12 marzo 2012

Grandi opere e democrazia.


Scalfari (su Repubblica) e Violante (sul corriere, riportato sul blog di Furio Colombo) spiegano il loro concetto di democrazia e grandi opere.
Riassumendo, a decidere sulle grandi opere strategiche, non possono essere i cittadini, e non ci deve fermare se qualcuno dice no.


Scalfari:
Leggo su alcuni giornali ("Il Manifesto, "Il Fatto Quotidiano") che il movimento anti-Tav e la Fiom aumenteranno la loro pressione e la loro forza fino a produrre una svolta. Non si capisce in che cosa consista questa svolta, descritta come decisiva. Sottoporre a referendum ogni opera pubblica? Mettere in crisi questo governo e sostituirlo con un altro? Quale? Oppure abolire governo e Parlamento e creare una Repubblica referendaria? C'è un Palazzo d'Inverno da invadere? Uno zar da abbattere? Un soviet da installare a Montecitorio? 
Violante:
“Ci sono molti modi legali di contestazione. Dopodiché se si deve fare o no una grande opera non lo possono decidere i cittadini, perché riguarda molti altri che gli abitanti, mettiamo, di Bussoleno.(…). Poi deve scattare una solidarietà reciproca. Anche il cittadino deve dare dal basso la solidarietà all’opera pubblica. Senza grandi opere nessun Paese si sviluppa.” (Il Corriere della Sera, 5 marzo 2012).
Dunque, dire no ad un'opera (decisa magari nelle stanze del potere a km di distanza) da parte di chi abita su quel territorio non sarebbe legale, alla pari di un mezzo golpe per fare cadere il governo.
Mettiamo assieme questi articoli, e quelli della cronaca giudiziaria di queste settimane. Dove si parla di come avvengono le scelte e di come sono oliate certe delibere.Parlo dei casi di Sesto, della discarica a Cappella Cantoni, della Brebemi (coi rifiuti).
Mettiamo caso che siano provate le accuse di corruzione.
Come la mettiamo con chi ha protestato, chi ha detto no, chi si è opposto all'opera pubblica?


A proposito della discarica di amianto nella provincia di Cremona, scrive l'Espresso:

E' una delibera della giunta regionale che sblocca l'apertura di una discarica di amianto nonostante l'opposizione della Provincia di Cremona, giustamente preoccupata dal rischio (documentato dai tecnici) di inquinamento delle falde acquifere.
Il problema è che si tratta proprio della discarica per cui nel novembre scorso è finito in carcere l'ex assessore lombardo Franco Nicoli Cristiani, arrestato a Milano dove aveva appena incassato una tangente di 100 mila euro (e ne aspettava altrettanti).
La delibera fatale con cui la giunta regionale ha dato via libera alla discarica delle mazzette è stata approvata il 20 aprile 2011, come si legge sul frontespizio, "su proposta del presidente Roberto Formigoni". Insomma, si è mosso il governatore in persona.
E a quel punto il suo alleato Nicoli Cristiani ha potuto festeggiare chiedendo i soldi, fino a prova contraria all'insaputa del distrattissimo governatore.
Ma non basta: proprio quella contestata delibera, caso molto strano, non risulta pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione.
E ora il tribunale del riesame, confermando l'arresto di Nicoli, mette in fila le intercettazione e scopre che Nicoli Cristiani ha cominciato a chiedere la tangente già nel marzo 2011.
Cioè proprio mentre il governatore Formigoni si preparava a lasciare le sue impronte digitali sulla delibera per la discarica.
E tutto questo per favorire la Cavenord di Pierluca Locatelli, un imprenditore che era appena stato condannato per traffico di rifiuti. E ora è accusato di avere avvvelenato il tracciato della Bre-be-mi, seppellendo tonnellate di scorie inquinanti sotto la nuova autostrada per risparmiare sui costi, con metodi analoghi ai clan di Gomorra.

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