14 luglio 2008

Il finto dialogo

Incassata l'impunità si torna a parlare di dialogo.

Dialogo, ma sarebbe più opportuno parlare di monologo, visto che è sempre e solo la maggioranza che chiede, sparando ad alzo zero, e il parlamento che si deve prostrarre ai suoi voleri.
Riapre al dialogo anche la lega di Bossi, che evidentemente ha messo da parte i fucili (per limitarsi a fionde e archi?) per chiedere il federalismo.

Riapre il dialogo con l'UDC, che, anche lei, chiede in cambio la testa di Cofferati a Bologna e la fine dell'alleanza con Di Pietro.
Ma il dialogo è finto pechè alla fine il boss si è spazientito di indossare la maschera:
"Se dall'altra parte troviamo persone responsabili con cui si può dialogare siamo felici".
Per lui dialogo significa che io parlo, io chiedo, io ordino.

"Se ci sono persone responsabili per dialogare io sono felice, ma se c'è un altro tipo di opposizione è meglio non dialogare. Noi andremo avanti con la massima serenità di spirito. Governare significa decidere sulle leggi e anche per la legge costituzionale".
Come a dire: attenti. Io governo da solo.

Ma non siamo in un regime. No...
Non è una dittatura soft, questa.

La colpa è nostra, che oramai siamo la minoranza della minoranza, l'opposizione all'opposizione.
Quelli che chiedono che i ladri facciano i ladri e i politici e i politici.
Ma questo non è più un paese per moralisti, come ci ha ricordato bene Galli Della Loggia nel suo editoriale di ieri.

È una storia antica, dicevo, questa del moralismo. Una storia che comincia subito dopo l'Unità, quando lo sdegno per le miserie del Paese e il venir meno delle grandi speranze risorgimentali si tramutano nella messa sotto accusa delle sue classi politiche, del «Paese legale»; che prosegue poi con l'antigiolittismo di tanta parte della cultura nazionale la quale, alla denuncia delle malefatte del «ministro della malavita», associa ora la novità importante della denuncia dell'inadeguatezza morale dell'opposizione socialista, colpevole di essere collusa e di tenergli bordone. Una storia, infine, che fino ad oggi sembrava culminare e compendiarsi nella fiammeggiante predicazione di Gobetti e nel suo culto per le «minoranze eroiche » chiamate a lottare contro tutto e contro tutti. Contro Giolitti, contro Turati, contro Mussolini: tutti colpevoli egualmente, anche se a vario titolo si capisce, di promuovere la «diseducazione» morale e politica del popolo italiano.

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