05 novembre 2012

Liste pulite, ma non basta

La notizia di oggi è l'approvazione da parte del governo del provvedimento sulle liste pulite, che esclude, a qualsiasi livello i condannati a pene superiori a 2 anni.
E' un bel passo in avanti, sebbene l'idea del "parlamento pulito" fu duramente attaccata quando la presentò Grillo nel 2007. Ma sappiamo che Grillo è un comico, dunque ..

Servirà questo provvedimento? Forse no.
Il governo dovrà presentarlo al Parlamento e lì non troverà terreno fertile: a parole sono tutti d'accordo sull'incandidabilità dei condannati, ma nei fatti è diverso. Tanto per dirne una, oggi Borghezio (condannato per per l'incendio del luglio 2000 ad un campo rom) commentava così la notizia "non rientro tra i reati gravi, al limite potrei essere inserito nell'albo dei piromani".

Di quello che serve per rendere più pulito questo paese ne parlano Tito Boeri su Repubblica "Mettiamo un tetto ai burocrati di Stato" (che potete leggere qui), Alberto Statera su Affari e finanza "I pizzini di Ponzellini album di famiglia del malaffare berlusconiano" e infine Il fatto quotidiano di oggi, che si occupa in buona parte delle intercettazioni tra Orsi e Gotti Tedeschi, da cui emerge uno spaccato del sistema del potere italiano.

Tre buone letture: Boeri che spiega come occorra mettere un tetto ai mandati dei componenti del "governo ombra" che non va mai all'opposizione. Sono i capi di gabinetto, i capi uffici legislativi, i direttori generali dei ministeri. Gente che percepisce alti stipendi, che può operare in conflitto di interesse o per interessi molto specifici:
Un capo dell’ufficio legislativo che è stato consigliere di Stato può diventare inamovibile perché garante del fatto che gli atti legislativi che passano al suo vaglio non verranno poi bocciati dal Consiglio di Stato (o dalla Corte dei conti). Non deve neanche più essere possibile avere un salario che prescinde dalla posizione che si occupa, come con il cosiddetto “galleggiamento” che garantisce agli alti dirigenti di non scendere mai al di sotto della retribuzione nell’incarico meglio retribuito, dunque anche quando destinati a mansioni meno onerose e responsabilizzanti. Il principio dovrebbe essere sempre quello della retribuzione legata al posto anziché alla persona.

Statera parla del fogliettino sequestrato a Ponzellini, che disegnava lo schema di potere con una serie di frecce e quadrati che partiva da Marco Milanese e passava a Nicola Cosentino, a Luigi Bisignani. A Guarguaglini e a Pasquale Lombardi. Fino ad arrivare a Gianni Letta, ex sottosegretario e nel futuro forse presidente della Repubblica.
Per avere una nomina nella Seconda Repubblica bisognava passare per un manipolo di faccendieri pregiudicati o pluri -inquisiti, di fatto di un'unica cordata griffata Gianni Letta. Ponzellini, di suo, metteva a disposizione la Popolare di Milano, che egli aveva trasformato in una specie di bancomat per politici berlusconiani e loro cari, dalla Santanché all'ex moglie di La Russa. Per potere traslato, lo stesso Ponzellini era diventato anche lui facilitatore di poltrone, a giudicare dal fatto che Vittorio Grilli, attuale ministro dell'Economia, gli aveva chiesto un aiutino quando era candidato a governatore della Banca d'Italia. Eppure, il personaggio è ben noto fin dai tempi in cui all'Iri portava la borsa di Romano Prodi, il quale recentemente ha dovuto precisare che Ponzellini è solo “un vicino di casa”. Soltanto nell'Italia berlusconiana un personaggio improbabile come lui poteva diventare banchiere, presidente del colosso delle costruzioni e chissà cos'altro, se i magistrati non l'avessero fermato. Ma ora signori si cambia: “Bisogna vincere resistenze e veti incrociati di gruppi portatori di interessi particolari”. Sapete chi è ad auspicarlo con forza, sprezzante del ridicolo ? Gianni Letta. 

Infine le intercettazioni, raccolte dal Noe per conto dei magistrati di Napoli: uno spaccato del potere italiano. Come vengono effettuate le nomine, il rapporto con l'informazione, le cordate e i piccoli ricatti.

Non basta l'incandidabilità.  

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