08 dicembre 2014

Report – startup stories (come funziona il crowdfunding)

Nuovi bisogni creano nuovi mercati e il mondo inizia a ridisegnarsi”: e in che modo si creano i nuovi mercati? Mettendo in contatto chi ha buone idee, veramente innovative, con coloro che possono finanziarla questa idea, perché interessati al suo acquisto.
È questo il crowdfunding, una delle rivoluzioni più significative di questi tempi: un cambio di visione, che taglia fuori il mondo finanziario dei grandi fondi di investimento, dove poche persone possono decidere del destino di democrazie democraticamente elette.
Con questo sistema metti in rete la tua idea, la fai conoscere e cerchi gli sponsor da una vasta platea che, se interessata, compra delle quote e ti finanzia per la ricerca e la produzione.
Nuove startup crescono, si creano nuovi posti di lavoro che, a loro volta, attirano anche altri investimenti internazionali.
Con questa rivoluzione si possono produrre pannelli solari da innestare nelle strade americane: oggi questa idea è diventata realtà grazie al finanziamento di 2 ml di dollari raccolti.
Ed è una rivoluzione perché punta sul capitale umano, sulla ricerca, non sullo sfruttamento delle persone o sul livellamento al ribasso degli stipendi di chi lavora.

Come funziona il sistema del crowdfunding?
Michele Buono è andato a San Francisco: qui siamo in boom economico, i datori di lavori fanno fatica a trovare impiegati.
Il boom attira capitali, crea lavoro e un aumento degli stipendi : tutto questo per effetto della crescita dell'Hi-tech, ogni posto di lavoro creato ne crea cinque nel reparto di servizi.
A Fremont, in California si producono auto elettrice per la Tesla, con robot che possono essere programmati. E quando si dovranno produrre altri beni sarà sufficiente riprogrammare i robot. La produzione è stata possibile grazie al prestito statale che è stato poi restituito. L'idea innovativa è che le persone devono fare cose più produttive che stare alla catena: qui il valore aggiunto è la programmazione dei robot.

Adriano Farano viene da da Cava dei Tirreni, ed è il fondatore di Watchup: la sua idea è stata quella di mischiare televisione e carta stampata e l'utente può farsi il suo telegiornale. Da ricercatore a Stanford è diventato investitore nella Silicon Valley, dove ci sono investitori che credono nelle start up: Farano ha preso 500000 dollari in un primo finanziamento e 1 ml dopo.
E ora anche Washington Post e CBS hanno fiutato l'affare.
Oggi la crescita economica si concentra attorno alle competenze tecnologiche, non più attorno alle risorse economiche come ad inizio secolo. Grazie al crowdfunding si è abbattuto un muro tra prodotto e consumatore: i consumatori sono interessati alla produzione dei beni di cui sentono di avere bisogno.
Chi ha una buona idea, come il Misfit Shine (un disco) può realizzarla pur non avendo il capitale iniziale.
Anche Obama ha fatto così, in fondo: ha raccolto i fondi per la sua campagna, vendendosi in rete.
E Obama oggi ha fatto una legge sul crowdfunding: con questa si permette lo sviluppo di nuove idee senza spesa pubblica.

Qual'è la situazione in Italia? Da noi il crowdfunding non si insegna alle università, ma abbiamo una legge che regolamenta il meccanismo.
Perché anche noi abbiamo tante idee innovative che si potrebbero finanziare in questa maniera.
Come il Cantiere Savona: hanno costruito una nave a batteria solare, con finanziamenti presi dalla rete e oggi lo startup di un cantiere navale coinvolge un centinaia di persone.

Purtroppo le nostre procedure sono ferraginose: vincolano i soldi che si possono investire (solo 500 euro per persone fisiche) e costringono a passare per un investitore professionale, ovvero le banche, che possono decidere che l'investimento sia rischioso e bloccarlo.
Come al solito, la scelta italiana va nella direzione sbagliata.
In America con la legge Obama le aziende hanno raccolto quote per 500000 dollari, in Italia si sono fatti solo 3 progetti, perché l'autorità di controllo, ovvero Vegas ha messo troppi paletti.
Un altro ostacolo l'ha messo Passera: solo le azioni di società tecnologiche possono essere vendute su internet. Per le altre aziende no.
E per questo è tutto bloccato.

Eppure le idee ci sono: Jacopo 13 anni, ha ideato un lucchetto digitale, finanziato grazie al crowdfunding: lo lock-RS. Serve per condividere informazioni tra amici: foto, chat.
A San Donato Milanese troviamo la Fabtotum: tre ragazzi del Politecnico costruiscono un prototipo di una macchina che stampa in 3 dimensioni. Una specie di factotum, che usa plastiche o metalli leggeri.
Da una scansione e si ottiene una stampata del prodotto in materiale fisico.
I soldi per la produzione non sono arrivate dalle banche, ma da Indiegogo. Sono arrivati 586mila dollari e ora la produzione è partita, per 58 paesi, con un fatturato da 1,5 ml di euro.

Servirebbe la rete in fibra per collegare le aziende come queste e farle lavorare in modo interconnesso: ma qui manca il sistema, che crei una culla per la partenza di queste startup.
Andrea Rangone, prof del Politecnico: “siamo un paese burocratizzato”, manca la cultura digitale, siamo dei primitivi in ambito digitale.
E non è un problema di soldi: i fondi strutturarli europei ammontano a 40 miliardi, ma bisogna avere una strategia vera, non basta dire agenzia digitale.
Le regioni non hanno giocato la partita, per ottenere i fondi con cui finanziare questi progetti, per incubare le startup. Abbiamo perso una partita nel settore dello sviluppo.
E i nostri ingegneri, i nostri laureati se ne vanno all'estero dove trovano condizioni migliori, come in Germania.
Luca Talarico è un ingegnere calabrese emigrato a Berlino: si è inventato un sito di crowdfunding per aziende italiane.
Lo stato federale di Berlino sta aiutando queste aziende, altamente tecnologiche, per togliere di mezzo ogni forma inutile di burocrazia.
Qui è facile parlare con un avvocato o un commercialista: digitaly è la fondazione che unisce queste imprese italiane.
Lo stato ha messo 100 ml di euro come fondo a disposizione per queste aziende: una leva per stimolare investitori privati: perché il ruolo pubblico in questo genere di investimenti, è importante.
E i grandi big dell'informatica (ma non solo) sono arrivati, ad investire: parliamo di Microsoft e di Klockner, che produce acciaio.
Lo stato ci mette del suo, i laureati ci mettono le idee, nascono le startup e nascono altre aziende che facilitano il coworking, ovvero si creano sedi di lavoro da offrire per queste aziende in fase di crescita e che non hanno soldi per affittare uffici.
Si creano così, in Germania 40000 imprese hi tech in un anno.

Anche in Italia succedono queste cose: il coworking attira bar e ristoranti per la gente che deve mangiare. Si affittano scrivanie, spazi, server. Ma tutto è in mano ai provati, è una spinta dal basso. Lo stato, le regioni, il governo, non stanno facendo molto.

Dal basso nascono iniziative come quello della casa editrice di Scampia: grazie alla rete i ragazzi hanno potuto pubblicare i libri di questa piccola casa editrice, la Marotta e Cafiero editore.
Il sito di crowdfunding è stato realizzato a Milano: i ragazzi di Scampia e quelli di Milano hanno parlato su internet.

A Parma altri ragazzi hanno progettato auto che si guidano da sole, leggono i cartelli, rispettano gli stop. L'automobile ha 20 telecamere e il sw acquisisce le informazioni e le trasforma in comandi di guida. È il progetto Vislab nato nell'università a Parma.
Ma il laboratorio non ha i vantaggi fiscali (che esistono all'estero) per assumere altro personale e poter così brevettare e produrre i loro progetti. Succede così che molti di questi brevetti devono essere venduti, facendo la fortuna di aziende straniere.
A Torino il Politecnico ha realizzato I3p, l'incubatore per mettere vicino aziende e ricerca, per facilitare la ricerca del lavoro e la ricerca. Uno dei progetti è l'assistenza remota per smartphone.

Se tutte le università incubassero idee per nuove imprese, sarebbe un vero jobs act.
Ma cosa le tiene lontane dalle aziende? È un pregiudizio culturale dei nostri atenei, che sfornano professionisti che poi se ne devono andare all'estero?

Il modello cileno: il governo cileno attira le migliori menti del mondo, con le idee migliori, attraverso un bando per progetti hi-tech. Le migliori startup vengono accolte e finanziate: qui la gente arriva da tutto il mondo, per sei mesi. E può lavorare con soldi a fondo perduto dal governo. L'unico obbligo è che devono fare degli incontri, per fare da promotori al progetto Startup-Chile. Nonostante le miniere, il governo ha deciso di puntare sul capitale umano, sull'economia della conoscenza, per fare concorrenza alla Silicon Valley.
C'è un progetto per controllare le macchine col poyere della mente.

Start up Chile serve al paese per un discorso di immagine, per contaminazione con le imprese cilene, perché attira investitori stranieri.
Qui trovi italiani come Paolo Privitera: è stato segnalato da start up Chile ad un grosso fondo di investimento e ora la sua società, Pickone ,vale 12 ml di dollari, con sede a San Francisco.
I laureati italiani porteranno i frutti della loro istruzione all'estero.

L'economia della conoscenza trova spazio anche nelle nostre scuole elementari, al sud, a Scampia: qui insegnano che la matematica è solo un'attitudine mentale.
Si lavora sull'autostima dei bambini, che non si devono rassegnare al grigiore dei palazzoni simbolo del degrado.

I docenti del Virgilio 4 di Scampia fanno un lavoro straordinario, non considerato né incentivato dal ministero.
Investire sui ragazzini è un investimento nel futuro, questo dovrebbe fare la politica.
Ma siamo un paese che usa poco internet (54%), spendiamo poco in ricerca e sviluppo, siamo in fondo ai paesi industrializzati, spendiamo poco per l'istruzione (dopo di noi la Grecia e la Bulgaria). Purtroppo l'Italia umilia i giovani.
Il jobs act dovrebbe occuparsi di questo, perché è così che si creano posti di lavoro: dando opportunità alle persone che hanno idee brillanti, togliendo la burocrazia di mezzo, creare degli incubatori che accolgano le startup nella fase iniziale, garantendo fondi, strutture e accesso alla rete.
MILENA GABANELLI IN STUDIOE poi ti prendiamo a fare lo stage da noi. Allora è quasi banale dire che nelle zonedisagiate i ragazzini li devi andare a prendere uno per uno per portarli a scuola, equando crescono poi sono ben altri i circuiti che li reclutano, per questo investire su di loro è ricchezza per tutti. La politica serve a questo. Anche perché poi ci confrontiamo con gli altri. Allora, come siamo messi nella media europea sull’utilizzo di internet, per esempio? Siamo abbastanza in fondo. La percentuale... quartultimi siamo. La percentuale di utilizzo di internet nel 2013 della popolazione italiana è stata del 54,8%, con una media europea del 70%. Adesso, lo sanno anche i muri che peraumentare i livelli di produttività, di occupazione, di benessere sociale, bisognainvestire in ricerca e sviluppo. Bene, qual è il nostro rapporto spesa per ricerca ,sviluppo , PIL? In Europa ci piazziamo abbastanza in fondo, siamo in fondo a tutti glialtri paesi industrializzati d’Europa. Però, anche la spesa per l’istruzione non ci piazzain un bel posto. Siamo quintultimi. Dietro di noi soltanto la Grecia, la Romania, laSlovacchia e la Bulgaria. L’ultimo rapporto Censis dice: “L’Italia umilia i giovani”.Ora, se noi non la consideriamo una priorità, non è a caso, visto che le decisioni leprendono gli uomini, quelli che hanno avuto il privilegio di essere stati scelti perguidare i nostri destini. Appunto, come vengono scelti? E qui entriamo in un altro film, con il nostro Giorgio Mottola.



Il sito di report dove rivedere la puntata e il pdf con la trascrizione dell'inchiesta.

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