01 luglio 2012

Chi ha ucciso Pio La Torre, di Paolo Mondani e Armando Sorrentino

Ci sono libri che sono come delle passeggiate in montagna: all'improvviso, dopo ore che cammini su quel percorso in salita, ti guardi alle spalle e tutto il panorama ti si apre davanti. Riesci a vedere più cose, se guardi dall'alto.
Il libro dell'avvocato Armando Sorrentino e del giornalista Paolo Mondani funziona proprio così: racconta dell'omicidio del segretario regionale PCI Pio La Torre da un altro e più alto punto di vista.

Non è stata solo la mafia ad uccidere il segretario La Torre: il commando che lo ha ucciso, assieme al suo autista guardaspalle Rosario Di Salvo, era composto da soldati mafiosi, ma a questa morte si è arrivati, come per altri omicidi politici del periodo 1978-1982 in Sicilia (e non solo) grazie a quella convergenza di intenti tra potere mafioso, e potere finanziario-massonico ad esso legato, di cui ha scritto il giudice Falcone nella sentenza ordinanza di rinvio a giudizio per il maxi processo.

Proprio questi erano gli intrecci, tra criminalità, massoneria finanza e mondo istituzionale, che l'onorevole aveva saputo cogliere, ben prima di altri (anche all'interno del suo stesso partito): a cominciare dal vero volto del banchiere Michele Sindona, le ragioni del suo viaggio in Sicilia nel 1979 (nei mesi in cui veniva ucciso il consigliere Cesare Terranova a Palermo e Giorgio Ambrosoli a Milano), gli interessi economici che si nascondevano dietro gli appalti pubblici della regione Sicilia, per le dighe, per l'agricoltura e le cooperative agricole, nel settore delle costruzioni.
Sindona che era venuto nell'isola per il suo progetto golpista e separatista: pedina in un gioco di più ampio respiro internazionale, che metteva assieme mafia, servizi segreti e apparati americani.
Come era già avvenuto nel 1943 con l'arrivo di Lucky Luciano, che avrebbe trasformato la mafia rurale in Cosa Nostra: anche in quegli anni sull'isola si parlava di separatismo, di banditismo e strani contatti si registravano tra persone dello stato e mafiosi (come la vicenda di Portella della Ginestra racconta).
E' provato che Sindona si trovava a Palermo nei giorni in cui veniva organizzato e attuato l'assassinio di Cesare Terranova e pochi mesi dopo si verificava l'assassinio del presidente della regione Piersanti Mattarella. I gangster siculi-americani che hanno accompagnato Sindona in Sicilia hanno affermato che essi dovevano compiere una missione politica di tipo anti-comunista e la maestrina Longo ha dichiarato che Sindona, mentre era suo ospite, era in contatto con generali americani. Ecco perché gli omicidi politici compiuti dal terrorismo politico-mafiso in Sicilia nel '79 e nell' 80 non possono essere esaminati come singoli episodi.Dagli appunti di Pio La Torre.

Già nella relazione di minoranza in commissione antimafia nel 1976, aveva parlato di terrorismo mafioso: la mafia, che per alcuni uomini di stato ancora non esisteva, non era solo un gruppo limitare come gli altri. Cosa nostra andava considerata alla stessa stregua del brigatismo rosso, anzi più pericolosa del brigatismo. Proprio per il suo voler cercare l'appoggio negli uomini dello stato (mentre per le BR lo stato era qualcosa da abbattere).
La Torre aveva messo assieme i fatti di sangue dei delitti eccellenti siciliani, per leggere il filo rosso che li legava: Reina, Mattarella (e Aldo Moro a Roma), Cesare Terranova, il procuratore Costa, il capitano Basile .. la mafia (e non solo la mafia) aveva ucciso quei politici progressisti che avrebbero potuto cambiare il corso politico in Sicilia. Per questo si deve parlare di terrorismo politico-mafioso.
Eversione nera, finanza, massoneria, Gladio, servizi occulti (La Torre fu pedinato da uno di questi servizi fino a 10 giorni prima della sua morte). 
La Torre aveva fatto coincidere la stagione degli omicidi eccellenti con la messinscena del rapimento di Sindona e i suoi rapporti con la destra americana. Riteneva che la nuova cosa nostra corleonese avesse in testa un progetto politico condiviso con alcuni capi della Dc. E gridava ad ogni comizio che con la base di Comiso la Sicilia sarebbe diventata
«terreno di manovra di spie, terroristi e provocatori di ogni risma al soldo dei servizi segreti dei blocchi contrapposto». Parallelamente Dalla Chiesa ragiona su un progetto criminale che vede insieme mafia , massonerie deviate, terrorismo di destra e apparati dello Stato sotto supervisione atlantica. Chinnici indaga sulle «presenze» statunitensi e i mandanti politici dei fatti di Portella che in quel primo maggio del 1947 provocarono una strage lasciando il lavoro sporco alla banda Giuliano, esattamente come ritiene che la mafia abbia ucciso La Torre e Dalla Chiesa in associazione con altri interessi. Non è difficile trarre una conclusione: La Torre, Dalla Chiesa e Chinnici scoprono un network di strutture criminali in relazione tra loro e muoiono per questo.Dal capitolo “L'uomo che sapeva troppo”, pagine 163-164

Il primo capitolo del libro ripercorre gli ultimi giorni di vita del segretario: la paura e la consapevolezza dei rischi che stava correndo. Ma anche la determinazione nel voler portare avanti il suo lavoro in Sicilia: la pulizia all'interno del suo partito (i dirigenti del partito che facevano affari con le famiglie mafiose, le cooperative di Bagheria e Villabate). "Dammi tempu ca ti perciu" ripeteva riferendosi al suo lavoro come segretario regionale, datemi tempo che ti buco, che ti penetro, che ti cambio.
Forse anche perché lasciato solo, o in minoranza dai suoi stessi compagni, non ci riuscì.

Nel libro, c'è spazio per un'intervista all'ex segretario PCI Natta, che racconta degli scontri tra le diverse anime del PCI, non solo in Sicilia. L'ala migliorista di Macaluso, Bufalini (e Napolitano), aperta all'alleanza con PSI e DC, e l'ala movimentista, slegata alla segreteria e ai centri di potere.


Un altro capitolo è dedicato al processo che si tenne per l'omicidio. Sorrentino, assieme all'avvocato Zupo, fu parte civile per conto del partito comunista. Assieme, cercarono di svolgere il proprio incarico cercando di andare oltre la soluzione ovvia, ovvero il semplice delitto mafioso (quella cui purtroppo arrivò la magistratura).
Per quale motivo Cosa Nostra decise di uccidere questo importante uomo politico? Per l'impegno contro la base missilistica di Comiso (che avrebbe trasformato l'isola in una terra di spie)? Per la sua proposta di legge che prevedeva l'introduzione del reato mafioso e la confisca dei beni?
Perché La Torre aveva capito da tempo cosa stava diventando, o cosa era già diventata Cosa Nostra? Perché si voleva impedire alla Sicilia un nuovo corso politico, che mettesse fine alla politica consociativa del PCI, assieme alla Democrazia Cristiana?
La DC di Gioia, Salvo Lima, di Ciancimino e di Andreotti.


Ecco cosa scrive nel 1976, nella relazione di minoranza dell'Antimafia, il deputato comunista Pio La Torre: «Il sistema di potere mafioso continua a dominare la vita di zona della Sicilia occidentale. La D.C. trapanese, infatti, è oggi in mano ad un gruppo di potere dominato dalla famiglia Salvo di Salemi che, come è noto, controlla le famose esattorie di cui tanto si è interessata la nostra commissione».


E ancora , sempre nella relazione : "L'onorevole Gioia non batté ciglio e proseguì imperterrito nell'opera di assorbimento delle cosche mafiose nella DC".

Nel libro sono riportate le testimonianze della giornalista Chiara Valentini di Panorama, di cui l'onorevole era un fonte, e la collega Adriana Laudani.
"Ritiene che il PCI o una sua parte avesse rapporti consociativi con i Salvo [Nino e Ignazio, esattori delle tasse sull'isola, considerati organici a cosa nostra]?Un dipendente delle esattorie - un comunista molto serio - mi raccontò che, secondo alcune voci assai fondate, i Salvo passavano soldi al partito. In quel periodo si aprì persino una polemica interna perchè la figlia di un prestigioso deputato regionale comunista era stata raccomdanata dai Salvo per un posto di lavoro.
Nell'esattoria dei Salvo?No, l'avevano sistemata in un abanca, ma l'intermediazione dei Salvo divenne di pubblico dominio e la osa inquietò molto i giovani come me. Il vecchio ceppo del Partito comunista, nato dalle lotte contadine, aveva una sua cultura politica antagonista nella battaglia sociale, ma assolutamente subordinata in quella istituzionale. Parlo dei Macaluso, dei Michelangelo Russo, dei Salvo Rindone."
E c'è anche la storia del prestito al PCI e a Paese Sera da parte del Banco Ambrosiano, anche dopo che si scoprì essere guidato da un esponente della P2. Prestito che causò un certo imbarazzo nel partito.


Il contesto internazionale.

Gli ultimi due capitoli parlano di mafia e servizi, di Gladio (non solo l'apparato dei servizi che doveva servire in funzione di guerriglia in caso di invasione sovietica) e dei legami tra massoneria, servizi deviati, estremismi e mafia. La Torre fu seguito dai servizi fin dal 1952, come era logico, essendo un esponente di spicco del maggiore partito comunista europeo. Meno chiaro è quale apparato “occulto” si occupò della sua pratica dopo il 1976, quando il Sid dichiarò in una sua relazione, che non era più interessata al suo monitoraggio. 
Sono forse i capitoli più interessanti del libro perchè permettono di comprendere quale fosse il contesto storico e politico di quegli anni in cui si stava uscendo dalla strategia della tensione. Sono gli ultimi anni di potere del blocco sovietico, prima del suo crollo: anni in cui per mostrare i muscoli, Mosca invade l'Afghanistan e compie importanti azioni navali nel Mediterraneo.
Dall'altra parte gli Usa decidono di installare dei missili balistici in Sicilia, a Comiso. Perchè proprio in Sicilia, se devono essere puntati a est? La Torre comprende prima di altri che dietro quei missili si nascondessero altri interessi, e aveva messo in relazione quegli anni, con quelli della fine della seconda guerra mondiale, con le spie dell'OSS a fare avanti indietro per l'isola e tessere rapporti con la mafia.
Sono gli anni di Ustica, della bomba alla stazione di Bologna, e anche della mattanza dei corleonesi, degli omicidi politici contro quelle persone che avrebbero potuto cambiare la politica sull'isola
Gli omicidi di Palermo, almeno quelli più importanti, sono stati decisi da un tribunale internazionale composto da personaggi di altissimo livello. Sono omicidi molto pensanti, di uno stile diverso da quello mafioso tradizionale. Sono una vera sfida allo Stato, alla società civile. Accanto al terrorismo delle Br, si vuole aprire un altro fronte, quello del terrorismo di stampo mafioso. Ci troviamo di fronte a un magma oscuro e manca la volo tà di venirne a capo. Anche è perché la Democrazia Cristiana in alcuni suoi settori fa parte di questo gioco. Ed è per questo che non sembra disposta, oggi come non lo era ieri, a tagliare il nodo dei rapporti tra mafia e potere.Relazione al PCI siciliano del 1982, di Pio La Torre


Secondo il collaboratore di giustizia, Francesco Elmo, che entrò nell’organizzazione Gladio per il tramite di un compagno di università, e che conobbe qui l'agente di polizia Emanuele Piazza che lavorava per i servizi segreti (ucciso in seguito da esponenti mafiosi nel 1990 che ne disciolsero nell’acido il corpo), Gladio sarebbe stata responsabile, nel corso degli anni ’80, di una serie di clamorosi omicidi, fra i quali quello di Pio La Torre. 

Anche questa sarebbe stata una pista che il processo per il suo omicidio avrebbe dovuto seguire, se non ci fosse stata di accontentarsi della “forma dell'acqua”. Ovvero, il volersi fermare alle responsabilità della cupola mafiosa, che decise quelle morti, in perfetta solitudine.



I due autori chiudono così questo libro, con queste parole amare:
Non sapremo mai come sarebbe stata la storia d'Italia se Mattarella e La Torre, se Moro e Berlinguer avessero vissuto per intero la loro vita. Abbiamo presente come è andata. E non c'è molto altro da dire.
Il link per ordinare il libro su ibs.

La scheda del libro sul sito di Castelvecchi editore.
Il sito del centro studi Pio La Torre.
L'archivio Pio La Torre alla camera, con i documenti sulla legge che porta il suo nome sulla confisca dei beni ai mafiosi.

Altre letture:
Uomini soli, di Attilio Bolzoni
La santissima Trinità, di Nicola Tranfaglia

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