18 ottobre 2009

Blu notte – Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, due eroi che non avrebbero voluto esserlo, ma rimanere soltanto de giornalisti, con la passione per la notizia, per le storie da raccontare, per la verità.
Carlo Lucarelli ha raccontato a Blu Notte dei tanti misteri che circondano la loro morte, il loro omicidio. A modo suo, come fosse un giallo: ovvero, chi erano i personaggi morti? Come si sono svolte, e chi ha svolto le indagini? Quale è il luogo del delitto, quali gli oggetti che potrebbero ancora raccontarci qualcosa del delitto?
E, infine, la domanda più importante: perchè Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stati uccisi?

Chi erano Ilaria e Miran.
Ilaria e Miran erano prima di tutto due giornalisti, di quelli in prima fila la dove ci sono fatti importanti da racconatre. In Bosnia, durante la guerra civile negli anni 92, 93.
In Somalia, durante la guerra civile, in cui si scontravano i signori della guerra. Somalia da cui si stavano ritirando le truppe americane e italiane della missione ONU.

Ilaria aveva una “buona storia da raccontare” anche a Mogadiscio, cui arrivò il 20 marzo 1994, dopo 6 giorni a Bosaso.

L'agguato: Mogadiscio, 20 marzo 1994, ore 15.
Qualcuno chiama Ilaria all'hotel Amana, dall'altra parte della città. Occorre attraversare la zona verde, che separa le due fazioni in guerra: un'operazione rischiosa che si fa solo si si ha un buon motivo. Usciti dall'hotel Amana, una land Rover si accosta e …. qui iniziano le versioni contrastanti. Troppe versioni: dell'autista, della guardai del corpo.

Una raffica per un rapimento finito male (come sostiene la relazione di maggioranza della Commissione bicamerale di indagine presieduta dall'avvocato Taormina, come sostiene l'imprenditore Giancarlo Marocchino, intervenuto sul posto tra i primi).
Oppure una vera e propria esecuzione: con un colpo alla testa di Ilaria e Miran. Come sosterebbe il certificato medico stilato nell'obitorio (in una zona controllata dagli americani).

Dopo l'agguato, nessuno si muove per soccorrere o intervenire: l'imprenditore Marocchino, come si è detto, tra i primi sul posto, sposta i corpi sulla sua jeep, e li trasporta in zona porto.
Nessuno sequestra il pick up, gli oggetti dei due giornalisti. Nessuno si preoccupa di fare domande: c'era la guerra, si dirà. Eppure altri giornalisti, della ABC, della TV Svizzera riescono a fare delle riprese. Dove è l'ambasciata, dove sono i servizi, dove l'esercito?

Gli oggetti scomparsi.
Succede tutto in fretta. I corpi portati in Italia; nessuna autopsia (lì, in Somalia); nessuna inchiesta.
Nel viaggio scompaiono alcuni taccuini di Ilaria e alcune cassette di Miran.
Sparisce il rapporto medico degli americani e le foto dei corpi sulla Garibaldi.

Le inchieste.
Della loro morte si occupano due inchieste di Commissioni parlamentari: quella sul ciclo dei rifiuti (di cui si è parlato nella scorsa puntata) e quella Bicamerale dell'allora onorevole Taormina.
Poi ci sono le inchieste della magistratura, su cui si sono succeduti tre diversi magistrati.
Inchieste difficili per l'assenza di quelle operazioni necessarie sul luogo del delitto. Per le troppe testimonianze e per i testimoni che invece scompaiono o muoiono. Come l'autista Abdì.

La perizia dell'ufficiale medico della Garibaldi parlava di due colpi sparati a distanza ravvicinata.
La perizia della magistratura del 1996 (pm Pittito) parla invece di spari da lontano.
Infine la perizia della Commissione Taormina che, sfruttando anche il ritrovamento dela Toyota dopo 11 anni, nel 2005, stabilisce che ad uccidere i due sono stati colpi di Kalashnikov.

Il luogo del delitto.
La Toyota, ritrovata da Taormina stesso dopo 11 anni: l'esame delle traiettorie dei colpi parla di spari da lontano. Convalidando la tesi del tentativo di rapimento.
Peccato che una seconda perizia, del procuratore Franco Ionta, sul sangue ritrovato, stabilisca che quel sangue non è di Ilaria.
Allora?

Le ultime ore delle vittime.
C'è chi afferma che Ilaria non sia uscita dall'hotel Amana, ma bensì dall'ambasciata italiana. Altri dicono che sia uscita dalla villa di Marocchino stesso.
La polizia somala, indagando, segue una pista per cui ad invitare in quel posto i due giornalisti, sarebbe stato il signor Marocchino.

Come sia, qualcuno avrebbe teso un'imboscata.
Chi è Marocchino?: uno che conosce Mogadiscio e la Somalia. Il presidente della Commissione Taormina lo definisce un informatore del sismi (ma si bruciano così gli informatori?).
Imprenditore finito sotto inchiesta nel 1997 dalla procura di Asti per traffico illegale di rifiuti tossici. Finiti sepolti nei cantieri somali.

Cosa stavano facendo, in Somalia?
Ilaria e Miran erano in Somalia per tre motivi. Il primo era un'inchiesta sugli sperperi e sulla malacooperazione tra Italia e Somalia: i miliardi di lire del F.A.I. (dal 1985), che fine hanno fatto?
Giravano voci di pescherecci comprati con i soldi degli italiani, finiti in mano a provati somali e usati per il traffico di armi e rifiuti.
Soldi spesi per costruire strade nel deserto, per finanziare il regime di Siad Barre, prima della caduta: eravamo negli anni di Tangentopoli e finalmente in Italia, dopo i governi di Craxi e del pentapartito, si voleva fare luce sugli scandali.
Il secondo motivo era registrare la partenza dei militari italiani dalla Somalia.
Infine l'intervista al sultano Mogor del Bosaso: di questa intervista, che sarebbe durata secondo i ricordi del sultano due ore e mezza, in Italia sono arrivati solo 20 minuti.

Cosa si dicono Ilaria e il sultano, quali sono le domande e le risposte?
Si sarebbe parlato delle navi della Scifco, passate dopo il crollo del regime di Siad Barrè da un privato, un certo Omar Said; del traffico di armi con l'Unione Sovietica e di rifiuti radioattivi.
Persino il sultano del Bosaso si mostrava sorpreso dell'improvviso interesse degli italiani in quegli affari sporchi.
Ilaria Miran erano andati a vedere l'autostrada Garoe Bosaso: anche qui giravano strane voci da verificare. Voci di rifiuti sepolti nelle cave di pietra vicino alla strada.

Anche la Commissione rifiuti si sarebbe poi interessata a questa vicenda, e avrebbe poi cercato di acquisire tutti i materiali girati a Bosaso sia dai due giornalisti, sia da altri amici di Ilaria che dopo la loro morto volevano fare chiarezza sugli ultimi loro giorni.
Eppure, dopo 15 anni, si sono mossi in pochi, poiché la zona è ritenuta ancora poco sicura. E il fatto che a dirlo sia la nostra intelligence, coinvolta anche nei misteri del caso Alpi, rende il tutto sempre meno chiaro.

Perchè nel frattempo succedono cose strane.
Il certificato di morte di Ilaria Alpi trovato nella villa dell'ingegner Giorgio Comerio, durante la perquisizione ordinata dal procuratore di Reggio Calabria F. Neri, per una indagine sullo smaltimento illegale di rifiuti (l'inchiesta sulle “Navi a perdere” tema della scorsa puntata di Blu Notte). Cosa ci faceva lì il certificato del dottor Armando Rossitto?
Dopo il ritrovamento, il certificato scompare di nuovo. Quando il procuratore Neri deve essere sentito dalla Commissione Alpi nel 2005, scopre che dagli archivi della Procura molti scatolini e il certificato sono scomparsi.

Del traffico di rifiuti ha parlato anche il pentito Francesco Conti: del ruolo della criminalità organizzata, della ndrangheta, delle navi della Scifco, donati da Craxi alla Somalia.

Per questo sono stati uccisi Ilaria e Omar?
No, secondo la relazione di maggioranza della Commissione bicamerale di Taormina, i due giornalisti avrebbero trascorso dei giorni di vacanza a Bosaso e poi sarebbero finiti in mezzo ad un atto di banditismo. Non solo: Taormina parla di una centrale giornalistica di depistaggio, un complotto di informazione composto da giornalisti, magistrati e forze di polizia.
L'avvocato Taormina ha fatto perquisire le case di giornalisti come Maurizio Torrealta.
Che a loro volta parlano di atti intimidatori.

Una conclusione, quella di Taormina, quantomeno contraddittoria: perchè uccidere i soli due italiani, e poi ucciderli, se li si vuole rapire?

Il processo al capro espiatorio.
Nel 1996, l'ambasciatore in Somalia parla di un possibile testimone dell'omicidio, un certo Jelle.
Che prima parla di conoscere i sette membri del commando: poi al processo ne individua uno solo Omar Hashi Hassan. In Italia per testimoniare alla Commissione Gallo (sulle violenze in Somalia).

Viene assolto in primo grado e poi condannato in Appello, condanna confermata dalla Cassazione nel 2002. E' lui l'assassino?
Non crede alla colpevolezza né la Commissione Taormina né la magistratura di Roma.
Nel 2007 il pm Ionta chiede l'archiviazione, respinta dal Gip Ciersosino.

Si deve andare avanti a investigare nelle direzioni ancora non seguite: acquisire atti della Commissione parlamentare di inchiesta; fare le perizie sull'auto, fare le indagini in Somalia.
Acquisire i rapporti dell'ONU, dell'Unosom, le fonti dei servizi.
Seguire le piste del traffico di armi e rifiuti.

Secondo l'avvocato Taormina, Ilaria e Miran sono diventati eroi perchè morti.
Forse Ilaria e Miran avrebbero preferito essere giornalisti e basta: quello che non deve succedere è, come al solito, che diventino eroi, per essere santificati e poi dimenticati.

Per la loro memoria e per lo sforzo per la giustizia dei genitori di Ilaria.

Il link della puntata di Blu notte.
Passione Reporter, il libro di Daniele Biacchessi.
Il sito della commissione bicamerale sul caso Alpi.
Il sito di Ilaria Alpi.
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