25 marzo 2014

Presa diretta: Matteo Messina Denaro

Chi è Matteo Messina Denaro? Che reti proteggono la sua latitanza? Come si è salvato dalla cattura in questi 21 anni?
Il servizio di Presa diretta ha cercato di dare una risposta a queste domande. M.M.D . è l'ultimo dei grandi capi mafiosi ancora liberi. Sulle sue tracce ci sono lo Sco, il Ros e i servizi. Attorno a lui gli inquirenti stanno facendo terra bruciata: a dicembre un'operazione congiunta polizia e carabinieri ha portato all'arresto della sorella PAtrizia e di altre 30 persone del clan.
Era la sorella che curava i rapporti tra il boss e gli altri membri del clan, gli aspetti economici della latitanza.
Il procuratore T. Principato ha spiegato al giornalista come questa libertà sia garantita dall'enorme ricchezza di MMD: una persona che gode il consenso della mafia.

Il tesoro di MMD.
La latitanza dorata è garantita dalle ricchezze economiche del clan: Forbes lo indica tra i 10 latitanti più ricchi. Nel trapanese buona parte delle attività sono riconducibili a suoi prestanome cui le forze dell'ordine sequestrano beni.
I supermercati Despar, il centro commerciale di Belicitta', il villaggio Valtur di Favignana, i lavori per il porto di Trapani per la Luis Vitton Cup.
La mafia gestisce un pezzo di economia, da posti di lavoro, controlla gli appalti pubblici grazie alle amicizie giuste con la politica e i professionisti. Non diceva forse quel ministro, che con la mafia bisogna convivere?
I 40 parchi eolici costruiti dal signore del vento Vito Nicastri sono un altro esempio di business riconducibile alla mafia.
Le concessioni delle pale sono state arrivate anche grazie ai buoni rapporti coi politici regionali. Come Savona, ora sostenitore di Crocetta, che nega ogni rapporto (sebbene le sentenze di sequestro dei beni siano molto chiare).   
Come si è salvato dalle catture MMD?
Le storie di MMD e di Provenzano si assomigliano: per entrambi si sono raccolte storie di denunce di carabinieri poi bloccate dai superiori. Talpe che hanno bloccato le indagini, fino ad arrovare all'incredibile vicenda del mancato coordinamento dei magistrati per la cattura del boss Sutera.
La trattativa Stato mafia
MMD ha avuto un ruolo di primo piano anche nelle stragi del 1992 93 e nella seguente trattativa: quella che ancora oggi mette in imbarazzo pezzi dello stato.

La trattativa c'è stata: lo dice Mori nella deposizione davanti ai giudici del 1998 quando parla dell'incontro con Ciancimino ("ma con queste persone non si può parlare?"). È scritta nella sentenza dei giudici fiorentini contro il boss Tagliavia. L'avvocato di parte civile delle vittime delle stragi parla addirittura di responsabilità morale di Mori. Aver aperto alla trattativa ha dato a cosa nostra l'idea che la strada delle bombe fosse quella giusta.
Giovanna Maria Chelli (rappresentante vittime della strage di via dei Grogofili a Firenze) si chiedeva se la latitanza di MMD sia ancora utile allo stato, che ancora pensa di usarne i servizi.
Di trattativa parlano anche due rapporti di Sco e Dia del 1993 dove si mette nero su bianco che la revoca del 41 bis sarebbe considerata dalla mafia un arretramento.
Questo era l'obiettivo delle bombe.

L'alleggerimento del 41 bis (poi ottenuto grazie alla revoca del provvedimento a più di trecento mafiosi e la chiusura delle aupercarceri).
Il pm Alfonso Sabella ha poi ricordato un episodio del passato che rafforza l'ipotesi del ricatto allo stato: i festeggiamenti all'Ucciardone dopo la strage di via D'Amelio (come se i boss sapessero);ma a Presa diretta ha anche ricordato il tentativo di far passare il provvedimento di dissociazione per i mafiosi, citando anche una lettera scritta dall'allora ministro Fassino e firmata da Loris D'Ambrosio. La lettera chiedeva a Caselli e a Sabella (allora al Dap) di permettere un incontro tra i boss in carcere.


Sabella ha anche ricordato del suo siluramento dopo la denuncia dei movimenti dei capi mafiosi tra le carceri per concordare la dissociazione e la sua sostituzione con il magistrato di Caltanissetta Tinebra.

E infine il protocollo fantasma: ne ha parlato anche l'eurodeputata Sonia Alfano.
Si tratterebbe dell'accordo Sisde e Dap, per far accedere persone dei servizi nelle carceri per monitorare il comportamento di certi boss mafiosi. Come Provenzano o Riina.
Ancora oggi, una parte dello stato ha paura dei ricatti della mafia: sono gli stessi che stanno osteggiando in tutti i modi il processo alla trattativa a Palermo.
Che non ricordano. Che tirano in ballo la ragione di stato.
Uno stato che ha trattato con i peggiori criminali, gente che non ha esitato ad uccidere anche donne e bambini.

Finché sarà questo l'atteggiamento delle istituzioni, una lotta alla mafia solo di facciata, cosa nostra potrà stare tranquilla.

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