo sia (efficiente e imparziale).
La democrazia non è la possibilità di scegliere chi ci governa. Altrimenti non saremmo mai in democrazia (al massimo, la casta ci concede, con grande sforzo, di scegliere un nome in una lista fissata).
Democrazia significa un riequilibrio del potere: significa che “la legge è uguale per tutti”. Chi controlla che questa legge sia uguale per tutti (vescovi, onorevoli, magistrati, operai, ministri ...)? I giudici.
Senza il corretto ed efficiente lavoro dei giudici e della macchina di giustizia, cittadino è costretto a rivolgersi (per un posto di lavoro, per un concorso, per una operazione in ospedale) ai “poteri forti”: lobby, massoneria, cosa nostra, il gruppo politico ....
I giudici servono a far rispettare le regole, ai cittadini più deboli.
Dunque la forza, i poteri forti, è in concorrenza con la “giustizia”. Questo capisce il perchè degli insulti quotidiani di indagati/condannati/imputati ogni sera in televisione per diffamare giudici che si sono permessi di trattarli come cittadini uguali agli altri.
Qui è a rischio la nostra democrazia.

Per ordinare il libro su internetbookshop.
Il libro sul blog di Chiarelettere, il blog che raccoglie i racconti vita quotidiana di altre toghe rotte.
L'intervento del procuratore Tinti alla trasmissione Annozero.
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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi fanno ridere questi magistrati che contestano un po' tutto e tutti quando poi i primi colpevoli del malfunzionamento della giustizia sono proprio lorsignori : proprio lunedi' alla trasmissione "chi l'ha visto"si parlava del caso della Campagna, la ragazza uccisa dalla mafia nel 1985 .Il processo agli assassini non si e' ancora concluso dopo 22 anni !! e di chi e' la colpa ? di Berlusconi? no, e' di questi magistrati nullafacenti che per condurre un'indagine preliminare ci mettono tre anni, e poi altri 4-5 anni per ogni grado di giudizio. E poi si lamentano della prescrizione : ma se si dessero una mossa a fare i processi verso i veri criminali senza perdere temp9o dietro ai castelli di carte credo che sarebbe meglio per tutti e credo che molta piu' gente avrebbe fiducia nella magistratura...

alduccio ha detto...

Caro anonimo, se lmeno avessi letto il libro ...
In Toghe rotte si parla proprio di questo: dei magistrati che pur non facendo nulla, anzi proprio non facendo nulla, non vengono sanzionati.
Sai che gli ispettori di Mastella sono andati ad indagare sul magistrato che ha rallentato le indagini sul killer di Graziella Campagna? Risultato: indagine archiviata.
I magistrati nullafacenti fanno comodo ai Berlusconi, ai Mastella ...
Informati, va ...

Anonimo ha detto...

Ho letto il libro e mi ha fatto paura. Oh no, non i mali di cui parla l'autore, non quelli che sono ben noti, ma è la filosofia del'Autore che mi spaventa.La sua "sicuezza" di essere in possesso della "verità" e di sentirsi "nato" per applicarla...
Il discorso sarebbe lungo, ma si noti come un "razionalista illuminista" come Lui, a pg.130 è costretto a tessere le lodi di Alfredo Rocco. Chi è Rocco? Il leader dei Giuristi di Mussolini.
Riflettete gente riflettete...