23 ottobre 2012

La passione per il delitto – Patrick Fogli e il circo mediatico

Nell'ambito della rassegna "La passione per il delitto", dopo le interviste a Massimo Carlotto, a Piergiorgio Pulixi e Roberto Riccardi, è arrivato il turno di Patrick Fogli e il suo libro "La puntualità del destino".
Si capisce, leggendo le pagine, che è un romanzo
scritto di getto, mettendoci dentro tutta la rabbia e il disgusto, in reazione al “circo mediatico”: l'insieme di trasmissioni, approfondimenti, servizi dei telegiornali, che si alimenta (e alimenta nello spettatore) la fame di dolore televisivo.
Pensate ai casi di Yara Gambirasio, di Sarah Scazzi.

Spiega Patrick che gli interessava raccontare quello che c'era dall'altra parte della telecamera: cosa succede dentro una famiglia normale, che diventa all'improvviso una notizia del TG nazionale, assediata da fotografi, vivisezionata per i suoi comportamenti (perché non piange? Perchè non prova dolore?) da psicologi e presunti esperti.

Attorno a questa famiglia sotto assedio, l'universo del mondo di oggi: scrivere questo libro è stato come una catarsi, per arrivare a farci delle domande su quello che guardiamo in televisione. Una televisione cui non interessa  “chi ha fatto cosa”: tutto questo è un dettaglio. Come nel caso di Yara Gambirasio è cessato appena è stato trovato il corpo. Fine delle trasmissioni. Nessuno si è chiesto sul perché dell'omicidio né sul chi.

Il romanzo racconta l'assedio sul nulla, da parte di una informazione che si ritiene al sopra degli altri tanto da poter fare una fisiognomica del dolore.
Dolore e attesa: i due temi del libro. E la domanda: quanto conosci la persona che ti sta accanto?

Viviamo in un a realtà anestetizzata, ha proseguito Fogli, dove quello che non conta sembra contare tantissimo: un mondo distorto. Non è normale l'altare laico davanti la casa delle vittime, con le bamboline e le scritte. È il dolore esibito, non è il dolore personale. La tragedia che subisce la famiglia Scaroni nel romanzo, sparecchia la tavola dal superfluo, e lascia quello che rimane.
Trovare Alessia, la bambina scomparsa: è questo quello che conta per l'ex poliziotto Alessio, uno che ha abbandonato la polizia per non doversi piegare a troppi condizionamenti e che ora, con questa ricerca, spera di chiudere un cerchio nella sua vita.

Trovare Alessia, senza accontentarsi del colpevole ideale, senza fermarsi al dolore, significa fare la cosa giusta. Riccardi, che sostanzialmente è una persona cinica, che pensa che “il mondo è saturo di idioti”, si trova catapultato in un modo di zombie.
Le immagini in TV, le telecamere davanti casa, i giornalisti insistenti.

Altro tema del libro, è la perdita del senso di responsabilità: viviamo in una società dove nessuno si prende le colpe. Dai due genitori, che scoprono il tradimento.
Ai media, che affrontano in modo superficiale, nell'informazione del dolore che trasforma tutto in un romanzo.
Superficiale, anche perché vittima del pregiudizio. Perché viviamo alla ricerca del nemico: in questa storia il nemico è quello più facile, l'extracomunitario che l'ha vista per ultimo.
Oggi il nemico pubblico è la classe politica – ha proseguito l'autore nel suo ragionamento – classe politica che noi abbiamo eletto. Non c'è stata alcuna dittatura, negli ultimi 50 anni.

In un mondo che tende a semplificare, Claudio, il poco di buono, quello di cui tutto il paese parla, è l'assassino. Il nemico perfetto. 
 
La metrica del libro: nell'intervista, Mauro Migliavada, chiedeva a Fogli della sua metrica, ovvero il comporre i capitoli come scene di un film, con stacchi dall'uno all'altro. Spiegava Fogli che lui non scrive libri “a prova di idiota”: non gli interessa scrivere per compiacere il lettore, che deve pagare un certo
scotto per adeguarsi al ritmo della scrittura.

Patrick Fogli ha scritto questo libro, come risposta a tutto lo schifo che si vede in televisione: “ritengo questo il libro più politico mai scritto”. Nonostante i precedenti libri riguardassero la strage alla stazione di Bologna e la trattativa stato-mafia dopo le bombe del 1992-93.

Perché è questa informazione che ci ha anestetizzato: mentre ci parlava dei delitti domestici (un tema affrontato anche da Carlotto poco prima) succedevano i casi Fiorito, Ruby e Zambetti.
L'anestesia ci ha fatto abituare a tutto: dopo il voto su Ruby nipote di Mubarak non è successo nulla nel paese. In Italia un partito che è partito come rivoluzionario, ha poi semplicemente preso il posto della DC nel nordest. E non è successo niente.

Oggi in politica si parla di rottamazione. Vedo Renzi e penso a Happy days. E per scrollarci di dosso questa sotto cultura, ci vorrà del tempo.

A cosa stai scrivendo - l'ultima domanda d'obbligo? Ad un romanzo che parla della storia di una rivoluzione. Quanto rimarrebbe del nostro modo di vivere, se arrivasse uno che ha intenzione di fare sul serio.
Alla prossima.

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