16 settembre 2013

La ricetta sbagliata dell'austerity

Questa sera si parla dell'austerity, la ricetta mondiale buona per curare le crisi di bilancio dei paesi.
La ricetta per cui dovremmo lavorare tutti di più, con meno salari e meno diritti.

Almeno così ci hanno detto gli economisti, col loro fare dogmatico, e così ripetevano i politici che, dopo anni di spese allegre, si sono convertiti a questa cura.

Eh sì: perché è proprio quello che è successo.
Almeno qua in Italia, la stessa classe dirigente è riuscita a passare quasi indenne, come la salamandra nel fuoco, a diverse ere politiche.
Dagli anni della crescita infelice, in cui aumentava il debito pubblico e la crescita era all'1%. Agli anni della crisi, dove comunque il debito aumentava però la crisi non c'era perché i ristoranti erano pieni, e comunque la situazione del paese era solida. Solide le banche, le aziende, il patrimonio degli italiani. Questo ci ripetevano i nostri politici, con tanto di esperti e giornalisti (sempre esperti) a corredo: quelli cioè che credono ancora che la crisi si è abbattuta in Italia, dal 2008, per colpe esterne. È una crisi internazionale, ripetevano. Colpa della globalizzazione, dei paesi emergenti.

Questa crisi, prima negata, è diventata poi una guerra: quella dello spread dell'estate del 2011. Quella con le due manovre, con le promesse dei tagli della spesa pubblica e dei costi della politica. Perché anche questo è successo: nel 2007, quando uscì il libro La Casta dei giornalisti Stella e Rizzo, fu accolto con le parole di demagogia e antipolitica. Oggi, le stesse persone che prima battezzavano con antipolitico chi chiedeva un controllo della spesa (su auto blu, voli di stato, spese per le due Camere, spese per i rimborsi elettorali) si sono in larga parte convertiti alla ricetta dell'austerity.
Perché nel 2011 sono arrivati anche in Italia i tecnici. Dopo la Grecia, il Portogallo e la Spagna, anche noi eravamo finiti tra i cattivi che dovevano fare i compiti a casa (in realtà la procedura di infrazione risale al 2009, ma i ristoranti erano pieni ...).

Con i tecnici siamo riusciti allora a ribaltare il paese come un calzino per risolvere i suoi mali? Corruzione, evasione, spesa pubblica fuori controllo, una classe dirigente vecchia, un po' maschilista e incompetente?

Nemmeno queste. Monti era partiti con tante promesse, tra cui quella di equità, ma alla fine ha usato la crisi e l'austerity per far pagare il conto della crisi alle fasce più deboli.
Non è l'IMU, ovviamente (introdotta tra l'altro dal federalismo della Lega di Bossi).

Ma le due riforme su lavoro e pensioni.
I soldi e le garanzie per salvare le banche (ma soprattutto i banchieri) a spese dello Stato.
Contro l'evasione è stata varata una buona norma che limita l'uso del contante a 1000 euro (anche per le pensioni), ma contro i grandi evasori non c'è stata una vera azione incisiva: i blitz a Cortina come nelle altre località dei vip, sono serviti solo per un effetto mediatico.
La legge Severino contro la corruzione è stata troppo blanda, fu varata sull'onda degli scandali della regione Lazio e del tesoriere della Margherita, e comunque già oggi le stesse persone che l'hanno voluta la stanno disconoscendo (sempre per salvare quello dei ristoranti pieni).

Dovevano tagliare le province e non ci sono riusciti. Dovevano tagliare le pensioni d'oro, i rimborsi elettorali, i vitalizi, i cumuli. Avevano promesse che le nomine sulle poltrone d'oro delle aziende pubbliche sarebbero state fatte solo dopo aver consultato i cv.
Nemmeno il tariffario unico per le spese mediche: una siringa continuerà a costare in modo diverso da regione a regione.

Ma nel frattempo sono state stati tagliati ospedali, il fondo per i malati terminali, i trasferimenti per le regioni e i comuni. Regioni e comuni cosa fanno: stretti da una parte dal patto di stabilità (che poi è l'austerity imposta da Tremonti nel 2008) dall'altra dal bilancio, hanno dovuto aumentare le tasse (come le addizionali Irpef) e i costi dei servizi erogati.

Questo governo, politico e non tecnico, ha promesso di cambiare pagina, basta austerità fine a se stessa. Dunque investimenti pubblici per rilanciare i consumi, nell'ambito della messa in sicurezza del territorio, ristrutturare scuole ed edifici pubblici, tram e bus elettrici nelle città, pannelli solari sopra municipi, prefetture, ..?

Chi lo sa.
Questo esecutivo ha promesso tante cose, ma i soldi veri sono finiti alla cassa integrazione (5 miliardi di ore in cassa integrazione, e non è una buona notizia, così il crollo dell'occupazione giovanile ora al 60%), gli incentivi per le ristrutturazioni in casa. Il resto servirà a coprire il mancato pagamento dell'IMU, per evitare il rialzo dell'IVA, e per le altre spese che si sono cumulate.

Bruxelles ci ha tolto dalla procedura di infrazione, ma non ci ha dato alcuna flessibilità in merito al rispetto dei parametri europei sul debito: il rapporto deficit pil deve rimanere sotto al 3% (mentre ora si stima sia al 3,4% ma Saccomanni ha garantito che si risolve con piccole manovre interne). Ma dovremmo anche iniziare ad invertire la rotta anche su debito (2072 miliardi, più del 130% del PIL) e disoccupazione (si sono persi 1 milione di posti di lavoro per i giovani).
L 'esecutivo dovrà presentare il documento economico finanziario dove si stimerà il calo del PIL da -1,3 a -1,7, ma il 15 ottobre dovrà presentare la bozza della legge di stabilità in Europa.
E lì vorranno vedere numeri veri.
Se non crederanno alle nostre promesse si arriverà ad una nuova procedura di infrazione: Letta spera che, calando lo spread, potremmo pagare meno interessi sul debito. Soldi che farebbero comodo per Imu e Iva. Ecco perché è così importante che i mercati credano in noi.
La famosa stabilità politica.

Ma questo lo sa anche il PDL, il partito presieduto da un condannato per frode fiscale, che nei prossimi mesi porterà avanti i suoi ricatti, dentro o fuori il governo.
Se lo spread dovesse salire, sarebbe un vero problema.

E pensare che fino a ieri c'erano i salvatori della patria.
Quello che “ghe pensi mi”, ma che alla fine abbiamo scoperto che pensava solo alle sue aziende e alle sue cene eleganti.
E l'altro, il tecnico, che deve andare in Europa per sentirsi dare dei ringraziamenti. In Italia la sua ricetta col loden, è stata poco apprezzata.
Come del resto, è stata poco apprezzata anche in Europa: ne parla l'inchiesta di Presa diretta di questa sera, “Basta con l'austesity”, di di Riccardo Iacona e Lisa Iotti



Nel 2011, quando è cominciata la cura Monti, il debito pubblico era il 120,8 per cento del PIL  e c'erano  due milioni e 108mila disoccupati. Alla fine di quest’anno il debito pubblico e’ schizzato al 131,4 per cento del PIL e i disoccupati sono 3 milioni e passa.

Basterebbero già questi due numeri per certificare che  le politiche di Austerity che  sono state imposte all’Italia dall’Europa  sono fallite.

In uno straordinario viaggio che dalla Sicilia, passando per il Nordest ci porta in  Portogallo e Francia, PRESADIRETTA racconta il prezzo altissimo che gli europei stanno pagando alle restrizioni di bilancio volute  Fondo Monetario Internazionale, Bce e Unione Europea.

Con “BASTA CON L’AUSTERITY” vi facciamo vedere che a pagare i tagli sono dappertutto i ceti più deboli,  i giovani, i precari, le donne, gli anziani. In uno struggente racconto,  mai visto ancora in televisione, PRESADIRETTA segue le storie dei tanti nuovi emigranti italiani che sono arrivati in Germania per trovare lavoro. Torniamo nel Nord Est  e vi raccontiamo la terribile e drammatica catena dei fallimenti , che si sta portando via il meglio della manifattura del nostro Paese.

“BASTA CON L’AUSTERITY” entra nel Portogallo in rivolta, milioni di donne e uomini scendono nelle piazze di un Paese che per aver seguito la ricetta imposta dalla Troika si trova letteralmente alla fame. Mentre in Francia e un po' dappertutto cresce un forte sentimento antitedesco e antieuropeo.

A PRESADIRETTA, per la prima volta e senza censure e tabù, gli imprenditori e gli economisti mettono in discussione la moneta unica, l’Euro, così come è stata concepita e lanciano l'allarme sul futuro di questa Europa.



In Germania, alle elezioni regionali in Baviera, ha vinto nuovamente il partito della Merkel. Che succederà ora in Europa se dovesse rivincere anche alle elezioni nazionali?

Dalla pagina FB di Presa diretta, alcuni stralci delle interviste che andranno in onda questa sera:

Intervistato da Presadiretta, nella puntata dal titolo “Basta con l’austerity” in onda lunedi’ 16 alle ore 21.05, Massimo Colomban, fondatore di Confapri, un’associazione di imprenditori cui fanno capo un milione di imprese, attacca la politica economica del governo e dell’unione europea con queste parole 
"E’ gravissimo quello che sta succedendo . La Germania sta spudoratamete vincendo la terza guerra mondiale con la finanza. La GermAnia paga dieci volte meno in percentuale per avere l’euro. Noi dobbiamo svalutare di un 30 40 per cento, sarà ineluttabile se vogliamo salvarci, per uscire dalla crisi noi dobbiamo stampare moneta"   
Piero Orlando Roccato il direttore di Apindustria padova, l’associazione delle piccole imprese lancia l’allarme euro con queste parole 
"Non ci possiamo permettere questo euro così forte, perchè noi abbiamo parificato solo la nostra moneta, ma non il costo del lavoro ,la produttività, il bilancio dello Stato . Io voglio stare in Europa, ma da vivo, non da morto"

Hans Olaf Henkel, economista, ex capo della confindustria tedesca e l’ideologo del nuovo partito tedesco “alternativa per la Germania” chiede che il suo paese esca dall’euro, con queste parole 
“L’Euro e’ troppo forte per gli italiani, per i greci, per gli spagnoli, per i francesi ed e’ troppo debole per i tedeschi, per gli olandesi, per gli austriaci e per i finlandesi. E proprio per il benessere del Sud Europa, in segno di solidarieta’ con il Sud Europa, la Germania dovrebbe subito mettersi d’accordo con gli altri Paesi forti dell’Europa per uscire dall’Euro e far nascere una valuta piu’ forte." 


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