16 febbraio 2013

Lo IOR e il riciclaggio (ovvero, le vie del riciclaggio sono infinite)


Da Il fatto quotidiano del 16 febbraio: l'intervista di Beatrice Borromeo al candidato di Rivoluzione civile Antonio Ingroia.

“Riciclaggio, Chiesa colpevole e politici complici di Beatrice Borromeo
Dottor Ingroia, tra tutti gli scandali che da anni coinvolgono lo Ior e, più in generale, la gestione dei soldi da parte della Chiesa, c’è un fatto ormai certo: il miliardo di euro che ogni anno lo Stato italiano versa al Vaticano tramite l’8 per mille non resta nelle banche italiane. Perché? “Da anni, nella finanza Vaticana e nello Ior in particolare, c’è un problema di trasparenza. Lo Ior opera poco in Italia e moltissimo sul circuito internazionale, ma immettere all’estero persino i soldi dell’8 per mille lo trovo inaccettabile”.
Oltretutto le banche Italiani contavano molto sull’indotto proveniente da quel denaro.
Motivo in più per parlare di slealtà bancaria da parte del Vaticano. Ma al Vaticano conviene aprire un conto, invece che in Italia, in istituti disinvolti come per esempio Deutsche Bank, che non fa troppe domande sulla provenienza dei fondi. Il punto è che soprattutto da un ente ecclesiastico si deve pretendere un approccio più etico.
Papa Ratzinger ci aveva provato, introducendo una sorta di legge anti-riciclaggio poi ribaltata dal suo Segretario di Stato, Tarcisio Bertone: ma se i fondi dell’8 per mille non sono sottoposti al controllo delle banche italiane, come sappiamo che non vengono mischiati a soldi sporchi?
Non lo sappiamo proprio: non c’è nessuna effettiva tracciabilità. La destinazione all’estero potrebbe essere utilizzata per monetizzare fondi di provenienza sospetta, per usare un termine soft.
Bertone ha anche rimosso dai vertici dello Ior e dell’Apsa (l’amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica) uomini considerati seri come Ettore Gotti Tedeschi. Cosa ne pensa?
Riprendo le dichiarazioni dure dello stesso Gotti Tedeschi quando disse di essere stato sfiduciato proprio per aver difeso la legge anti-riciclaggio. È ovvio che tutto ciò getta un’ombra inquietante su questi personaggi. Se io fossi premier investirei molta più energia per rendere trasparente la finanza vaticana rispetto a quella usata da Monti, che è subordinato. Per non parlare di Berlusconi.
Come mai nessun politico, neanche a sinistra, protesta contro queste pratiche?
La Casta ha sempre lo stesso atteggiamento verso i poteri forti, e il Vaticano è un potere fortissimo. Di politici con la schiena dritta ce ne sono pochissimi: c’è bisogno di un’iniezione di coraggio, e i pm possono aiutare.
Grazie allo Ior – lo dimostrano le tangenti Enimont scoperte dal suo collega di partito, Antonio Di Pietro – girano anche mazzette. Come affronterebbe lei il problema?
Imponendo la tracciabilità e la dichiarazione di provenienza di ogni flusso finanziario che passi dallo Ior. Loro sono i primi a dire di voler fare passi avanti in materia di anti-riciclaggio: lo dimostrino.
Intanto Bankitalia ha imposto un blocco ai bancomat in Vaticano dopo che la Procura di Roma ha segnalato presunte attività di riciclaggio legate a operazioni dello Ior: è una partita da 40 miliardi di euro l’anno.
E loro hanno risposto facendo transitare i conti estero su estero, grazie a una società svizzera: ulteriore mossa di elusione dei controlli e di palese insubordizione alla legge anti-riciclaggio italiana.
Per Monti stiamo assistendo a una nuova Tangentopoli. È d’accordo?
Io dico che è sempre la stessa Tangentopoli, che non è mai finita. Anzi, si è estesa a dismisura: vent’anni di berlusconismo hanno reso lecito l’illecito. Si sono create sacche sempre più ampie di impunità e corruzione, che ormai è sistemica. O sterziamo seriamente, riscrivendo tutta la legislazione sulla pubblica amministrazione e promuovendo un testo unico anti-riciclaggio che sia efficiente, o l’Italia verrà definitivamente divorata da Tangentopoli.
Quali sono le sue proposte, da candidato di Rivoluzione Civile, per sequestrare i bottini illeciti di politici e finanzieri?
Abbiamo una “proposta choc”, che in un Paese normale sarebbe invece ordinaria: estendere ai corrotti e ai grandi evasori fiscali la normativa che si applica ai mafiosi.
Spieghi.
Appena emergono indizi di corruzione devono partire accertamenti sui patrimoni e, in caso di sproporzione tra il loro valore e il reddito dichiarato – e senza la prova di una provenienza lecita del bene – scattano sequestro e confisca dei patrimoni.
Tra corruzione, evasione e sistemi mafiosi perdiamo ogni anno circa 400 miliardi di euro, pari a un quinto del debito pubblico italiano. Non si combatte l’illegalità solo per senso di giustizia, ma come motore di sviluppo. Altrimenti sarà default.

Nessun commento: