31 luglio 2012

Per cosa si uccide, di Gianni Biondillo


Per cosa si uccide, nella Milano di oggi (si, il libro è del 2004, ma ci siamo capiti)? Per proteggere un piccolo spaccio di droga, per un odio personale e per il potere, per paura (o per incoscienza) durante una rapina e infine per rabbia, per qualcosa che ti è stato tolto nell'infanzia.
Per cosa si uccide, allora?
Non lo so, è lei l'esperto, me lo dica lei per cosa si uccide ..
Si uccide per i soldi e per il sesso, in buona sostanza, si uccide per il potere.
E chi uccide per la patria, per gli ideali?
La solfa è sempre quella. La prevaricazione, il potere.
[..]

Si uccide perchè qualcuno non ti ha permesso di godere del più puro di ogni amore. Anche per questo si uccide. Si uccide per odio, e anche per amore.
Pagina 87
I quattro racconti in cui si divide l'esordio felice di Gianni Biondillo , uno per ogni stagione dell'anno (come nella quattro stagioni di Vivaldo in chiave noir), sono qualcosa di più che racconti gialli.
Sono un modo per raccontare la città di Milano, i suoi quartieri i suoi abitanti.

Come quelli di Quarto Oggiaro, che vivono nei cortili dei palazzi, dove ci si conosce (e ci si odia) un po' tutti:
A Quarto Oggiaro tutti hanno almeno tre televisori. Uno per stanza, uno anche nel cesso. Ma quando arriva l'estate lo spettacolo si sposta nei cortili. La gente semplicemente impazzisce. Il caldo a Milano sconvolge, l'umidità fonde la polvere sulla pelle soffocando tutti i pori, inizi a grattarti,a soffiare, boccheggi .. pensi al figlio del tuo vicino che ti ha rotto un vetro giocando a pallone e quel bastardo non te l'ha voluto ripagare... pensi a quella stronza che lascia sempre aperto l'ascensore e blocca otto piani .. spesso non pensi, subisci, sbandi, strippi: inizia un urlaurla da balcone a balcone, per una cazzata qualsiasi: è il via. Tutti piazzano la sedia fuori, qualcuno fuma, altri ciucciano il ghiacciolo , l'urlaurla si fa minaccia, insulto pesante, sull'altro e su tutte le generazioni precedenti, senza dimenticarsi di rimarcare le attività illecite e immorali delle rispettive compagne e le corna sicure dei loro maschi.
Pagina 8
Stagione che svuota Milano, per l'esodo al sud dei suoi cittadini, rendendola più triste.
La città era in piena evacuazione. In stazione centrale la calca non aveva fine, sembrava che il servizio prenotazione dei posti fosse roba da Scandinavi. La massa meridionale faceva ritorno alle terre d'origine, così come ogni anno, con un certo gusto per la transumanza. L'esodo doveva portarti fisicamente, a ricordo del primo passaggio del Mar Rosso, dalla Terronia all'Altitalia, di modo che gli abbracci parentali fossero più caldi all'arrivo e i resoconti del viaggio sempre epici da narrare attorno alla tavola.
Quarto Oggiaro metteva tristezza. Non date retta a chi decanta le gioie di una estate in città. Milano, senza i suoi abitanti, semplicemente, non ha senso. Senza il viavai, senza le incazzature, i furgoncini degli artigiani in seconda fila e le macchine delle sciure che portano i figli in terza, senza le polvere sottili, la metropolitana nelle ore di punta, senza gli impiegati e i mendicanti, senza tutto ciò, è come se perdesse la terza dimensione.

Pagina 15
All'estate segue l'autunno:
L'autunno è la stagione eterna di Milano. Il cielo si fa grigio e pare restare così per sempre. Una carrettata di foglie arrugginite invade i marciapiedi, residuo di un'antica abitudine al ciclo delle stagioni senza più senso.
Pagina 41
All'autunno l'inverno:
La neve in città non ha niente di poetico. Dopo il primo candore diventa un piciopacio più pericoloso delle sabbie mobili. Nulla a che vedere con i monti innevati sorgenti dalle acque e elevati al cielo a cui diede l'addio anni addietro, alle cime ineguali, che gli erano note quasi fosse cresciuto tra esse e che erano rimaste impresse nella sua mente non meno che l'aspetto di sua figlia ..
pagina 92
Per finire con la primavera, la stagione del risveglio:
Tutto in giro era un fiorire di seni. A primavera, senza nessun preavviso, le ragazze di Milano si spogilano determinando una improvvisa iperattività delle cornee dell'altra metà del cielo meneghino.
C'è da chiedersi dove stiano d'inverno tutte quelle braccia, quei seni, quelle gambe; dove si rifugiano, dove vanno in letargo .. perchè non è possibile che all'improvviso sbuchino fuori in quel modo lasciandoti completamente interdetto, incapace di reagire in un modo minimamente sensato. Forse guardano le previsioni in tivù e poi si telefonano alla sera, o si mandano messaggi via internet, o al telefonino, non si sa. Sta di fatto che di botto, dalla sera alla mattina, Milano diventa un'immensa passerella dove le ragazze sfilano, una più bella dell'altra.
Pagina 195.
Nei racconti c'è spazio per raccontare i vari luoghi di Milano, forse ai molti poco noti: i giardini nascosti all'interno dei palazzi dove vivono i ricchi (come Luisa Donnavica, la figlia del costruttore milanese nel racconto autunnale. Il museo archeologico milanese (dove si curano le vestigia imperiali : lo sapevate che Milano pur per un breve periodo, è stata capitale dell'impero romano?), la chiesa di San Maurizio al Monasteromaggiore....
E anche, purtroppo, la Milano della periferia cementata (la dove c'era l'erba ora c'è ..):
Con l'allontanarsi dalla città, la chioma cementizia si sfoltiva di qualche piano. Mai però prati a vista d'occhio, quello è un ricordo dei secoli perduti, quando ancora la Brianza iniziava a Precotto ed era luogo ameno dove villeggiare. Si sa, Milano ormai è un'unica città fino a Como e oltre. Ma fra i due poli, tranne alcuni condomini popolari costruiti negli anni sessanta e settanta che ogni tanto sbucano a cadenza infracomunale, il resto è una selva indistinta di villette, villucce, villacce, rustici, casette, box, tavernette, mansarde, templi dorici, Bianchenevi, sette nani, leoni rampanti, acquile di cemento, centri commerciali, parcheggi, asfalto, bitume, rovi, cartacce. Il paradiso del geometra, il delirio dell'ingegnere, il trionfo del postmoderno, del premoderno, del post postmoderno, del supermoderno, dell'ipermoderno, del neogotico, del neoromantico, del new romantic, dello pseudocascinale, dell'uforobot, del, in una parola sola, Brianza style.
Pagina 223
.
Si capisce da queste poche righe, che Biondillo, prima che scrittore, è anche architetto?

Oltre ai luoghi di Milano (il libro è anche un invito a girarla), ci sono poi i personaggi delle storie, che le rendono estremamente reali, grottesche, ironiche, originali : a cominciare dal quell'antieroe che è Michele Ferraro, ispettore di polizia in forza al commissariato di Quarto Oggiaro, quartiere dove è cresciuto assieme a persone come Mimmo 'o animalo e Don Ciccio Paternò, fruttivendolo (e non solo) del quartiere.
Ferraro, non è un amante della cucina come Montalbano, non è felicemente sposato come Maigret, e non ha nemmeno tutto il coraggio del Duca Lamberti di Scerbanenco. No, Ferraro è separato, con un figlia che gli regala gli unici momenti di gioia della vità; vive nella confusione della sua casa, alle prese con cibi surgelati e una sveglia che riesce a spegnere solo con l'ausilio della sua ciabatta.
Se Milano è la protagonista del libro (e il libro è anche un tributo dell'autore alla sua città), Ferraro e i suoi colleghi (l'incredibile ispettore Lanza, rambo De Matteis, la spalla Comaschi) ne sono degni coprotagonisti.
E poi carabinieri gentiluomini, venditori di case con abiti da killer, imprenditori rampanti, contrabbandieri, informatori, pendolari, "sciure" e manifestanti.
Assieme a loro conosceremo le ragioni per cui si uccide: il caldo che ti fa strippare il cervello, il desiderio dei soldi, l'amore (anche quello che non hai avuto) e per il potere.

Il link per ordinare il libro su ibs, l'intervista su infinitestorie per la presentazione di questo libro.
Technorati:

Completezza di informazione

La risposta del vicedirettore del Fatto quotidiano a Scalfari, per il suo editoriale di domenica.
Codex Scalfarianus 
Massima solidarietà ai colleghi di Repubblica, proditoriamente attaccati nell'omelia domenicale di Eugenio Scalfari, improntata alla “deontologia e completezza dell'informazione” e dedicata anche alla morte di D'Ambrosio, “aggredito da una campagna di insinuazioni... Gli autori sono noti: in particolare alcuni giornali e giornalisti” che “gli uffici dei procuratori di Palermo hanno provvisto di munizioni”. Il solito Fatto Quotidiano? No, stavolta è impossibile. Fu Repubblica il 18 giugno la prima a pubblicare la notizia delle intercettazioni Mancino-D'Ambrosio: “Trattativa tra Stato e mafia: da Mancino pressioni sul Quirinale”, “Mancino telefonò a D'Ambrosio... I magistrati ritengono le sue parole rilevanti ai fini dell'inchiesta: Mancino paventa addirittura che 'l'uomo solo', se resta tale, chiami in causa 'altre persone'. Quindi chiede a D'Ambrosio di parlare dell'indagine con Napolitano, perché intervenga sui magistrati che indagano sulla trattativa”.
Chi avrà passato le notizie ai giornali?Scalfari indaga:“Può esser stato un addetto alla polizia giudiziaria,un cancelliere, un usciere dedito a frugare in cassetti e casseforti. O uno dei procuratori che avrebbero il dovere di aprire un'inchiesta sulla fuga di notizie secretate”. Ne avesse azzeccata una. Le intercettazioni non erano né in un cassetto né in cassaforte, ma depositate agli avvocati dei 12 indagati e, da quel momento, non più segrete.
Fortuna che la Procura non ha dato retta a Scalfari, altrimenti il primo giornale sott'inchiesta per il non-reato sarebbe il suo.
Ma il j'accuse scalfariano prosegue: “Ricordo che la notizia dell'intercettazione indiretta del Presidente fu data addirittura da uno dei quattro procuratori in un'intervista al nostro giornale”. Ricorda male: la notizia fu data da Panorama il 20 giugno, l'intervista a Di Matteo è del 22.
Scalfari insiste sul presunto “divieto d'intercettazione del Presidente, diretta e indiretta... Gianluigi Pellegrino sostiene che l'art.271 Cpp, connesso con l'art. 90 Costituzione, contiene già la norma che stabilisce la distruzione immediata delle intercettazioni vietate... C'è stata un'infrazione estremamente grave della Procura per ignoranza delle norme”. Purtroppo le due norme citate non prevedono alcun divieto d'intercettazione indiretta del Presidente né la distruzione immediata delle bobine, dunque i pm non sono incorsi in alcuna infrazione o ignoranza.

Né Pellegrino ha mai scritto una simile castroneria: anzi ha chiesto una nuova “norma ordinaria”, visto che oggi la “diretta distruzione” dei nastri presidenziali sarebbe ricavabile solo “in via interpretativa dalle leggi vigenti”. Qui l'unico che ignora le norme è Scalfari, nonostante i ripetuti tentativi di Cordero e Messineo di spiegargliele. Il 271 dice che “il giudice”(non il pm) distrugge i nastri con la voce dei titolari di segreto professionale (avvocati difensori, confessori ecc.): nessun cenno al capo dello Stato.
Il 90 dice che il
Presidente “non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni, tranne per alto tradimento o attentato alla Costituzione”.
Infatti i pm non l'hanno indagato: hanno solo intercettato un testimone sospettato di inquinamenti probatori, stralciando le sue telefonate con Napolitano in vista della distruzione da parte del gip nell'udienza in contraddittorio con gli avvocati, perchè valutino l'eventuale rilevanza delle parole di Mancino per il diritto alla difesa.

Dulcis in fundo Scalfari se la prende con gli amici che non lo spalleggiano nella guerra ai pm di Palermo, anzi li “incoraggiano all'accertamento della verità”, mentre lui dubita “delle capacità professionali” di una Procura già autrice del “madornale errore di mandare all'ergastolo un innocente”. Cioè il falso pentito Scarantino, reo confesso per via d'Amelio e poi scagionato da Spatuzza. Peccato che a credere a Scarantino siano stati la Polizia, la Procura, la Corte d'assise, la Corte d'appello di Caltanissetta e infine la Cassazione. La Procura di Palermo mai. Questo, si capisce, per deontologia e completezza dell'informazione.

L'ultimo sondaggio

Ieri sera il Tg de la7 ha dato i risultati dell'ultimo sondaggio elettorale di EMG:
il PDL starebbe al 20,3%
la Lega al 5,8%
la destra al 2%

Al centro,
FLI all'1,8%
UDC 6,2%
Api 0,4%

il PD starebbe al 27,9%
Idv al 7,5%
Sel 5,7%

Infine il M5S starebbe al 16,1%.

Se questi dati fossero veri, possiamo fare diverse considerazioni: lo sbarramento al 5% è insufficiente per togliere di mezzo Grillo e Di Pietro. Anzi, magari è qualcun'altro a farne le spese (come la Lega e Casini).
Secondo: l'astensione è al 32% e gli indecisi al 18%.

Quale formazione potrebbe prendere voti da questo enorme bacino elettorale? Il PDL che ricandida ancora una vota B., o la lega del sempreverde Bossi?
O magari il PD che si allea con Fini e Casini per un governo di unità nazionale?

Anche qui, la sensazione che parte di questi voti possano finire all'Idv (se non inizia anche qui una emoraggia dall'interno) e al M5S è concreta.
Specie se fossero confermati alcuni fatti: ovvero se fosse mantenimento il porcellum come legge elettorale, nonostante l'ennesimo appello del presidente della Repubblica (assolutamente giustificato).
Secondo, il bavaglio bipartisan, la legge contro le intercettazioni, dopo l'esortazione dello stesso presidente (per la vicenda delle telefonate tra Mancino e D'ambrosio).

Come la prenderanno questa legge, molti degli elettori di centrosinistra che negli anni passati hanno protestato contro il bavaglio di Berlusconi?
E come la prenderanno gli stessi elettori del PDL? Ma come, non abbiamo tolto le intercettazioni quando serviva a B. e ora lo facciamo per fare un favore al colle ?

Insomma, nulla è ancora chiaro per quanto potrà accadere nei prossimo mesi. Può anche darsi che veramente si arrivi alla prossima primavera con Monti.
Perchè sulle elezioni decido io : bisogna vedere poi come decideranno gli elettori.

30 luglio 2012

Ne manca uno

Il sondaggio di Libero sullo sbarramento al 5%, come previsto dalla nuova legge elettorale: "chi non volete vedere più in Parlamento?".



Sbaglio o ne manca uno? Ah, già.... Hanno considerato solo i partitini, e non i partitoni (altrimenti la lista era più lunga).

Rocco Chinnici, le sue parole


Ieri , il presidente Napolitano, nellasua nota, ha voluto ricordare il giudice Rocchi Chinnici: capo dell'ufficio istruzione, ucciso da un'autobomba il 29 luglio 1983.
"Il primato della legalità, per il quale magistrati come Rocco Chinnici hanno perso la vita, resta patrimonio collettivo e baluardo essenziale per una convivenza civile libera dal ricatto della criminalità organizzata".
Ma quelle parole raccontano poco del valore e del lavoro di quel giudice capace e ostinato nella sua idea di giustizia (e di lotta alla mafia).
Non rendono conto anche del clima che si respirava a Palermo in quei giorni, in quei mesi, negli uffici della polizia e nel Tribunale. Il senso di sgomento e di impotenza, per questa lotta impari dello stato contro la mafia: impari, perché (e le successive parole lo testimoniano) di fronte al potere delle cosche, non tutto le istituzioni hanno fatto il loro dovere.
Il giornale “L'Ora”, il 4 agosto riporta lo sfogo di un agente della Mobile:
«ma lo sa che la sera della morte di Chinnici, è dovuto intervenire il procuratore della Repubblica per bloccare, almeno per un giorno, la festa patronale del Capo [quartiere popolare di Palermo, N.d.A.], dietro al palazzo di Giustizia?»
Testimonianza anonima di un agente della Mobile di Palermo rilasciata all'Ora, dopo la morte del giudice Chinnici, il 4 agosto.
Per capire chi era Chinnici l'inventore del pool antimafia, l'ideatore del terzo livello (la cupola), colui che subentrò all'ufficio istruzione dopo l'omicidio di Cesare Terranova, occorre rileggersi le sue parole:

Milano, 2 luglio 1983, relazione sulla criminalità organizzata di fronte ai componenti della commissione incaricata per studiare il fenomeno mafioso nell'hinterland milanese.
«Il sessanta o il settanta per cento dei fondi erogati dalla regione siciliana alle aziende agricole finiscono a famiglie direttamente o indirettamente legate alla mafia ..» Un caso limitato all'agricoltura? No. «La pubblica amministrazione» proseguiva Chinnici «è talmente permeata di mafia, le istituzioni sono talmente permeate di mafia per cui sembra veramente difficile poter arrivare da un anno all'altro alla soluzione del problema (…) Oggi non c'è opera pubblica in Sicilia che non costi quattro o cinque vole quello che era stato il costo preventivo non già per la lievitazione dei prezzi ma perché così vuole l'impresa mafiosa , impresa alla quale è spesso interessato anche un “colletto bianco”». Un quadro desolante , un bubbone che finalmente, grazie alla legge La Torre, era possibile tentare di incidere. «In Sicilia» aggiungeva il giudice istruttore «abbiamo scoperto imprese mafiose solo dopo l'approvazione della legge La Torre, dopo indagini della Guardia di Finanza, ma quelle imprese erano gestitre da persone neanche sfiorate dal sospetto della mafia». E, per semplificare , di fronte al pubblico milanese, il consigliere istruttore fece quest'esempio illuminante: «Abbiamo saputo recentemente» disse «che un grosso personaggio della mafia di oggi è un costruttore edile che ha innalzato vent'otto palazzi a Palermo, per migliaia di appartamenti: nel 1974 era uno dei facchini della stazione centrale ..».

Certe cose a Palermo non bisogna dirle. Anzi è consigliabile, per essere «apprezzati», negarle smentirle. Invece Chinnici andava a ruota libera, pensava ad alta voce. E pensava anche – dimostrando in questo un'incoscienza senza pari – che il terzo livello esiste, e che senza il terzo livello la mafia che spara, che fa le stragi, che taglieggia popolazioni intere, non avrebbe motivo d'esistere. Spiegò pochi giorni prima della sua morte: «c'è la mafia che spara; la mafia che traffica in droga e ricicla soldi sporchi; e c'è l'alta finanza legata al potere politico (..) Stiamo lavorando per arrivare ai centri di potere più elevati». Se l'avessero lasciato fare avrebbe certamente raggiunto l'obiettivo.

Tratto da Venticinque annidi mafia - Saverio Lodato: capitolo “Beirut? Belfast? No, Palermo”. Pagine 133-134

Si riferiva ai cugini Salvo, esattori per lo stato dei tributi, nonché uomini d'onore, vicini alla Dc.
Servì l'omicidio del prefetto Dalla Chiesa e del segretario regionale Pio La Torre afifnchè lo stato approvasse la legge La Torre, citata dal giudice Chinnici nella sua relazione.

Dopo la sua morte, venne fuori anche la storia del libanese, Ghassan: intermediario di armi e morfina, tirato in ballo dalle intercettazioni di due mafiosi della famiglia dei Greco, in contatto con lui, intercettati per l'indagine sulla morte del prefetto Dalla Chiesa. Ghassan aveva anche ottimi agganci con il centro nazionale della Criminalpol, con il servizio centrale antidroga del ministero degli interni e con la guardia di finanza.
Ghassan anticipò alla polizia palermitana l'attentato con una telefonata l'attentanto, facendo i nomi del commissario De Francesco e del giudice Falcone. Nessuno sospettò che anche Chinnici potesse essere uno degli obiettivi.

Altra sorpresa fu la scoperta dei suoi diari, pubblicati da l'Espresso nell'agosto 1983.
Diari in cui Chinnici annotava alcuni fatti straordinari del suo lavoro: come le pressioni ricevute dall'ex procuratore capo di Palermo, Pizzillo «Ma cosa credete di fare all'ufficio istruzione? La devi smettere Chinnici di fare indagini nelle banche, così rovini tutta l'economia siciliana .. ». O anche «A quel Falcone, caricalo di processi, così farà come ogni giudice istruttore: non farà più niente».
Infine quest'ultima annotazione: «Pochi mesi prima di essre ucciso, Mattarella fece un viaggio a Roma con due funzionari della regione per incontrarsi col ministro dell'interno [Rognoni]. Al ritorno a Palermo Mattarella confida ai due funzionari: “Se qui si sapesse cosa ho detto al ministro mi ammazzerebbero”». L'episodio era stato riferito a Chinnici proprio dai due funzionari, ma questo, seppur presente in un rapporto di polizia giudiziaria, era sparito dai dossier successivi all'uccisione del noto uomo politico siciliano.

Frenesia di agosto

liste di responsabilità nazionale (e governo di unità nazionale) .. rispetto delle istituzioni .. riunire le forze riformiste .. clima politico di distensione

Tutto per dire che si rimette mano alla legge elettorale, in modo che sia utile ai partiti e alla legge sulle intercettazioni (in modo che sia utile ai partiti).
Tutto il resto, l'Ilva a Taranto (e tutte le altre Ilva nel paese), la ripresa che non si vedrà, la disoccupazione, i tagli della spending review, la legge contro la corruzione, va in secondo piano.

In questo clima di apparente frenesia, spicca il lavorio di quelli che lavorano per un dopo Monti con Monti.
La famosa lista Monti vedrebbe assieme i filo montiani del PDL e del PD. I liberali come Giannino e Della Vedova. Italia futura di Montezemolo. I cattolici riuniti a Todi.

C'è dentro di tutto (come saranno contenti gli elettori di centrosinistra?). Tutto, affinchè le cose continuino ad andare avanti così.
Metterci la faccia, con la crisi e le misure impopolari non lo vuole fare nessuno.

29 luglio 2012

Trovati i colpevoli

Trovati i colpevoli per la morte del consigliere D'Ambrosio
Gli autori sono noti: in particolare alcuni giornali e giornalisti e uomini politici che non si sono limitati ad insinuare e ad accusare il consigliere giuridico del Quirinale ma sono andati molto più in su, accusando il Capo dello Stato di ostacolare l'accertamento della verità sulla trattativa Stato-Mafia che si sarebbe svolta tra il 1992 e il '94.
I nomi di questi giornali, giornalisti e uomini politici sono già stati fatti. Anch'io li ho fatti poiché la completezza dell'informazione fa parte della nostra deontologia e viene prima di eventuali rapporti di amicizia privata.
Strano, perchè le insinuazioni sulle parole scambiate con Mancino le ho letto anche sul corriere e su Repubblica. Salvo Palazzolo e Attilio Bolzoni scrivevano di un «eccessivo attivismo al Quirinale intorno alla delicata inchiesta di Palermo»:
Le telefonate intercettate fra l'ex ministro dell'Interno e uno dei collaboratori più vicini al presidente della Repubblica - depositate nel procedimento contro dodici personaggi coinvolti nell'accordo per fermare le stragi del 1992 - stanno scoprendo un eccessivo attivismo al Quirinale intorno alla delicata inchiesta di Palermo e sfiorano più di una volta il nome di Giorgio Napolitano. Molte intercettazioni sono ormai pubbliche.
Quelle intercettazioni (con D'Ambrosio ) non erano vietate, erano atti pubblici, Il Fatto ha intervistato persino D'Ambrosio per avere la sua opinione.
Questa storia, pur con questa tragica fine, fa crescere ancora di più il sospetto che sulla trattativa stato-mafia nessuno voglia veramente fare luce. 
La chiamano ragione di stato, prerogative delle istituzioni, rispetto dei servitori dello stato (ma solo quelli che dicono loro). 
Ma la costituzione stabilisce che siamo tutti uguali davanti la legge.

Altro che bavaglio e inciucio prossimo venturo: 


Luciano Violante, su l’Unità ieri “Si potrebbe cominciare con la messa al bando del giornalismo di trascrizione” quello che pubblica il testo delle intercettazioni.  


Oggi si ricorda la morte del giudice istruttore Rocco Chinnici: ucciso da Cosa nostra con un'autobomba. Si era permesso di entrare nelle banche per indagare sulla mafia dei colletti bianchi, sull'imprenditoria mafiosa, sui collegamenti tra finanza, massoneria e mafia.
Non era un pm che si fermava ai mafiosi coi peri 'ncritati. 

Morti di un Dio minore


Le centinaia di morti per i veleni dell'Ilva di Taranto sono morti di un Dio minore. Nessun rimorso, nessuno che si sente di dover chiedere scusa, nessun monito dall'alto colle (impegnato nel dolore per la perdita del consigliere, stroncato “dalla cultura del sospetto”, che in altri paesi chiamano trasparenza).
Sono lì tutti a fare il tifo per il tribunale del Riesame, affinchè riveda ladecisione di chiudere gli impianti.
Il presidente di Confindustria sostiene che queste decisioni creano sconcerto soprattutto negli investitori stranieri (stesse parole usate da altri imprenditori dopo la sentenza contro la Thyssen). Voglio vederli, questi investitori, che decidono di investire o meno nel nostro paese solo se sanno di poter inquinare terreni, acque e aria rimanendo impuniti.

Sembra che tutti stiano sperando che tutto torni come prima: il lavoro può riprendere, i laminati escono dagli impianti e i veleni dalle ciminiere.
E il rispetto della vita? E il rispetto delle leggi?
Che la magistratura si faccia da parte, suvvia.

La scomparsa di Patò (Italia 1890)




Nel libro di Andrea Camilleri (da cui il registra Rocco Martelliti ha tratto un bel film), si parla della scomparsa di un ragioniere integerrimo della banca di Trinaria, a Vigata. Scomparso durante la rappresentazione del mortorio.
Le indagini della scomparsa vengono affidate prima al delegato della PS Bellavia e poi al maresciallo dei carabinieri Giummàro: Patò non solo ha lasciato una moglie disperata per la sua scomparsa, ma ha anche un cugino capitano dei cc che insiste sul comando di legione affinchè segua da vicino il caso, ma anche uno zio senatore, che lo ha fatto entrare nella banca (i maligni dicono per permettergli di fare meglio i suoi traffici).

Spinti da così “premurose” pressioni, delegato e maresciallo iniziano la loro scrupolosa indagine: che li porta a scoprire che non tanto di scomparsa, ma di sparizione si dovrebbe parlare.
Sparizione che Patò avrebbe progettato nei minimi dettagli, per scappare con la sua amante.


Ma questa versione non piace proprio né ai superiori dei due investigatori, né allo zio senatore, che minaccia sfracelli se ancora si andrà a nominare (e perquisire) la sua banca.


Ecco allora che per salvare il proprio fondoschiena, delegato e maresciallo dovranno fornire alla tranquilla coscienza della giustizia (politica) un cadavere di comodo (su cui l'augusto senatore e la famiglia possono versare le loro lacrime), per chiudere il caso dello scomparso Patò.



Banche usate per affari sporchi della politica, politica che non si esime dal fare pressioni su chi fa le indagini affinché segua delle piste “di comodo” e ne tralasci altre molto più scomode.
Nel bel libro di Camilleri tutto questo emerge dalle lettere, gli atti ufficiali, i pizzinni che i personaggi di questa storia italiana si scambiano.
Storia dell'Italia di fine 800. E forse non solo.

27 luglio 2012

In fondo a destra

Deja vu degli anni 30?
C'è la crisi, l'ostilità di una classe dirigente (nella politica e nell'economia) ad un cambiamento, chi governa che non è ritenuto all'altezza.
E ora la formazione di una coalizione di estrema destra: succede in Italia con il movimento antieuropeista e antisistema di Delle Chiaie (proprio lui) e Boccacci, con la partecipazione di Francesco Storace e La Destra.

Ma anche in Germania, dove il partito NPD si ritrova un nuovo concorrente alla sua destra, "Die Rechte".

Area c ed effetto Nimby

Ho capito una cosa.
Che se sono dei cittadini a voler bloccare un'opera pubblica, perchè la ritengono pericolosa per la salute o perchè è il solito scempio ambientale, si tira in ballo l'effetto Nimby.
Se invece è un privato che si oppone ad una scelta del pubblico, come a Milano col ricorso contro l'Area C, nessuno obietta. Nonostante un referendum pubblico che ha espresso una chiara volontà popolare .

Il profitto di un singolo può prevalere sulla salute di tanti.

Questo stato


In questo stato succede che un'azienda inquini per anni il suo territorio, causando decine di morti, ma nonostante lo sappiano tutti, va avanti lo stesso. Finchè non è la magistratura (non la politica, non l'impresa, non confindustria) a mettere i sigilli, prendendosi così responsabilità non sue, sul danno sociale per i posti di lavoro chiusi.

In questo stato succede che l'inchiesta sulla trattativa, la succesiva richiesta di rinvio a giudizio di un pezzo dello stato susciti quasi irritazione. Non indignazione. Come irritazione suscitata dalle richieste di chiarimento tra alcune telefonate tra un indagato e il consigliere del presidente.
Lo scandalo è la richiesta di chiarimento tra le telefonate, non le telefonate. Eversore è chi chiede conto al potere politico, non chi nelle istituzioni ha trattenuto (secondo l'accusa dei pm) rapporti con la mafia.

In questo stato succede che suscitino scandalo le parole di un magistrato che condanna i "sepolcri imbiancati", gli uomini dello stato collusi con la mafia. Questo magistrato è incompatibile, per questo stato, non la trattativa o la mafia.

Succede in questo stato che una morte del consigliere politico del Quirinale, che pure è un vento comunque tragico, venga strumentalizzata per ribattere a chi si è permesso di criticare.

Succede in questo stato che la politica non riesce mai ad assumersi le sue responsabilità, per i propri errori, per le proprie incapacità.
Non solo per le promesse non mantenute: dalla legge elettorale, ai tagli ai costi della politica, sul taglio delle province.
Succede in questo stato che nessuno si dimette, come succede all'estero: "sono innocente e mi dimetto per dimostrarlo".
No, in questo stato, al limite, si lascia la tessera di partito, ma non il posto. Ma non era noioso avere il posto fisso?

26 luglio 2012

Lavoro o salute?


"Siamo disposti a tutto": la parola d'ordine passa di bocca in bocca tra gli operai dell'Ilva, che ieri sono scesi in strada e bloccato le statali davanti allo stabilimento. La tensione è alle stelle, la città blindata: rafforzati gli organici di polizia e carabinieri, magistrati sorvegliati speciali in tribunale per le misure decise dal gip che potrebbe arrivare da un momento all'altro.
Gli operai dell'Ilva di Taranto che hanno scioperato ieri contro l'ipotesi di chiusura dello stabilimento.


Mai scesi così in basso, i lavoratori. Costretti a barattare la salute per il posto del lavoro.
"Rispettiamo i magistrati  -  aggiunge un lavoratore  -  ma non capiamo perché intervengono ora che Riva sta spendendo soldi per far sposare ambiente e fabbrica. Noi vogliamo lavorare, perché così difendiamo il futuro dei nostri figli".
Appunto, quale salute, se poi ti ammali e muori?
E quale futuro, se poi rimani senza lavoro e non ne trovi un altro?
Ma ci pensano a queste cose a Roma, quando litigano sulla legge elettorale e sul presidenzialismo?

20 anni fa, Rita Atria

« Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici,la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta. »
Giusto 20 anni fa, il 26 luglio 1992, Rita Atria, la collaboratrice di giustizia, che aveva avuto il coraggio di denunciare la mafia dentro la sua famiglia, si suicidava gettandosi dal balcone della casa di Roma in cui lo stato l'aveva nascosta.
Dopo la strage di via D'Amelio, Rita aveva capito che non esisteva solo lo stato di cui potersi fidare, quello di Paolo Borsellino e di tutti gli altri uomini delle istituzioni che combattevano la mafia senza nessun riguardo.
Esisteva anche un altro stato, che con la mafia era sceso a compromessi, o che addirittura la mafia aveva garantito prestigiose carriere.

Sarebbe bello poter credere semplicemente alle parole di chi, sempre dentro le istituzioni, parla di lotta alla mafia cui nessuna ragione di stato può essere di ostacolo per la verità.
Ma sappiamo che non è così.

Caro Paolo,oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante il 23 maggio ed il 19 luglio partecipare alle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.  
Dopo il discorso del giudice Scarpinato in commemorazione del collega Paolo Borsellino e della sua scorta, alcuni membri laici del CSM hanno chiesto all'autogoverno dei magistrati un'azione disciplinare contro il procuratore generale di Caltanisetta. Per incompatibilità ambientale: non credo che si siano resi conto dell'autogol clamoroso. 
Un magistrato così coraggioso, così partigiano della Costituzione, è incompatibile con la mafia.
E certa politica, quanto è incompatibile?

25 luglio 2012

Accontentato

Aveva detto:
"Non sono indagato e nessun atto del governo della mia Giunta è sottoposto a indagini da parte della magistratura. La Regione Lombardia è in una situazione diversa rispetto a tante altre Regioni e amministrazioni italiane, che vedono i vertici indagati"- Formigoni in un intervista a Sky TG24. 
Eccolo accontentato :
Come riporta l'Ansa, Roberto Formigoni è indagato dalla Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta della fondazione Maugeri dallo scorso 14 giugno. La sua iscrizione è stata dissecretata oggi con la notifica di un'informazione di garanzia con contestuale invito a comparire per corruzione aggravata dalla transnazionalità in concorso con altri.

Al presidente della Regione Lombardia e' stato notificato un invito a comparire dalla procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta con al centro la fondazione Maugeri.

In una nota firmata dal procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati si legge che "in data odierna è stata notificata al pres. Roberto Formigoni informazione di garanzia per i reati di cui agli artt. 81 cpv 110, 319, 321 cp e art. 4 l.146/06 in concorso con Pierangelo Daccò, Umberto Maugeri, Costantino Passerino, Antonio Simone e altri" per fatti commessi in Milano e all'estero dal 2001 al novembre 2011", con contestuale invito a comparire. Non è stato ipotizzato il finanziamento illecito ai partiti.

Viaggio in treno con suspense, raccolta a cura di Stefano Malatesta

Anche il treno può essere luogo di un incontro che ti cambia la vita (sia in senso positivo che negativo), un luogo in cui vivere delle emozioni, delle avventure, dei piccoli gialli.
Il treno permette di vincere battaglie, di sfuggire da un agguato mortale.
Gli otto racconti di questa raccolta ruotano attorno al treno e al viaggio in treno:
  • Andrea Camilleri, Una piccola voluttà
  • Giovanni Fasanella, Italicus
  • Raffaele La Capria, Il consiglio di Alioscia
  • Stefano Malatesta, L'ultima carica imperiale
  • Dacia Maraini, il viaggiatore dalla voce profonda
  • Dante Matelli, La tradotta toscana
  • Vieri Razzini, Noccioline
  • Sandro Viola, Un vermouth Martini ghiacciato.

Da Italicus, il racconto di Giovanni Fasanella che prende spunto dalla strage sul treno, dell'agosto 1974, in cui un viaggiatore si trova all'improvviso in un gioco terribile che scopre essere più grande di lui: un labirinto dove non si capisce più chi sono i colpevoli chi i buoni, fatto di sangue, menzogne e eversione:
"Ero finito in una specie di labirinto chiuso da un muro. Un labirinto che, all'apparenza, era stato costruito con l'aiuto, se non con il consenso e l'appoggio delle stesse forze chiamate a rsolvere quell'orrendo delitto. Possibile? Acvevo assitito ad una «strage di stato», pianificata e realizzata grazie ad una così mostruosa catena di complicità? O piuttosto ero finito in una sorta di gioco di specchi in cui era estremamente difficile distinguere la verità dalla verosimiglianza, i colpevoli dagli innocenti, i complici dagli incapaci? Pensai che sarei uscito da quel labirinto solo il giorno in cui fossi riuscito a trovare una spiegazione del comportamento di ognuno. Ero solo all'inizio. Ma sari andato fino in fondo. almeno di questo, ero sicuro."
pagina 51
La scheda del libro sul sito di Giano editore :
I treni hanno qualcosa di magico, un potere evocativo che trascende le distanze. Mezzi di trasporto sempre antichi e sempre moderni, hanno attraversato i tempi e le fantasie di intere generazioni, lasciandosi alle spalle una densa scia di emozioni. Salire a bordo di un treno significa partecipare a una vicenda collettiva e, molte volte, inaugurare un nuovo capitolo della propria storia. Un mosaico di narrazioni che questa raccolta riproduce – con misure e colori differenti – attraverso i racconti di autori celebri e di professionisti della scrittura, impegnati in una corsa all’inseguimento dei propri ricordi e della propria immaginazione, nel tentativo di fermare sulla carta il mistero che ogni viaggio porta con sé. Così, nel racconto di Andrea Camilleri il treno è un miraggio che si materializza al termine di una rocambolesca gincana sulle polverose strade di Agrigento. Quello ricordato da Giovanni Fasanella è l’Italicus, il convoglio della tragedia, fatto saltare il 4 agosto 1974 dai membri di un’organizzazione neonazista. Per Raffaele La Capria è uno splendido fotogramma di viaggio: un dialogo senza parole, una lettura, un pensiero che fugge via ad alta velocità. Per Stefano Malatesta è il mezzo che consente a un giovane gentiluomo di una delle più grandi famiglie del Regno Unito, W. Ch., di prendere parte all’ultima carica a cavallo del ventunesimo lancieri condotta sullo stile classico napoleonico. Per Dacia Maraini il treno è un vagone ristorante battuto da una pioggia ostinata, all’interno del quale si consuma l’incontro notturno tra un’elegante signora e un uomo tanto affascinante quanto pericoloso. Per Dante Matelli è lo scenario di una corsa adrenalinica, una tradotta toscana che corre verso la libertà. Per Vieri Razzini è la presenza importuna di una strana coppia che apparentemente ha deciso di farla finita. Per Sandro Viola è, infine, l’eco di una dorata gioventù dietro cui si annida la violenza della realtà.
Il link per ordinare il libro su ibs.
Technorati:

Eversione

La procura di Palermo ha firmato le richieste di rinvio a giudizio (anche il procuratore capo), per il processo sulla (presunta, mi raccomando) trattativa.
Senatori della repubblica, ex ministri, ex generali e ufficiali dei carabinieri (anche ex servizi).

Vediamo, al processo, chi è colpevole di avere fatto eversione.
Se lo sono stati i pm di Palermo, Beppe Grillo, i giornali come Il fatto quotidiano.

Ah .. a proposito di populisti e casta: in Emilia Romagna il M5S chiede tagli ai vitalizi. Emendamento bocciato da Pd, Pdl e Lega.

E a Bologna la stessa strana maggioranza vuole fermare il referendum contro i soldi alle scuole private.

Il bollettino di guerra dell'economia reale

“… quanto più perfezionata è l’organizzazione dei mercati di investimento, tanto maggiore sarà il rischio che la speculazione prenda il sopravvento sull’intraprendenza. (…) Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto delle attività di un casinò da gioco, è probabile che vi sia qualcosa che non va bene”.
John Maynard Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, 1936.
Anche il governo tecnico si è accorto che serve investire nell'economia reale. Monti, dalla Russia (senza amore):
«Proprio la situazione difficile nella quale versa l'Europa e in particolare l'eurozona è per noi motivo in più per cercare rapporti solidi nell'economia reale, industriale e commerciale; e quindi la Russia da questo punto di vista è un punto di ancoraggio di grande importanza strategica».
La battuta viene facile: ma cosa ci fanno assieme un liberale bocconiano come Monti e uno come Putin (ex Kgb, poco liberale e anche poco democratico).
Battuta a parte, di puntare sull'economia reale ne parlava Aldo Giannuli nel suo libro "2012, la grande crisi", ad aprile. O salviamo le banche e la finanza creativa, oppure salviamo le imprese e il mondo reale. Tutte e due le cose non si possono fare, non abbiamo risorse a sufficienza per tutti e due.

Ecco, se l'attenzione deve essere postaa sull'economia reale, come si spiegano allora i provvedimenti presi fin'ora da governo e BCE?
Per esempio i soldi dati dalla BCE alle banche italiane, usati per fare speculazioni sui titoli di stato (e abbassare lo spread) ma non per dare respiro alle piccole e medie imprese, che oggi stanno chiudendo.

La grande riforma del lavoro, che ha stabilizzato poco i precari, ha sanato poco gli abusi nei contratti e invece tolto un pezzo di articolo 18?

Perchè non si sono fatte leggi (anche europee) contro la finanza creativa che mettessero dei paletti al mercato, e si è invece aspettato il venerdì nero per bloccare le vendite allo scoperto (ma non dei derivati)?

Perchè si è deciso di andare avanti con le grandi opere, che daranno (forse) dei benefici a lungo termine invece di privilegiare piccoli interventi di risanamento, messa in sicurezza del territorio?

Perchè si stenta a fare una seria legge contro la corruzione, ma si interverrà sulla materia delle intercettazioni?
Perchè non si fa una seria legge di contrasto all'evasione (come quella, per esempio, che Report aveva proposto a Monti stesso)?

Le aziende italiane lamentano l'alto costo del lavoro in Italia, e anche l'alto costo dell'energia, che le rende poco concorrenziali. Sul costo del lavoro incidono le tasse, la tassazione tra le più alte d'Europa, di fronte agli stipendi più bassi.
E le tasse non verranno tagliate.
E, per i costi dell'energia, viene da chiedersi che fine ha fatto la separazione tra Snam e Eni: sono queste privatizzazioni fittizie che rendono la politica italiana poco credibile.
Dobbiamo puntare sull'economia reale, e tagliamo le spese su ricerca e università, ma manteniamo le spese militari per lunghe missioni all'estero e approvvigionamenti militari che forse non ci possiamo permettere. Oltre all'unione bancaria e politica, all'Europa servirà anche l'unione della difesa, con l'introduzione di un unico esercito europeo.

Ora che abbiamo l'acqua alta in casa,
i tecnici che dovevano portare il paese fuori dalla crisi (mentre la politica avrebbe portato avanti le sue riforme ) si rivelano incapaci di comprendere, di capire.
E chi osserva da fuori rimane sconcertato da troppe cose che non riescono più a digerire. Da una parte i tagli lineari a comuni e regioni, dall'altra il mega stipendio al presidente Rai (la stessa Rai che non ha risorse per coprire interamente le Olimpiadi di Londra).
Da una parte le banche che stringono sul credito, dall'altra le notizie sulla buonuscita che Ligresti avrebbe negioziato per uscire da Fonsai (43 milioni di euro).
Mi chiede se hanno mai avuto a che fare, queste persone col mondo reale.

24 luglio 2012

Ustica - la storia della guerra dell'80

"Come raccontare che nell'80 c'è stata una guerra, nei nostri cieli", si chiede Paolini nel suo monologo I-TIGI, canto per Ustica, sul blog al seguente link oppure su Einaudi. Nell'estate del 1980 siamo stati veramente ad un passo dalla guerra?

    Stati Uniti: il presidente degli stati Uniti era Carter. E' stato l'unico presidente americano del dopoguerra non essere riuscito a farsi rieleggere. Implicato nello scandalo Billygate, causato dai rapporti del fratello Billy con il governo libico (vendita di armi), cerca nella politica estera le chiavi per battere l'avversario (Reagan). Nel novembre 79 studenti islamici occupano l'ambasciata americana a Teheran: Carter organizza nell'aprile 80 l'operazione "Eagle Claw", per il recupero. L'operazione fallisce e gli ostaggi saranno liberati solo sotto Reagan. L'attenzione si rivolge allora alla Libia, paese alleato della Russia: vengono creati diversi piani per l'abbattimento (anche fisico) di Gheddafi.
   
    Francia: la Francia ha tutti i motivi per voler abbatere il regime libico. Il presidente Giscard è stato coinvolto nello scandalo dei diamanti di Bokassa (la rivelazione la fa il giornale "Le Canard", ma viene ripresa anche da Le Monde). Bokassa era stato deposto nel 1979 da un'azione segreta dello SDECE. Dietro la soffiata si scopre che c'è Gheddafi.
   
    Libia: "L'Italia era come una moglie con il marito americano e l'amante libico". Questa è la felice definizione della politica - ambigua - dell'Italia. La Libia era un ottimo partner commerciale, per la vendita delle armi e in Libia lavorano migliaia di tecnici, anche americani, per l'estrazione del petrolio. Inoltre possedeva parte delle azioni della Fiat. A maggio viene spenta nel sangue una rivolta a Tobruk, nella quale sono coinvolti anche personaggi oscuri italiani (il faccendiere Aldo Del Re). Gheddafi lancia l'ultimatum: entro l'11/6/80 tutti gli oppositori del regime devono rientrare, pena la morte. Ma i killer sono già in azione: vengono uccisi oppositori a Londra, ma anche a Milano e a Roma. Gheddafi ha anche legami con i nostri servizi segreti: conosce i buchi della nostra copertura radar, svelati dai tecnici militari che sono andati a lavorare in Libia. La tensione con l'Egitto porta, nella primavera dell'80, ad un ammassamento di truppe ai confini. Sadat, presidente egiziano, chiede agli Stati Uniti, una maggiore protezione aerea. Gli americano decidono di creare una nuova base militare in Egitto, trasferendo, a partire dal 23/6, uno stormo di caccia Phantom F4 dalla base di Cannon, in Inghilterra.
   
    Portaerei: nelle tracce radar in mano ai magistrati (ma se ne parla anche dalle comunicazioni radio registrate) si notate delle tracce di aerei "che razzolano sul mare". Sono aerei che decollano da portaerei. Glia mericani hanno sempre sostenuto che la Saratoga è rimasta in rada dal 23/6 al 7/7 (1980). Ma la pagina del diario di bordo del 27/6 risulta rifatta in bella copia (sempre con la stessa calligrafia per tutti i turni). Difficile però che, con un'operazione di ponte aereo (Proud Phantom - i Phantom americano in arrivo in Egitto), la Saratoga sia rimasta inattiva. I francesi avevano die portaerei: la Foch e la Clemencau, ufficialmente a Tolone. Ma llora chi guidava i caccia che decollavano da Solenzara (come testimoniato da diverse persone)? Inoltre esiste la testimonianza di un cap. del soccorso aereo che parla di comunicazioni in francese la notte del 27.
   
    Mig libico: viene ritrovato ufficialmente il 18/7. Ma una controperizia medica afferma che il pilota è morto da almeno 20 giorni. Sulla nazionalità del pilota e dell'aereo ci sono dei dubbi: gli americani potevano risalire dal numero di serie al lotto di produzione. Ma l'esito della ricerca non è mai stato comunicato ai giudici. Inoltre esponenti dell'ambasciata e della CIA si precipitano sulla Sila (facendo leva su appoggi non ufficiali all'interno del SIOS) per vedere i rottami. Il 27/6 il cap. dei carabinieri Inzolia contatta la base di Martina Franca (il mar Malfa) per chiedere di tracce radar che si perdono sulla Sila. Come mai?
   
    Aerei attorno al DC9: Macidull (National Safety Board), analizzando le tracce (quelle rimaste, ossia da Ciampino) rivela presenza di plot estranei. Dalla sua analisi si rivelano le tracce di un caccia in fase di attacco. Non sono le uniche testimonianze di altri aerei: Naldini e Nutarelli, due addestratori della base di Grosseto, in volo la notte del 27, lanciano un allarme generale: cosa hanno visto? Probabilmente il caccia F111 che incrociava il DC9 e magari altri aerei militari involo su quella aereovia. 1988 trasmissione Telefono Giallo: un ex avieredella base di Marsala telefona. "Ero in servizio quella sera, ma mi hanno detto di stare zitto". A Pratica di mare è stato ricostruito il simulacro del DC9: è presente anche un serbatoio supplementare da caccia. Come mai è stato ritrovato accanto ai rottami del DC9?
   
    Russia: nel 1980 è ancora l'impero del male. Nel dicembre 79 invade l'Afghanistan. In primavera 80 organizza nel mediterraneo una manovra militare imponente. Vende armi alla Libia (cui hanno venduto armi anche Italia e Francia): Russia e Stati Uniti si lanciano in una gara agli armamenti.
   
    Morti sospette: Naldini e Nutarelli muoiono a Ramstein in volo. Erano in volo anche quella notte: qualcosa devono avere visto. Andrea Dettori era un maresciallo della base radar di Poggio Ballone: muore suicida. Aveva confessato alla cognata: "quella notte siamo stati ad un passo dalla guerra". Tra l'altro agli atti è rimasto anche l'ordine di allarme del 27, come anche la testimonianza di un aviere a riguardo, il quale ha testimoniato che una notte di giugno alla base fosse atterrato un F111, scortato da due caccia, evento inusuale per la base, tanto che l'aviere ha scattato una foto dell'aereo.
   
    Tensioni internazionali: l'Italia in quel momento si trovava al centro tra il mondo filo-americano e i paesi filo sovietici. Dell'ambiguità dei rapporti con i libici si è gia detto. Il 23/6 al G7 a Venezia si è discusso degli euromissili .... Berlinguer, in un'intervista di agosto 80 al Corriere parla di "equilibrio del terrore" da cui uscire. E' convinto che se si farà una guerra, questa verrà combattuta con le armi a disposizione e quese sono armi atomiche. Nell'estate 80 si discute anche del trattato di Malta: in questo si stabilisce il divieto di transito di navi militari nelle acque maltesi. Il governo italiano si fa garante del trattato.

Per approfondire questa parte di storia patria, in appendice al libro "A un passo dalla guerra" di Purgatori, Lucca, Miggiano è presente una cronologia degli eventi dal 1979 al 1990.

"A un passo dalla guerra" di Daria Lucca, Andrea Purgatori, Paolo Miggiano

La tragedia di Ustica ricostruita come se fosse una spy story: i protagonisti della storia raccontata in primo piano sono inventati, ma i grossi personaggi sullo sfondo sono tutti veri. Carter, Breznev, Gheddafi, cossiga .. .

Fine luglio 1980: il governo italiano cade. Viene creato un governo di tecnici, il cui primo ministro si imbatte nella rogna della restituzione del MIG libico (ufficialmente caduto sulla Sila il 18 luglio 1980) a Gheddafi. Insospettito dall'aggressività dell'ambasciatore americano inizia una propria indagine sul mig, agganciandola all'incidente del DC9, esploso in volo nella sera del 27 giugno.
Il presidente deve scontrarsi con la reticenza degli organi militari, che si proteggono con la scusa "noi non abbiamo visto niente, dunque non abbiamo nulla da riferire". La reticenza degli spioni, dei vertici del SISMI (servizio segreto militare) e SISDE (servizio segreto civile, ma che in realtà è in mano ad un generale dei carabinieri), l'approssimazione del ministero della difesa. Tutti sembrano portare avanti un'opera di depistaggio, tirando in ballo ipotesi fantasiose, dall'attentato terroristico alla bomba (su un aereo partito con un ora e mezzo di ritardo).

Il presidente chiede consiglio ad ex compagno di scuola, ora ammiraglio e vicedirettore del SISMI: così, analizzando i tracciati radar delle basi che ufficialmente non hanno visto nulla, si scopre che dietro la caduta del DC9 si nasconde un segreto inconfessabile.
La sera del 27 giugno altri aerei erano a fianco del DC, che si trovò nel bel mezzo di una piccola guerra sui cieli del Tirreno, uno scontro tra caccia, presumibilmente americani (o francesi) e libici.
Lo dicono i plot del tracciato radar di Ciampino che le prime perizie non avevano considerato: di chi sono quegli aerei? Chi li guidava quella notte? Possibile che il MIG non sia coinvolto col DC9? Perchè la CIA e l'ambasciata americana, bypassando i vertici politici e militari, sono stati portati a vedere i rottami del mig, scortati da militari del SIOS (servizi segreti dell'aviazione)?

L'ammiraglio riesce a ricostrire lo scenario di quella notte: dall'Inghilterra, la notte del 27/6, era in corso un trasferimento aereo di Phantom, verso la base de Il Cairo, in Egitto. Era l'aiuto che Carter aveva promesso a Sadat, per contrastare il comune nemico: la Libia di Gheddafi.

Oltre ai Phantom F4, era in volo anche qualcos'altro: un F111 (un cacciabombardiere tattico = armi nucleari) americano, appartenente allo stesso stormo in trasferimento verso l'Egitto. Per non essere visto dai nostri radar (trattandosi di un bombardiere tattico avrebbe avuto bisogno di particolari permessi per sorvolare l'Italia) si è nascosto sotto il DC9. L'altro è il mig 23 libico: viene fatto levare in volo dai libici per abbattere il caccia, ma erroneamente colpisce il DC9.

Nella battaglia sono coinvolti anche i francesi: sono i caccia Mirage che si alzano in volo dalla base di Solenzara (in Corsica, come testimoniò il generale Bozzo), forse per scortare e proteggere i Phantom, in trasferimento. Dalla base di Grosseto, messa in allarme, vengono fatti decollare due caccia italiani F104, per "portare al sicuro" l'F111.

L'ammiraglio conclude la sua analisi, spiegando come già subito dopo l'abbattimento era in corso un'operazione di occultamento delle prove, da parte dei vertici militari italiani. Siamo stati noi che, probabilmente abbiamo fatto la soffiata ai libici, parlando del trasferimento dei Phantom in Egitto. E anche l'occultamento da parte degli americani: che non potevano ammettere un incidente del genere, nei confronti di un paese alleato. Neanche da parte dei libici.

Il libro termina col presidente costretto a dimettersi, perchè ricattato, e con l'ammiraglio che muore in un incidente oscuro.

La storia, che sebbene sia inventata non è detto che non sia verosimile, è intermezzata da schede, realizzate dagli autori stessi, che tracciano il quadro storico-politico attorno all'incidente.

"Siamo stati ad un passo dalla guerra" è l'affermazione che il maresciallo Dettori (radarista della base di Poggio Ballone a Grosseto) fa alla cognata. Anche lui, come altri protagonisti, muore suicida, misteriosamente.

Attualmente il libro è fuori catalogo (non lo trovi nè su ibs nè su Amazon).

Il post che avevo scritto nel 2009sul libro.
Ustica scenari di guerra di Leonora Sartori - Andrea Vivaldo
Il sito di misteri d’Italia.
Il sito dei parenti delle vittime della tragedia.


Technorati: , Daria Lucca,

23 luglio 2012

La guerra (finanziaria)

Monti l'aveva detto: per l'italia un percorso di guerra.
E i giornali si sono adeguati, coi loro titoli, all'andamento dei mercati.


Un giorno forse ci chiederemo perchè e per come, siamo arrivati a questo, nonostante la cura.
Sicuramente a settembre, in nome dell'europa e dei mercati, dovremo rinunciare a qualcosa d'altro.

Quale coalizione per il centrosinistra

Questa mattina, all'ingresso della metropolitana sono stato fermato da due ragazzi, in giacca e cravatta, che vendevano ai passanti copie del giornale Lotta comunista. "Lotta comunista, compagno?".
Pensavo, vedendo questi due ragazzi con l'aria più da impiegati che da operai, che se questi sono i comunisti di oggi, quelli che ancora ci si chiama compagno, dove si usano le stesse parole che Marx e Lenin avrebbero usato il secolo scorso, allora è giusto che quello che chiamiamo centro sinistra sia in realtà espressione del centro.

Forse sono io che sono confuso, i tempi lo sono, perché faccio fatica a capire quale sarà la prossima coalizione di centrosinistra.
Attorno a che valori, a quali idee si costruirà questo progetto. E, soprattutto, attorno a quali partiti: UDC e PD?
Per dare un sostegno politico a Monti, affinchè prosegua la sua politica di risanamento?

Ecco, sono ancora più spaesato, da queste notizie: cosa c'è di centrosinistra nel progetto montiano?
Nella sua riforma del lavoro. Nella sua riforma delle pensioni (e non delle pensioni d'oro). Nella sua visione delle liberalizzazioni. Nella sua visione di privatizzazioni (e per fortuna che la consulta ha detto stop alle privatizzazioni nella gestione dei beni pubblici).
Per quale motivo gli elettori di centro sinistra dovrebbero accettare queste scelte politiche quando magari avrebbero preferito una bella tagliata alle spese militari, una seria lotta di contrasto a corruzione ed evasione, uno svecchiamento nella politica, investimenti in ricerca e università ...?

Forse, i leader della strana maggioranza, pensano di mettere gli elettori di fronte al fatto compiuto. Mangiate questa ministra, altrimenti quella è la finestra. E magari con una legge elettorale che sbarra la strada agli outsider.
Ma tutto questo non suona un pò anti-democratico?

Mettere alla sbarra Grillo e i grillini, di Pietro e Travaglio (come ha fatto ieri Scalfari) perchè attaccano (in realtà si chiama critica) Monti e Napolitano e proseguire con queste persone, eredità del passato?
Sono confuso. E non solo per i due ragazzi con Lotta comunista sotto il braccio.

22 luglio 2012

Uffa che noia, uffa che barba


Leggo l'articolo di Feltri e non so se ridere o piangere. 

Uffa che noia, uffa che barba, questa mafia.

Vuoi mettere quelle belle inchieste sulla casa di Montecarlo del cognato di Fini, che hanno occupato le prime pagine del Giornale quando Fini strappò con Berlusconi ..
Vuoi mettere quell'inchiesta sul dossier Mitrokhin? Quella che sosteneva che Prodi fosse un agente del kgb. Quella finita con la querela e la condanna del teste chiave...
E anche l'altra, anche quella sulle prima pagine, titoloni e titoloni: la presunta tangente (veramente presunta) per l'acquisto di Telekom Serbia, tangenti prese da Prodi, Fassino e Dini.
Igor Marini, l'accusatore, è finito in carcere. I mandanti politici di questa campagna sono rimasti liberi.

Vuoi mettere questi casi con le inchieste sulla mafia? La trattativa, le bombe della stagione 1992-1993, la ndrangheta che investe al nord, che entra nelle piccole e grandi aziende in crisi e le spolpa dall'interno. La mafia che vince gli appalti per le grandi opere, per i lavori dell'alta velocità, ma anche per i lavori nei piccoli comuni della Brianza. Vi ricordate ancora il caso Perego?

Mafia e ndrangheta che spostano voti alle elezioni regionali, provinciali e comunali e allora qualche candidato con pochi scrupoli è pure disposto a chiedere i voti durante qualche cena elettorale.

Che barba questa mafia: roba da carabinieri, roba da romanzi di Sciascia (per inciso, il libro è un capolavoro perchè parla della mafia a Roma, dei contatti con la politica), roba che accade in Sicilia, lontano da qui....

L'articolo di Feltri è un salto indietro di una generazione, o forse due, nella lotta alla mafia. La mafia esiste, ma è solo roba di banditi. Come se le condanne di Contrada (numero tre del Sisde), di Andreotti (sette volte presidente del Consiglio, condannato per mafia ma prescritto), di Cuffaro (il senatore condannato per favoreggiamento) non ci fossero mai state.

“Cosa nostra è un affare siciliano, e la Sicilia è lontana, incomprensibile. L'ho visitata senza comprenderla. Osservando la splendida natura, ho constatato che la regione è una miniera d'oro non sfruttata per imbecillità: con quelle coste, con quei paesaggi, con la cultura che si respira nella zona, è sorprendente rilevare come la gente sia in bolletta, campi di espedienti - in certi casi criminali - e di impiego pubblico, il che è lo stesso”
Ops: chi ha governato la Sicilia? Il 61a zero del 2001? Le denunce fatte nel passato dal segretario Pci PioLa Torre (quasi in solitudine anche da parte del suo stesso partito) sono dei primi anni '80.

Lo sapevano (e lo sappiamo) tutti che in Sicilia la cosa pubblica era gestita (ed è gestita) da politici con brutte frequentazioni, che coltivavano i propri interessi (i voti per le elezioni) e non il bene comune.

Un aspetto mi ha sempre turbato: il livello culturale dei cosiddetti capibastone o mammasantissima, descritti quali uomini scaltri, inafferrabili, geni del male, diabolici, ricchissimi. Poi, nelle rare circostanze in cui ne beccano uno, ti trovi davanti Toto Riina, analfabeta autentico (sa fare solo la firma).


Ricordo: egli fu arrestato nel centro di Palermo, vicino a casa, mentre viaggiava su un'utilitaria, però guidata da un autista.Era ricercato da anni e anni e nessuno aveva pensato che potesse vivere dove aveva sempre vissuto: nel proprio appartamento, un buco. Conduceva esistenza da miserabile, però passava per il boss dei boss. Che gusto c'è a essere un boss e tirare avanti da barbone? Mistero. Poi arrestarono Bernardo Provenzano, altro delinquente al vertice dell'organizzazione, un illetterato, contadino incapace di coltivare i campi, ma bravissimo a commettere reati odiosi. Pure lui fu catturato nella propria residenza: una modesta masseria, arredata come una porcilaia, nessuna traccia di lusso, zero comfort, nessun simbolo del potere attribuitogli, quello di dominare l'isola intera, determinandone i mediocri destini. ”

Come fa comodo descrivere Riina e Provenzano, che nell'epoca d'oro vivevano nel lusso di Palermo (Riina ha sempre vissuto nel suo bunker nel quartiere de l'Uditore), con tanto di guardiaspalle (e mercedes blindate) e protezioni istituzionali. La moglie di Riina riuscì a partorire nella miglior clinica di Palermo senza dover nascondere la sua indentità. Mentre Falcone e Borsellino dovettere scappare all'Asinara per preparare il maxi processo.
La conclusione è solamente una: se uomini così bassi sono riusciti per tanto tempo a sfuggire alla giustizia, significa che coloro i quali li braccavano invano erano più bassi ancora.
O forse la conclusione è che la partita stato mafia è sempre stata truccata: quelli che volevano veramente sconfiggere Cosa Nostra sono sempre stati bloccato. Falcone e Borsellino (e tanti altri) prima. Ingroia oggi.
Vorremmo soltanto che la mafia smettesse di essere l'ombelico della nostra povera patria, due terzi almeno della quale non c'entrano con la criminalità organizzata, ignorandone malcostumi e nefandezze. L'aspirazione della maggioranza degli italiani è di non essere confusa con la minoranza di siculi e calabresi e campani che delinquono su «scala industriale». Insistere nel mettere a fuoco una questione marginale, per quanto grave, quale la mafia, contribuisce allo sputtanamento del Paese, dipinto all'estero come un nido immenso di vipere dove trovare un onesto è impresa sovrumana. È vero. Al Centro e al Nord dello stivale la filiera mafiosa ha affondato qualche radice: ovvio, il denaro sporco si aggrega a quello pulito. Ma diciamolo chiaramente: il vivaio della piovra è in acque meridionali ed è lì che bisogna agire per eliminarlo. Ancora più crudelmente: se questo è un affare siciliano, se lo grattino i siciliani. Ma grattino forte.Un quarto di secolo fa, il sindaco di Palermo era Leoluca Orlando, critico aspro di Giovanni Falcone, ammazzato dalla mafia. Oggi il sindaco di Palermo è ancora Leoluca Orlando: eletto dai palermitani. Ma allora, si può sapere che vogliono i siciliani da noi? Vogliono lo status quo?”
A parte qualche considerazione economica  sul giro d'affari dellemafie, per cui conviene eccome fare la guerra a queste organizzazioni criminali, mi chiedo se Feltri scriverebbe le stesse cose se parlassimo di estremismo islamico. O del terrorismo rosso.
C'è anche la questione strettamente giudiziaria: le ultime grosse indagini sulle mafie si sono concluse al nord: l'inchiesta nata dall'operazione Minotauro in Piemonte, l'operazione infinito in Lombardia.


No, per Feltri la mafia è solo cosa da Siciliani: come se i Graviano (come racconta Spatuzza) quando parlavano di canale 5, del paesano che gli avrebbe messo il paese in mano intendessero altre persone e non Berlusconi e Dell'Utri.
Come se la questione mafia non fosse soprattutto una faccenda politica: l'altro giorno all'assemblea siciliana è stata bocciata una proposta che intendeva cacciar fuori dal sottogoverno del parlamento siciliano i condannatiper mafia.
Stessa scena nel parlamentone a Roma.
Leggi l'articolo sul Il giornale e ti sembra di sentir parlare ancora il cavaliere quando diceva che avrebbe fatto strozzare gli sceneggiatori della piovra perchè avevano rovinato l'immagine del paese.

Ma lo sanno o no che nella settimana passata il quotidiano Die Welt ha titolato la prima pagina “Il padrino parte 4”, per il ritorno del Berlusca?