02 dicembre 2008

Nelle mani di nessuno di Gianni Palagonia

Nelle mani di nessuno. La lotta di uno sbirro antimafia in un Paese malato.
Piacerebbe che ce ne fossero tanti di poliziotti così. E piacerebbe anche conoscerle personalmente persone così oneste, appassionate, disposte a sacrificare tutto in nome di quello che noi chiamiamo democrazia. Forse nemmeno ce li meritiamo, persone come Gianni Palagonia.

Una lettura che parla di tanto: mafia al nord, falsi pentiti usati per ricreare al nord nuclei mafiosi, della malapolitica, del neobrigatismo (con un paragone tra le due criminalità). Esperienze di vita reale di uno "sbirro", di un paese "malato" che spesso nessuno racconta. Qui alcuni passi del libro.

Nelle mani di nessuno è la continuazione de "Il silenzio. Racconto di uno sbirro antimafia", primo capitolo di una lunga (si spera) serie, dove di racconta della lotta alla mafia a Catania e in Sicilia, portata avanti da un gruppo di poliziotto ("Il comitato"): una mafia che non spara, ma che investe sul territorio, nelle imprese, entra nelle banche, negli appalti, inquina il territorio.

Nelle mani di nessuno parte dal trasferimento al nord di Palagonia: trasferimento cautelativo, per salvare la pelle a questo poliziotto scomodo, dalla vendetta dei mafiosi su cui ha indagato.
Poliziotto che non rinuncia al suo istinto, "sbirittagine" la chiama, che lo porta ad indagare sulla presenza della mafia (imprenditoriale) nelle città del nord, specie se piccole e dove non succede nulla.

Dalla mafia ad un'indagine su un finanziere con molti intrallazzi e molti legami con il mondo della politica.

Infine l'omicidio del giuslavorista Marco Biagi: ucciso dalla Brigate Rosse nel marzo del 2002. Palagonia entra a far parte del gruppo di indagine, assieme a personale della Digos, che cerca gli esecutori del delitto.Questi guerrieri capaci di uccidere a sangue freddo una persona inerme in nome di una ideologia omicida.
Lunghe giornate di indagine, lunghe trasferte che lo portano spesso ad allontanarsi dalla famiglia. Ma che fanno comodo, perchè con le missioni si riesce ad arrotondare lo stipendio, misero, di un poliziotto con famiglia e figli.

Ma sotto la divisa c'è un uomo:
una persona che deve conciliare il lavoro con la famiglia, con una moglie che desidererebbe vederlo più spesso, con i figli ....
Dal libro emerge anche il suo lato umano, dopo una prima parte in cui è l'investigatore a farla da padrone (i metodo di indagine contro la criminalità organizzata, il paragone tra gergo mafioso e gergo brigatista); nella seconda parte è l'uomo che si confronta col dolore della separazione, col dolore della morte di un collega, con la rabbia nel dover affrontare sacrifici enormi per uno stato che, a volte, sembra voler più tutelare i criminali che non i suoi servitori.

Nel libro i luoghi, le strade, le piazze hanno i nomi dei tanti servitori dello stato (poliziotti, magistrati, giudici) morti nella battaglia contro la mafia e il terrorismo. Come il sovrintendente Emanuele Petri, morto durante l'arresto della brigatista Nadia Lioce; come gli agenti Antiochia, Zucchetto, il magistrato Falcone ...

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Semplicemente fantastico! Il protagonista è un UOMO!!! Con le insicurezze, i dubbi,i problemi quotidiani, che affronta con la forza esercitata dal suo rispetto per lo Stato, per la sua divisa e per il rifiuto totale di quello che è corruzione, collusione, clientelismo.
Da leggere tutto d'un fiato!

Anonimo ha detto...

Sono d'accordissimo ed in profonda sintonia con quanto già espresso da "Anonimo". Il racconto è estremamente realistico e non è difficile figurarsi o immaginare i fatti o le sensazioni del protagonista. Spesso mi sono commossa ed ho partecipato intensamente all'emozioni descritte ed anche io ho letto il libro tutto d'un fiato. Mi capita molto raramente. "Gianni Palagonia", come devi farti chiamare, chiunque tu sia, non posso che ringraziarti prima di tutto per l'uomo che c'è dietro quella divisa e poi per la divisa in sè e per quello che rappresenta. Grazie di cuore.
Myriam da Roma