19 maggio 2013

Report - Il finanziamento pubblico ai partiti

Dopo la grande abbuffata, tutti a dire: aboliamo il finanziamento pubblico ….
Il finanziamento pubblico verrà dimezzato, ai politici non rimane che ricorrere alla generosità, spesso più che interessata, dei privati. Il meccanismo l'hanno già rodato da anni: è quello delle donazioni e delle Fondazioni, sulle quali si sa poco o nulla, ma grazie alle quali i politici raccolgono e nascondono le tracce delle mani che donano. Eppure il piatto è ricco. Solo di donazioni dichiarate le Fondazioni politiche raccolgono 80 milioni l'anno. Il meccanismo è studiato però per non rendere facilmente accessibili le cifre, i nomi dei donatori e soprattutto i trasferimenti delle proprietà. Ogni politico che conta ne ha una. E con il passare del tempo, crescono le inchieste della magistratura che hanno al centro delle indagini le Fondazioni come strumento per mascherare il passaggio di tangenti.
Il CDM di ieri ha deciso, oltre alla sospensione dell'Imu e sulla CIG, di tagliare il doppio stipendio dei ministri onorevoli. Una mancetta di fronte allo spreco di denaro pubblico di cui già Report (e altre trasmissioni) hanno molte volte parlato.
La Casta, dopo anni di ingrasso coi soldi del finanziamento pubblico, è ora quasi tutta concorde nel tagliare del tutto il finanziamento ai partiti.
Al meno a parole, visto che la rata di questa estate verrà incassata da tutti i partiti, eccetto il M5S.

Ma come mai questo improvviso cambio di rotta sui soldi ai partiti, da parte degli stessi partiti che, dal 2001 se lo sono innalzato e spartito?
L'impressione è che sia una sorta di specchietto per le allodole, per tenere buono il popolino, scandalizzato da yacht, diamanti, cene, resort ..

Ma come verrà sostenuto il costo della politica, delle strutture dei partiti, dell'attività dei loro dirigenti e dei dipendenti?

L'inchiesta di questa sera si intitola "Il transatlantico delle nebbie" di Sabrina Giannini
La grande novità è il M5S che si è finanziato con le donazioni di singoli cittadini tramite (ovviamente) internet. Un sistema che ricalca quello adottato da Obama nelle primarie del 2008 ma che, a differenza di quello americano, casca sulla trasparenza. Ma il M5S è l’unico a rinunciare al finanziamento pubblico che in questa legislatura è stato dimezzato pur rimanendo consistente (156 milioni di euro l’anno). Eppure da più parti si sta invocando l’abolizione totale.
Eppure da più parti si sta invocando l’abolizione totale. Una promessa elettorale che ha già raccolto consenso ma che potrebbe nascondere un’insidia: la raccolta fondi presso donatori occulti. Se da una parte i politici hanno in parte ridotto le entrate pubbliche a causa degli scandali Lusi e Belsito, dall’altra non hanno modificato le norme più elementari che garantirebbero un finanziamento privato trasparente. Infatti le dichiarazioni pubbliche da depositare alla Camera dei deputati vengono aggiornate in ritardo rispetto alle elezioni privando così il cittadino del diritto di conoscere i finanziatori dei politici e dei partiti prima di esprimere una preferenza. Inoltre quell’elenco non è pubblico ma va fatta espressa richiesta alla presidenza della Camera.
La ben nota allergia alla trasparenza dei nostri politici, unica nelle democrazie occidentali, non è causale. Evidentemente non gradiscono rendere note le aziende pubbliche e private che li finanziano e quindi svelare teorici conflitti di interesse. Che poi tanto teorici non sono. Ammontano mediamente a 60 milioni l’anno le donazioni “ufficiali”, anche se fino alla passata legislatura l’obbligo di dichiarare la donazione a un partito esisteva soltanto al di sopra dei 50 mila euro (25 mila quella diretta al politico). Accanto a questo ci sono 40 fondazioni ricollegabili a importanti esponenti politici che raccolgono almeno 15 milioni l’anno dall’industria privata e dalle partecipate dallo Stato. Che casualmente donano a tutti un po’ di soldi (anche nostri) a quei politici che decidono delle (loro) nomine.
Dunque i partiti, un organo sancito dalla Costituzione, di cui Amato (il saggio tecnico) doveva decidere come dovevano essere riformati, saranno finanziati da enti privati che magari, per una “svista” del legislatore, rimarranno anche anonimi?
A chi risponderanno allora i partiti e i nominati - eletti? Ai loro elettori, che li finanziano solo con i pochi euro delle primarie (quando e se si faranno)? O coi più lauti sostegni dei fondi nei paradisi fiscali (come per il rottamatore Renzi e i soldi dal finanziere Serra), coi soldi dei Riva, i patron dell'Ilva, quei 98000 euro finiti a Bersani, che poi sarebbe diventato ministro dello sviluppo economico?
C'è una storiella interessante, che Report racconterà stasera: il cavaliere, negli anni prima di Tangentopoli, ha finanziato tutti i partiti della Prima Repubblica. PCI compreso.
Come mai? Cosa si aspettava in cambio?

Oggi, ogni politico di livello, si è fatto la sua fondazione, enti privati che nemmeno sono tenute a pubblicare i loro finanziatori. Se il futuro è quello delle fondazioni, occorrerebbe imporre a queste una maggiore trasparenza, prima che i cittadini abbiamo votato, affinché siano consapevoli del voto espresso.
Se una fondazione prende soldi, per esempio, da un azienda privata nel settore farmaceutico, che succederà quando poi il politico verrà eletto e siederà nella commissione che deve decidere il prezzo dei farmaci?
Ma possiamo anche parlare della lobby delle slot machine (come ha raccontato il servizio de Le iene).
In che cosa verrà trasformata la nostra democrazia?

L'anteprima su Reportime:



Il secondo servizio torna a parlare della capitale, Roma: il servizio “Romanzo capitale” aveva raccontato come, nella capitale, mafia, 'ndrangheta e camorra si sono federate sotto una nuova cupola di cui fanno parte anche ex membri della Banda della Magliana, che fa affari con la pubblica amministrazione.
Tra questi ex, Enrico Nicoletti: il servizio di Paolo Mondani illustrerà come Nicoletti sia legato ad una società che si occupa di vigilanza privata:

"La metronotte" di Paolo Mondani
L'Istituto di vigilanza privata Metronotte Città di Roma gestisce la sicurezza di alcuni degli ospedali più importanti della Capitale: San Camillo, Forlanini, Spallanzani e del 118. Dominus della società è Fabrizio Montali, figlio di Sebastiano, sottosegretario socialista alle Partecipazioni statali negli anni Ottanta, a processo per riciclaggio, corruzione e intestazione fittizia di beni con l'aggravante della mafiosità perchè Montali sarebbe un prestanome dell'ex cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti. Oggi ritroviamo Montali in associazione temporanea d'impresa con la Union Security, società di vigilanza che fa capo al presidente della Lazio Claudio Lotito. Nell'agosto del 2012 Montali e Lo Tito vincono il 60 per cento degli appalti di vigilanza della Regione Lazio allora diretta da Renata Polverini.
Per la rubrica C'è chi dice no: "Eugenia Addorisio" di Giuliano Marrucci
Voleva solo fare quello per cui era pagata, l'ispettrice per la sicurezza sul lavoro della Asl di Foggia. Glielo hanno impedito, e allora Eugenia Addorisio ha denunciato tutti. Cinque anni dopo gli arresti, con il processo in corso, sono tutti di nuovo al loro posto, a parte lei, che è stata mandata in un consultorio a fare l'infermiera.
Un caso che grida vendetta, che meriterebbe tutta l'attenzione della politica, perfino della presidenza della Repubblica per quanto è scandaloso. 
Chi rompe non paga, e chi denuncia paga per tutti. In nome di una pacificazione tra chi ruba e chi si indigna e denuncia che tanto va di moda oggi. Succede all'Asl di Foggia:
ROMA – Denunci quello che ritieni un ladro, un ladro che lavora in un ufficio pubblico e che usa quell’ufficio per estorcere mazzette. Dopo la tua denuncia la magistratura indaga e qualcosa trova che conferma la tua denuncia, infatti spedisce il ladro agli arresti domiciliari. Però fino a sentenza definitiva il ladro resta presunto tale e quindi la legge lo rimette in libertà fino appunto a sentenza definitiva. In libertà di tornare anche al posto di lavoro, nell’ufficio che occupava prima della denuncia. Quello stesso ufficio dove lavori tu che hai sporto denuncia, infatti il ladro presunto ma non immaginario è il tuo capo sul luogo di lavoro. E’ la storia che una email disperata ha raccontato a La Stampa e che il quotidiano torinese ha pubblicato domenica 22 aprile.
Tutto accade alla Asl di Foggia. Qui lavora un’ispettrice, Eugenia Addorisio. E qui lavora anche Antonio Fanelli, direttore dello Spsal, servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro. Nella sanità pugliese lavora anche Nazario Di Stefano, all’ufficio patrimonio della Asl. Ci lavora nonostante abbia precedenti per rapina, furto e altri reati contro il patrimonio. Arrestato a marzo per truffa nell’acquisto di strumentazioni per gli ospedali della Asl una volta rimesso in libertà è tornato al suo posto. E al loro posto sono tornati altri funzionari coinvolti nelle indagini. Indagini su cosa? Lo racconta a La Stampa uno degli investigatori: “A quota 280 ci siamo dovuti fermare, erano tante le aziende coinvolte nel meccanismo”. Quale meccanismo? Un ispettore della Asl contattava i responsabili di aziende e cantieri, diceva loro: preferite un’ispezione oppure pagare? Preferite sborsare una mazzetta da 10mila euro o una multa da 500mila? Le aziende e i cantieri pagavano. Coinvolti nel meccanismo Rocco Bonassina ispettore, già finito in carcere quattro anni fa, l’architetto Felice Fabiano che sistemava le pratiche.
Tutti presunti ladri e truffatori fino a sentenza definitiva. In questo ambiente di lavoro l’ispettrice Eugenia Addorisio tenta di lavorare onestamente ma denuncia che il suo capo, appunto Antonio Fanelli, le ripeteva: “Sta ferma, tanto questi lavoratori lo sanno che devono morire, intervieni solo se c’è il morto”. Cinque anni fa la Addorisio pensa di aver fermato Fanelli e tutto il meccanismo, ha denunciato, la polizia è intervenuta, sui giornali la notizia: “Tangenti per evitare i controlli, tutto è partito dalla denuncia di un’ispettrice alla quale veniva impedito di svolgere il proprio compito. Coinvolto l’ufficio Asl che si occupa di sicurezza sul lavoro”. Cinque anni dopo la email della Addorisio a La Stampa, Fanelli è di nuovo il suo capo in ufficio e i superiori le hanno detto: “Dovete convivere civilmente…”.

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