16 dicembre 2012

Vipera, di Maurizio De Giovanni

L'incipit numero uno: la domanda dell'assassino (il cui senso si rivelerà nelle ultime pagine):

E dimmi: lo sai tu, cos'è l'amore?Tu che lo vendi a due lire a incontro, cinque minuti per respirarti addosso, nemmeno il tempo di guardarti negli occhi, di mormorare il tuo nome, pensi di sapere cos'è l'amore? Che ne sai tu delle lunghe attese, dei silenzi sospesi nell'ansia di una parole, di un sorriso?Con questo tuo corpo morbido che adesso sento muoversi frenetico sotto di me, con queste gambe lunghe e bianche che stringono i miei fianchi, pensi che l'amore sia questo?Io l'ho visto sai, l'amore. L'ho conosciuto, l'ho incontrato. È fatto di dolore e malinconia, di ansia e di ritorni. Non si consuma in un attimo; non nasce e muore in ppsti come questo, con la musica di pianoforte al pano di sotto e nell'odore dei disinfettanti. 
L'incipit, invece, dell'indagine sulla morte di Maria Rosaria Cennamo, in arte, Vipera, nota prostituta uccisa nel bordello di via Chiaia a Napoli:
Fra la Questura e il Paradiso c'era qualche centinaio di metri, il pezzo finale di via Toledo e un tratto di via Chiaia. Ma l'ora era difficile: molta gente sui marciapiedi, i negozi aperti e l'aria dolce del primo pomeriggio di primavera a invogliare una passeggiata. Ricciardi e Maione avanzano a fatica nella folla, cercando di non perdere di vista la vecchia che li precedeva muovendosi sulle gambe storte con sorprendente agilità, seguiti dalle guardie Cesarano e Camarda che continuavano a scambiarsi occhiate complici. Avevano cominciato da quando Maione gli aveva comunicato l'indirizzo e non avevano più smesso.Ricciardi non si fidava della primavera. Non c'era di peggio dell'aria dolce, del profumo del bosco o di mare che il veto soffiava da Capodimonte o dal porto, delle finestre che si aprivano. Dopo l'inverno dei silenzi, delle vie gelide battute dalla tramontana, dei geloni e della pioggia fredda, le passioni hanno accumulato tanta di quell'energia distruttiva che non aspettano altro per eruttare il loro disordine.

Il primo tepore annuncia l'arrivo della primavera del 1932: è una stagione temuta dal commissario Ricciardi della Regia Questura di Napoli perché, come abbiamo letto sopra, tendono ad esplodere tutte le passioni sopite nell'inverno, l'amore e la fame.
Nella casa di tolleranza di via Chiaia, Il paradiso, è stata ritrovata morta Vipera, famosa prostituta conosciuta in tutta la città per la sua bellezza.
A ritrovarla una sua collega: Lily o Palumbo Bianca. Vipera è stata soffocata con un cuscino: Ricciardi, grazie alla sua maledizione, riesce a cogliere le sue ultime parole che lascia la sua ombra nel mondo dei vivi:

Di fronte ad uno specchio che non la rifletteva, l'immagine della donna, in piedi, le braccia lungo i fianchi, i capelli corti e scuri a incorniciarle il viso; le braccia stirate nell'ultimo respiro, la lingua nera penzolante. Guardando il proprio cadavere, l'immagine ripeteva: Frustino, frustino. Il mio frustino.Ricciardi si passò la mano sul volto. Forse mi immagino tutto, pensò per la millesima volta. Forse è solo un'illusione della mia mente malata. 
Come in altri casi, non sempre conoscere le ultime parole del morto, o della morta, in circostanze tragiche, aiuta le indagini: anche in questo caso, a cosa si riferiva la morta con “Frustino”? Si riferiva ad un particolare rito che questa compieva con un suo cliente?

Il caso non trova facile sblocco: troppe sono le persone che, in vario modo, si potrebbero ritenere indiziati. A cominciare dal signor Ventrone, un commerciante in statue religiose, cliente assiduo di Vipera. È stato lui a trovare per il primo il cadavere, per poi scappare via, senza sentirsi in dovere di denunziare la cosa.
Come mai? Perché è stato lui ad ucciderla?
E come mai, Lily ha detto il falso alla polizia, non essendo stata lei la prima a fare la scoperta del cadavere?
Il signor Ventrone, vedovo, stava dissipando i suoi guadagni per spenderli nella compagnia della prostituta: il figlio, aveva cercato di fermarlo, sia per evitare che qualcuno, vedendolo uscire dal bordello, potesse far girare la voce del suo “vizio”, che avrebbe compromesso gli affari della bottega. Sia per evitare che tutti i soldi guadagnati con le statue e arredi sacri, venissero sprecati in quel modo. È anche lui da ritenersi un potenziale colpevole?

Nel corso delle indagini, si presenta in Questura, di fronte a Ricciardi e Maione, l'ex fidanzato di Vipera, Coppola Giuseppe, commerciante in frutta e verdura: racconta loro della sua proposta di matrimonio fatta a Maria Rosaria (non a Vipera), quando, dopo lunghi anni, l'aveva ritrovata quasi per caso, in quella casa di via Chiaia. L'amore di gioventù era ritornato prepotentemente, e per stare con lei, solo a parlare come due fidanzatini, spendeva buona parte dei suoi guadagni. In quei giorni attendeva una risposta alla sua proposta.

Ricciardi deve districarsi da questo dedalo di sentimenti, per trovare il bandolo della matassa: amore, bigottismo, invidia, avarizia. Tutto questo in una città, dove sempre più evidente è il contrasto tra ricchezza e povertà, anche all'approssimarsi della Pasqua. Festività che viene omaggiata, dal popolino come dal ricco aristocratico, con un pranzo preparato con cura e amore.
Come quello la tata Rosa insegna alla vicina Enrica, la ragazza che Ricciardi osserva da lontano, ogni sera. Sperando che, passando per la cucina, riesca ad arrivare al cuore.
La pastiera napoletana, preparata con i frutti della primavera, che significa una rinascita: le uova, il grano, il cedro, la ricotta e la farina, i fiori d'arancio e le spezie.
La stessa pastiera che è protagonista di una bella storia, una di quelle che si raccontano ai bambini per farli crescere: la storia di Partenope che, proprio con gli ingredienti della Pastiera, salvò la vita ai pescatori di Napoli, dalla furia del mare.

Ma non c'è spazio solo alle passioni dolci in questa Pasqua: sono gli anni del regime fascista, in cui si rischia di essere arrestati solo per essersi fatti scappare un commento negativo contro il Duce e il partito. Per una barzelletta (c'era un operaio che comprò delle mele, ma non voleva incartarle nel foglio di giornale con la faccia di Mussolini sopra …). O, come capita al dottor Modo, per aver difeso delle ragazze (le compagne di Vipera durante il suo “quasi” funerale) dai soprusi di un gruppo di camice nere. L'arroganza del potere, il sentirsi al di sopra di ogni legge solo perché tu fai la legge e disponi delle vite degli altri come ti pare.

De Giovanni riesce a mescolare sapientemente, come un abile maestro di cucina appunto, tutti questi ingredienti: passione, delitto, il racconto della storia ma anche dei riti e delle usanze tipicamente napoletani. Un romanzo che si muove e abbraccia tutta la città, quella dei quartieri, dei mercati, dei vicoli e anche dei palazzi dei signori. Un romanzo dove si mescola il dolce e l'amaro. La dolcezza e la crudeltà.
«Che aria è questa, sulla mia faccia? Che sono questi profumi, i fiori e il mare? Che vuole da me la primavera, perché non se ne torna da dove è venuta?»
La scheda sul sito dell'editore Einaudi, e un estratto dal libro.
Il link per ordinare il libro su ibs.

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