11 ottobre 2011

Che cibo vogliamo mettere sulla nostra tavola?

Che cibo vogliamo mettere sulla nostra tavola? Che destino vogliamo dare alla nostra agricoltura, agli allevatori e ai produttori del latte? Queste le domande che nascono dopo l'aver visto la puntata di Presadiretta di domenica (che come al solito, poco o nulla produce come reazioni). Produttori di grano che vengono strozzati dall'industria di trasformazione, che riesce mettendo in piedi dei cartelli a tenere bassi i prezzi della materia prima. Il pomodoro che diventa sugo per la nostra pastasciutta è raccolto spesso da immigrati in nero, sfruttati da un sistema di capolarato (questa estate a Nardò, gli stagionali hanno fatto sciopero per protesta). Lo sanno tutti, specie le aziende agricole e le aziende che si occupano della trasformazione. Ma viene tollerato, perchè in questo modo si riesce a tenere bassi i prezzi, a vantaggio dei produttori di sugo e della grande distribuzione. Che, come per il grano, riesce a tenere bassi i prezzi, a discapito della qualità, del valore del lavoro di chi raccoglie i pomodori, del prodotto. E poi ci sono i pomodori cinesi, importati a tonnellate, che con una magia diventano prodotti italiani (dal triplo concentrato, al doppio concentrato). Dicono che sono persino antitumorali .. In Sardegna i produttori di latte sono costretti a vendere il latte a pochi centesimi: strozzati (anche loro, come gli agricoltori) dall'industria di produzione dei formaggi. Che paga il loro latte a poco, per produrre il Pecorino romano, che poi viene in buona parte venduto negli Stati Uniti. Chi lo avrebbe mai detto, che il prezzo del latte sardo lo decide l'america? E poi c'è il caso di Lactitalia, di proprietà del signor Pinna, che produce il marchio "la bella vita". Pinna , capo dell'Unione industrali sardi, che controlla proprio la Lactitalia, che fa la concorrenza sul made in Italy ai prodotti sardi ... Così difendiamo il made in Italy? E, mentre a Roma si discute, la Sardegna diventa sempre più una polveriera. La giornalista di Presadiretta Raffaella Pusceddu ha poi afforntato il caso dell'Agea, azienda pubblica che gestisce i soldi europei per l'agricoltura italiana. Azienda commissariata, ufficialmente per una questione amministrativa: ma in realtà, dal rapporto del nucleo politiche agricole dei carabinieri, emrge una storia di mucche fantasma (all'Europa avremmo detto di avere più mucche per prendere più soldi), allevatori sulla carta (che non hanno tutti i capi che risultano al ministero): forse, la cosa più interessante, non è vero che l'Italia ha splafonato nella produzione del proprio latte. Cosa che ha portato poi alla multa all'Italia per 4 miliardi di euro. Multa che non tutti gli allevatori hanno pagato. Due domande ci si dovrebbe fare: chi ha sbagliato? Che fine han fatto questi finanziamenti europei? Si deve ipotizzare un traffico di latte in nero? Magari dall'estero? Ripeto: come consumatori, come cittadini dobbiamo pretendere di conoscere cosa mettiamo sulla tavola: da dove viene il latte, i pomodori per il sugo, la frutta, il grano per la pasta. E poi ognuno decide: se vuole il km zero, che aiuterebbe la nostra agricoltura, diminuirebbe le emissioni (per i camion in giro, le navi che attraversano gli oceani), e fa pure bene alla salute. Oppure se vuole consumare il pomodoro cinese, quello che cura i tumori.

Nessun commento: