16 novembre 2008

La vita e la morte

Una cosa non ho capito: serviva proprio la sentenza della Cassazione (sul caso di Eluana Englaro) per spingere i vertici della chiesa e di parte della politica (quelli che boicottarono il referendum del 2005) a chiedere una legge che regolamenti casi del genere?

E le dichiarazioni di vescovi e cardinali (Bagnasco “primo passo verso l'eutanasia”), i titoli dei giornali (Avvenire scriveva che i giudici hanno “pronunciato la prima condanna a morte dell'Italia repubblicana”), i comunicati dei vari comitati (Scienza e vita che chiede di “registrare in video” la morte di Eluana),le telefonate ai politici (come quelle dell'arcivescovo di Udine, Brollo), non sono forse un intromettersi nella vita politica?
Perchè solo ora? Forse perchè per una volta un giudice ha contravvenuto al Vaticano?

Come mai, in caso di espianto degli organi, è sufficiente la morte celebrale della persona, mentre nel caso di Eluana non sono bastati 16 anni di stato vegetativo?
Forse perchè un corpo sano, sebbene morto, può essere riciclato e i suoi organi diventano parte di un ciclo medico che, è vero porta a salvare vite umane, ma è anche un business.
Mentre un corpo di una persona morta da 16 anni, tenuta in vita artificialmente, non serve a nulla. Se non a parlare di quei valori di vita che vengono quotidianamente violati.

Nelle industrie, nei cantieri, dalle guerre, nei paesi prostrati dalla fame e dalla miseria, cui l'Italia ha ridotto pure gli aiuti umanitari. Non è una condanna a morte anche questa?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

La legge serve nel momento in cui sarà - e lo sarà - violentemente restrittiva.

Non a caso, molti laici dicono oggi, meglio niente, grazie.

alduccio ha detto...

Lo stesso Formigoni che grida che lui non farà commettere l'omicidio in Lombardia, si dimentica dei casi di macelleria come al Santa Rita.


Aldo