08 maggio 2013

Il patto di pacificazione col PDL

Ma veramente esiste un patto di pacificazione tra PD e PDL, che non si può rivelare agli (ex) elettori?
E' quello che si chiede nel suo editoriale Marco Travaglio, commentando anche le nomine di sottosegretari e ministri.

Dai giornali di oggi, dopo la notizia sulla tragedia di Genova (un altro incidente che si cercherà di giustificare con l'errore umano?) leggiamo della richiesta di rinvio a giudizio a Formigoni per lo scandalo sanità, neo sottosegretario, e dell'intervista a B."Io presidente Convenzione? Scherzavo".

Scherzano. Fanno il governissimo per la pacificazione, mentre nelle piazze si protesta e si bastona.
Complimenti.

Le lingue di Menelik di Marco Travaglio
   Nel 1889 l’ambasciatore italiano ad Addis Abeba siglò un trattato di amicizia con il negus Menelik, imperatore d’Etiopia, dopo la conquista dell’Eritrea. La firma avvenne nel-l’accampamento del Negus, a Uccialli. Ma ben presto i due paesi tornarono a litigare, perché il trattato diceva una cosa nella versione in lingua italiana e un’altra in quella in lingua amarica. Nella prima, l’Etiopia diventava un protettorato italiano e il Negus affidava la politica estera etiope al nostro governo. Nella seconda, il Negus poteva delegare la politica estera all’Italia quando voleva, e quando non gli conveniva poteva fare di testa sua. Una furbata all’italiana per consentire a entrambi i governi di presentarsi come vincitori agli occhi dei rispettivi popoli. Naturalmente la magliarata durò pochi mesi: poi Menelik, senz’avvertire Roma, strinse rapporti diplomatici con la Russia e la Francia. E riesplose la guerra. La storia ricorda quel che sta accadendo nel Pd: da quando, non bastandogli il suicidio sulla via del Colle, ha deciso di suicidarsi una seconda volta (impresa che può riuscire solo al Pd) sulla strada di Palazzo Chigi, non passa giorno senza che un dirigente del Pdl lo richiami ai “patti”: sui ministri, sui sotto-segretari, sull’Imu, sulla giustizia, sui presidenti di commissione. E pare che quei patti ci siano, senza errori di traduzione. Nulla di strano: quando due partiti decidono di governare insieme, è normale che prendano accordi. Gli elettori del Pdl lo sanno e, se va bene a B., buona camicia a tutti. Viceversa gli elettori del Pd non devono saperlo: questa almeno è l’illusione dei dirigenti che da vent’anni li raggirano, estorcendogli i voti in nome dell’antiberlusconismo e poi usandoli per inciuciare con Berlusconi. Ora però, nel raggiro, c’è un salto di qualità. Due mesi fa la parola d’ordine era “mai con B.”. Un mese fa era “con B. solo per il Quirinale”. Due settimane fa era “con B. solo per un governo di scopo di pochi mesi: legge elettorale e si torna a votare”. Ora è “con B. per un governo di legislatura e la riforma della Costituzione”. Nel timore che domani si passi a “con B. per un partito unico guidato da B.”, la base si sta ribellando in tutt’Italia. Il che spiega perché il Pd resta senza segretario: così i dissidenti non sanno a chi tirare i pesci in faccia.

   Ma quali siano i patti stipulati da Letta e B. nel famoso incontro clandestino con lo zio Gianni, l’hanno capito tutti. Il governo Letta – come l’Italia descritta da Corrado Guzzanti nei panni di Rutelli con la voce di Sordi – “non è né di destra né di sinistra: è di Berlusconi”. Lui l’ha voluto, lui ha scelto il Premier Nipote e i ministri che contano, lui decide il programma (anche perché il Pd ne ha diversi, cioè nessuno), lui detta i tempi, lui staccherà la spina quando gli farà comodo. Intanto le questioni che gli stanno a cuore, cioè la giustizia, la tv, le autorizzazioni a procedere e le ineleggibilità sono cosa sua. Dunque il sottosegretario alle Comunicazioni è Catricalà e il presidente della relativa commissione è Matteoli. Il presidente della giunta delle immunità è La Russa. Il presidente della commissione Giustizia sarà Nitto Palma o, se non passa, Ghedini. Il presidente della giunta delle elezioni sarà un leghista. Il tutto, beninteso, coi voti determinanti del Pd. Ora B. vorrebbe anche la Convenzione (“come da accordi”, dice lui), che comunque spetta di diritto al Pdl, visto che il centrosinistra col 29% dei voti ha occupato le prime quattro cariche dello Stato. Ma il Pd si oppone, come se tra B. e qualche suo servo ci fosse qualche differenza. Ragazzi, giù le maschere e via le lingue di Menelik: l’han capito tutti che vi siete messi d’accordo con B. Dategli pure ‘sta Convenzione e non se ne parli più. Dopo la faccia, evitate almeno di perdere tempo.

   Ps. Complimenti all’ex procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. L’altroieri era ai funerali di Agnese Borsellino, ieri a quelli di Giulio Andreotti. Prima il dovere, poi il piacere.

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