15 novembre 2012

Quello che va fatto

La violenza è violenza ed è una cosa da condannare: banale, ma va detto.
Sia che venga da gente col caso e scesa in piazza solo per fare casino (quando va bene) sia quando viene da gente che indossa la divisa.
Rimane da capire solo che dorezione vogliamo prendere, ovvero dove vogliamo andare: lasciare la gente in divisa come unico baluardo per fronteggiare le tensioni sociali nel paese?


le immagini dei maniefstanti e quelle della polizia
Se è così, le scene viste ieri sono solo l'inizio. Ricordandoci che è violenza da condannare i patrimoni sottratti al fisco e esportati all'estero. E' violenza anche i soldi pubblici che anzichè finire in sanità e istruzione finiscono in mazzette e a faccendieri.

Da una parte studenti, insegnanti, precari, ex lavoratori, esodati, licenziati, pensionati, insomma persone. E anche tanti altri che solo lì pensando che imbrattare i muri, lanciare pietre, fare guerriglia sia una forma di rivoluzione. Inutile.

Dall'altra parte del campo, i governi: quelli che devono applicare silenti la ricetta dell'austerità. Quelli che, come ha detto la cancelliera Merkel, la protesta va bene ma "In Europa ciò che è necessario va fatto lo stesso".

Mi chiedo se, tra quello che è necessario fare, ci sia anche lo smantellamento delle costituzioni, delle democrazie sovrane, della volontà degli elettori.
Cara presidente Merkel, lo sa che la recessione italiana ed europea alla fine coinvolgerà anche la grande Germania? Anche allora, quando la VW non venderà auto (e anche le altre industrie, come quella delle armi), si ostinerà a dire che "ciò che è necessario va fatto lo stesso"?

Anche perché quello che è stato fatto, almeno in Italia, lo stiamo vedendo molto bene. La ricetta dell'austerità, la medicina amara va bene solo se assunta per un breve periodo e produce effetti.
Questa in Italia sta producento una sensazione brutta per cui le cose andranno sempre peggio:
Superbonus su Il fatto quotidiano

Povero Monti, travolto da 2 mila miliardi di debito di Superbonus
Mentre si discute di nuove misure di austerità che scatenano le proteste in piazza di lavoratori e studenti, il debito pubblico continua a salire e arriva sulla soglia dei 2 mila miliardi di euro, cioè di 87 mila euro per ogni lavoratore italiano. Ma dato che la disoccupazione è destinata ad aumentare, questa cifra di debito per cittadino economicamente attivo è destinata a crescere.

Di fronte a questi semplici numeri è credibile la politica del governo e dell’Europa di pretendere di abbassare i livelli di debito attraverso misure economiche di austerità? No, non lo è, e infatti un’istituzione finanziaria storicamente vicina al Tesoro italiano come Citibank scommette su una richiesta italiana di aiuti finanziari all’Europa entro il 2013. Il governo in carica, pro tempore, nega che questa eventualità si possa realizzare e pronostica per il prossimo anno una caduta del Pil di appena lo 0,5 per cento con una ripresa che “dovrebbe iniziare a farsi sentire” nel secondo semestre. Monti non indica in quali e quanti settori si manifesterà la ripresa per evitare di essere smentito dagli studi di categoria che prevedono numeri ben più pesanti di quelli inseriti nella legge di Stabilità.

È OPPORTUNO ricordare che all’inizio del 2012 i ministri professori avevano pronosticato una crescita zero nel corso dell’anno, salvo poi rivedere le previsioni a un -2,4 per cento. Ma nessuno vuole dire la verità: le politiche restrittive di risanamento dei conti pubblici producono crescita economica in Paesi a cambio variabile, le diminuzioni dei consumi interni provocate dall’austerità del bilancio pubblico sono generalmente compensate da una svalutazione del cambio che produce un aumento istantaneo delle esportazioni.

[..]
L’aumento del debito pubblico italiano è un dato incontrovertibile che mette in discussione tutta la politica economica fin qui realizzata dal governo e la sua stessa credibilità internazionale. Un governo credibile difende gli interessi della propria nazione, non si piega ai voleri di un assurdo percorso di pareggio di bilancio perseguito con pochi tagli e molte tasse. L’aumentare del debito, la crescita della disoccupazione e la diminuzione dell’attività industriale nel paese sono la strada che porterà l’Italia al commissariamento europeo, con le nostre Finanziarie che saranno scritte dal Bundestag e non dalla Camera dei deputati. Il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, è l’unico che ha denunciato pubblicamente questo pericolo giungendo a chiedere “la rottamazione dell’agenda Monti” e la “revisione del vincolo del pareggio di bilancio”, ma è una voce isolata in un sistema politico senza idea che ha rinunciato a governare il Paese affidandolo a dei tecnici scelti e proni alle volontà di Berlino. Ogni giorno che passa, il nostro debito aumenta di 217 milioni, ogni giorno di governo Monti la nostra economia arretra in termini assoluti e in termini di competitività, mentre la pressione fiscale tocca i record storici. Il fallimento della politica di Monti è il fallimento dell’establishment europeo che pretenderebbe di governare senza democrazia, senza manifestazioni e probabilmente ignorando il voto popolare. In Grecia come in Spagna e in Italia crescono partiti politici che vengono dal nulla ed aumentano le spinte centrifughe indipendentiste. Il debito preme sulle nazioni e sulla gente comune spingendola cercare alternative fuori dai paradigmi fino a ora seguiti. Il debito trasforma la crisi finanziaria in crisi sociale, nella storia questo è stato sempre il preludio per i default.
Passera oggi, presentanto il piano per la produttività (lavorare di più? con le aziende che chiudono e i posti di lavoro che si perdono? Che senso ha, ministro?) si chiede retoricamente "pensate dove saremmo se insieme un anno fa non avessimo preso in mano la situazione".

Siamo stanchi di salvatori della patria ... Dove saremmo se non avessimo avuto questa clase dirigente? che paese ricchi saremmo?

Nessun commento: