15 novembre 2012

Ricchi e poveri


Il paese a due velocità: i ricchi e i poveri, che non solo è il titolo della puntata di stasera di Servizio pubblico, ma anche il titolo del prossimo libro di Nunzia Penelope, per Ponte delle Grazie.

Il Fatto quotidiano oggi ne pubblica alcuni stralci: buona lettura!

COSÌ L’ITALIA DIVENNE UN PAESE RICCO ABITATO DA POVERI
OGGI C’È PERSINO PIÙ PROSPERITÀ RISPETTO AGLI ANNI DEL BOOM ECONOMICO, ANCHE A LIVELLO INTERNAZIONALE MA IL DEBITO È DI TUTTI, I SOLDI DI POCHI
di Nunzia Penelope
Nunzia Penelope torna in libreria con “Ricchi e poveri” (Ponte alle Grazie, 265 pagine, 13,50 euro): la prima inchiesta sulla diseguaglianza in Italia. Come vive chi può spendere 10 mila euro al giorno? E come sopravvive chi ne guadagna 1.000 al mese? Ne esce un Paese in cui convivono chi colleziona case e chi vive in camper, chi fa shopping col jet privato e chi non riesce a fare la spesa

Se la ricchezza italiana fosse una montagna, sarebbe alta quanto il K2, mentre il debito pubblico, al confronto, risulterebbe come il monte Pisanino nelle Alpi Apuane: 8611 metri contro poco meno di 2000. La ricchezza di cui stiamo parlando costituisce il tesoro privato degli italiani, tra denaro contante, case, azioni e titoli, per un totale di 8640 miliardi di euro netti, cioè oltre quattro volte il debito, con i suoi 1972 miliardi registrati ad agosto 2012.

SE L’ITALIA FOSSE UN’AZIENDA

Un’azienda con rapporti analoghi tra passivo e patrimonio non rischierebbe il fallimento, anzi, avrebbe risorse sufficienti anche per investire, crescere, arricchirsi ulteriormente. L’Italia, invece, è costantemente sull’orlo del default, costretta a tirare la cinghia, a tagliare la spesa, a non avere mai un soldo. I molti e diversi motivi di questa situazione, spiegati diffusamente da economisti di ogni orientamento, ce n’è però anche uno molto semplice: il debito è di tutti, al contrario della ricchezza, che è di pochi.

Il debito pubblico è spalmato su 60 milioni di cittadini, per una quota di circa 32 mila euro ciascuno: inizia al momento della nascita e finisce solo con la morte. Per una famiglia di tre persone equivale a un fardello da quasi 100 mila euro, che si trascinerà a vita perché impossibile da estinguere. Non funziona nello stesso modo per la ricchezza nazionale. La metà, e cioè oltre 4 mila miliardi di euro, appartiene a una piccola minoranza pari al 10 per cento della popolazione: sei milioni di persone che vivono nell’assoluto benessere. Al 90 per cento dei cittadini, 54 milioni di persone, resta da dividersi l’altra metà. Sembra quasi un gioco di parole, ma spiega la ragione fondamentale per cui l’Italia è quel paradosso che è: un paese ricco, abitato da poveri. Teoricamente, infatti, siamo molto più ricchi di quanto non fossimo negli anni del boom economico; nel 1965 la ricchezza complessiva era pari all’equivalente di un miliardo e 137 milioni di euro, contro gli oltre 8 mila miliardi del 2011; quella pro capite pari superava di poco i 21 mila euro, contro i 142 mila dei nostri giorni. E siamo ricchi anche nel confronto internazionale: la ricchezza delle famiglie italiane nel 2010 era pari a 8,3 volte il reddito disponibile, contro il 7,5 della Francia, il 7,8 della Germania, il 7 del Giappone, il 5,5 del Canada e il 4,9 degli USA.

DOVE SONO I SOLDI?

Da una parte ci sono gli 8600 miliardi dei patrimoni privati conteggiati dalla Banca d’Italia, dall’altra i patrimoni, ancor più privati, dell’economia illegale. I grandi evasori portano i soldi altrove. Nelle banche e nei caveau della sola Svizzera ci sono tra i 150 e i 200 miliardi di euro che battono bandiera tricolore. Ma ancora non si è trovato un modo di riportarli a casa: le lunghe discussioni sulla possibilità di accordi tra il governo italiano e quello svizzero, finalizzate a tassare quei capitali, si sono arenate di fronte alla considerazione che un accordo del genere rappresenterebbe l’ennesimo condono. L’esodo di capitali oltre confine si è intensificato, spinto soprattutto dalla possibilità, pur remotissima, che prima o poi i conti pubblici richiedano la cura urto della patrimoniale. Non si tratta dei capitali di mafia e camorra, o almeno non solo: al riciclaggio ricorrono in massa anche imprese e professionisti, e il vero sport nazionale, ormai, non è ripulire i soldi sporchi, ma nascondere quelli puliti per non pagarci le tasse.

DALLA ROULOTTE...

Nell’ultimo censimento dell’ISTAT risulta che sono oltre 71 mila gli italiani che vivono in baracche, tende, roulotte. Nel 2001 erano appena 23 mila, sono più che triplicati in un decennio. Un aumento che lo stesso ISTAT ha definito “vertiginoso”, ma la notizia non ha avuto dai media il rilievo che sarebbe stato necessario; eppure, settantamila persone equivalgonoallapopolazionediunacittànemmenotanto piccola, come Trapani, Pavia, Cosenza.

...AL JET PRIVATO

Con 60 mila euro si può fare il giro del mondo in jet privato. Partenza da Londra e poi a zonzo: dal Mali allo Zambia, dalle Maldive alla Cambogia, dall’India a Lisbona. Il viaggio si chiama “Impero ed esploratori”. Ma queste sono stravaganze da nuovi ricchi. Quelli veri, consolidati, viaggiano discreti e sotto traccia con i loro jet personali, che ormai in tutto il mondo sono una flotta forse perfino più numerosa di quella in dotazione alle compagnie aeree commerciali. Gioiellini volanti, di cui il più bello, dicono gli esperti, è quello che Diego Della Valle si è regalato nel 2011: un Gulfstream 55 bireattore, 13 mila chilometri di autonomia senza scalo. Gli interni sono all’altezza della reputazione: salottino privato, due divanetti con schermi tv da 24 pollici e sei posti singoli. Il tutto per poco più di 50 milioni di dollari. Quelli che non possono spendere nemmeno la benzina per la macchina, invece, restano a casa. Ed è ormai questa, da qualche tempo, la scelta obbligata per metà della popolazione italiana.

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