21 ottobre 2012

La nostra classe dirigente

Potrebbe essere una delle ultime stagioni di Report, questa. Il giornalismo vero, quello fatto da giornalisti giornalisti, si sta trasformando, grazie all'opera del legislatore, un mestiere per ricchi.

Nella riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa, per salvare il giornalista (recidivo) Sallusti, sono state introdotte delle pene pecuniarie di un certo rilievo, per chi viene condannato.
Non solo, si parla anche di una norma anti Gabanelli: togliere al giornalista free lance (come quelli di Report) la tutela da parte dell'azienda per cui lavora. Report fa un servizio contro la Fiat che non piace a Marchionne? Sulla Cassa depositi che non piace a Bassanini? Sulla villa di Berlusconi ad Antigua che non piace al cavaliere? Dovrà pagare di tasca sua. E magari subire l'interdizione dal lavoro per un certo periodo.

Chi si permetterà più di fare servizi “scomodi” contro qualche potente, sapendo che rischia di tasca sua e per cifre non indifferenti?
Diventeremo un paese diviso in due: chi sta sopra, e si può permettere di tutto, tanto ci pensa signora prescrizione per i suoi reati, oppure si può nascondere dietro l'immunità parlamentare, oppure basta pagare gli organi dell'informazione per mettere certe cose a tacere.
E poi, chi sta sotto.
Costretto a subire, tacendo (altrimenti pena l'obbligo di rettifica per ogni giudizio non gradito).
Questa sera, dopo la radiografia del nostro Parlamento, quella nostra classe dirigente. "Dirigenti di classe" (di Giovanna Boursier): manager pubblici che gestiscono importanti incarichi per conto dello Stato, del nostro Stato, pagati con le nostre tasse.
Pagati bene.
In che modo sono selezionati?
Quale è il loro vero curriculum?
Quali i risultati che hanno ottenuto?

Si parla in questi giorni di produttività, la nuova idea del governo del tecnici per rilanciare il paese.
Che tradotto significa lavorare di più (per chi ha un lavoro), per più ore, con sempre meno garanzie.
E la produttività di questi super manager? Che si sono pure visti riconoscere l'incostituzionalità del contributo di solidarietà (introdotto da Berlusconi e Tremonti due anni fa). 

“Vediamo chi sono queste persone che da domani mattina potrebbero godersi la loro ricca pensione” (dallo spot della puntata).

L'articolo su Report Time (corriere).




La classe dirigente guida un paese e ne costruisce il futuro. Report fa la radiografia ai nostri manager: chi sono e con quali criteri vengono scelti gli uomini che dirigono le grandi imprese pubbliche italiane. Seguendo criteri che privilegiano il merito, la competenza e l’indipendenza? Emerge la fotografia di un paese dove il ricambio generazionale è bloccato, dove sono sempre gli stessi che attraversano le porte girevoli delle grandi imprese pubbliche accumulando incarichi e stipendi, superando l'età della pensione anche se spesso non portano a casa i risultati richiesti. Tra i tanti casi analizzati torneremo a parlare di uno dei manager più potenti e indaffarati del nostro Paese: Antonio Mastrapasqua, oltre ad essere Presidente Inps, vicepresidente Equitalia e da qualche mese anche Presidente Idea Fimit (l’Sgr che gestisce molti immobili pubblici) è anche nei collegi sindacali di una ventina di società private, oltreché Direttore dell’Ospedale Israelitico di Roma. Parleremo di Elio Catania, ex Presidente e Ad di Ferrovie, dove nel 2006 lascia un buco di quasi 2 miliardi, si prende una liquidazione di circa 8mln e va in Atm a Milano, ma appena arrivato Pisapia lo revoca perché cumulava incarichi e stipendi. L’attuale Presidente di Ferrovie è Lamberto Cardia, arriva da 13 anni di Consob e ha la venerabile età di 78 anni. Quali competenze ha? In Fintecna l’Ad è Massimo Varazzani, che è anche Commissario al debito di Roma Capitale, e si passa le commesse da una società all’altra. L'inchiesta racconta anche il rinnovo del Cda Rai. Confronto sui criteri e modalità di nomina fra commissione parlamentare di vigilanza e il Trust inglese che indica il direttore generale di BBC.
Altri servizi della puntata: Election test  di Claudia Di Pasquale
Il prossimo 28 ottobre in Sicilia si vota per scegliere il futuro presidente della Regione. Il voto siciliano è però anche un test a cui guarda il resto d'Italia. Chi vince nell'isola potrebbe mettere sul piatto della bilancia delle prossime elezioni politiche un bottino di voti che potrebbe risultare determinante per governare il Paese. E' il primo test elettorale della Terza Repubblica e osservare cosa accade nel laboratorio politico che da sempre è la Sicilia aiuterà a capire quali nuovi equilibri si stanno mettendo in piedi nel Paese. Intanto chi vincerà, avrà l'arduo compito di salvare la Sicilia dai suoi debiti, che ammontano a 5 miliardi e 300 milioni di euro, tutti i candidati parlano nei comizi di rivoluzione, rinnovamento e legalità. Ma qual è l'offerta che presentano effettivamente ai cittadini.

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