23 maggio 2013

Ai limiti della costituzione

Strani tempi, questi. Dove sembra che, per motivi di emergenza, di pacificazione, di realpolitik, le regole non debbano essere rispettate da tutti. Specie se quei tutti siedono in parlamento.

Mi riferisco all'ineleggibilità di B., difesa persino da costituzionalisti. Ne parla, col consueto houmor crudele (per noi che lo leggiamo), Marco Travaglio sul Fatto di oggi: abbiamo trasformato il seggio parlamentare in una sorta di usocapione. Una volta dentro, sempre dentro:

Michele Ainis, giurista, riconosce sul Corriere che in effetti la legge “proibisce l’elezione dei titolari di concessioni (come le frequenze tv) da parte dello Stato” e la ragione è “evidente anche a un bambino: disinnescare i conflitti d’interesse”. Quindi B. vende le tv o lascia il Senato? Eh no, troppo semplice: visto che dal ‘94 “ha prevalso un’interpretazione formale o formalistica” (i nuovi sinonimi di “illegale”), può restare lì in eterno: “C’è un che di fanciullesco nella pretesa di riscrivere il passato usando la legge come una macchina del tempo... Dicono i 5Stelle: su B. fin qui avete sbagliato, perché mai perseverare nell’errore? Risposta: perché nel diritto parlamentare ogni errore reiterato si trasforma in verità”. Errare è umano, perseverare è legge. Solennissima corbelleria: da anni le Camere immunizzano i propri membri dai processi per diffamazione con la scusa dell’insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio delle funzioni; ma non si contano le sentenze della Consulta che ribaltano quei voti fuorilegge e autorizzano i giudici a procedere.

Ma per i giuristi alla Ainis il rispetto delle leggi dello Stato non è un valore: è una bizzarra pretesa dei 5Stelle. I quali, appena arrivati, sono ancora dei ragazzini. Ma si spera che diventino presto uomini di mondo. Come diceva Giolitti, la legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta. Anzi, si viola. Con l’ulteriore complicazione che qui amici e nemici si son sempre messi d’accordo per un piatto di lenticchie. Memorabile il titolo di Repubblica sul Pd, che ancora due mesi fa giurava con Bersani, Zanda e Migliavacca che avrebbe votato per l’ineleggibilità di B., e ora ha cambiato idea (o più probabilmente mentiva due mesi fa): “La rassegnazione dei democratici: ‘Impossibile far decadere Silvio’”. Ecco, non è colpa loro, ma di misteriosi fattori esogeni: le avverse condizioni metereologiche? Malèfici influssi extraterrestri? E par di vederli i poveri democratici, incolpevoli di tutto, mentre guardano “rassegnati” i democratici che corrono a salvare B. un’altra volta. Violante detta la linea: “Per 3-4 volte abbiamo votato per l’eleggibilità. Se non ci sono fatti nuovi non vedo perché dovremmo cambiare questa scelta”. Lui è sempre a disposizione: quando B. chiama, scatta in automatico il Pronto Intervento Violante. Dovrebbero dotarlo di sirena e lampeggiante, per evitare che resti impigliato nel traffico e arrivi in ritardo. Oppure, visto che Ghedini e Longo ultimamente lasciano un po’ a desiderare, nominarlo avvocato difensore di B. ad honorem. Anche perché ha già figliato una nidiata di violantini. Per esempio Doris Lo Moro, che sarebbe pure un magistrato: “Quella del 1957 è una norma evanescente perché il ‘57 è secoli fa”. Anche le leggi, come i reati, cadono in prescrizione dopo un po’. Se la gentile signora Lo Moro ci dice dopo quanti anni, è fatta. Il furto, per esempio, è punito almeno da quando Mosè scese dal monte Sinai con le tavole della legge. Millenni fa. Se anche il settimo comandamento è evanescente, ci divertiamo.
Sto vedendo brutte cose : il ripresentarsi di leggi contro il web e internet (l'obbligo di rettifica per i siti). La generale insofferenza dei politici alle domande dei gionalisti (non solo i grillini).
La proposta di punire col carcere chi disturba in piazza. Il tentativo di tagilar fuori dal Parlamento i movimenti (al momento mi viene in mente un solo movimento ) secondo il DL Zanda Finocchiaro. Il maquillage al porcellum per evitare che venga bocciato definitivamente dalla consulta.

Il rapporto del'Istat spiega come ci aspetteranno altri anni di crisi, per questa recessione e per questa austerità senza crescita (altri 80 anni, si legge nei rapporti).
Le aziende, se possono, portano i soldi nei paradisi fiscali (come hanno accusato i pm di Milano ai fratelli Riva) oppure spostano le sedi in paesi con una fiscalità più vantaggiosa.

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