16 marzo 2015

Grandi opere, grandi tangenti

Si intravvede la luce in tunnel: lo dicono gli economisti, finanzieri, banchieri, grandi imprenditori al forum Ambrosetti: questa volta i numeri confortano questa tesi.
Lo spread che cale per il QE di Draghi, la svalutazione dell'euro che rilancia l'export, il calo del petrolio.
Qualche segnale positivo dalle assunzioni:+76000 richieste di assunzione, ma più per gli sgravi fiscali che per altro.
"Ora finalmente siamo un Paese credibile", sostiene convinta Debora Serracchiani, membro della segreteria PD.
Tutto volge al meglio, si vede perfino la luce in fondo al tunnel per i lavori di Expo .. a meno che non siano i cartonati per la scenografia.

E poi, la cruda realtà. Arrestato il dirigente Ercole Incalza del ministero delle infrastrutture, quello presieduto dal ministro ciellino Lupi.
Che sfiga però.
Ora che le cose si mettevano per il meglio.
Dalle intercettazioni (queste maledette intercettazioni!) viene fuori un quadretto niente male, tra Lupi e il signore delle grandi opere
Il ministro Lupi è coinvolto anche per un’altra circostanza. Anzi, un’intercettazione del 16 dicembre 2014 in cui, al telefono con Incalza (il dirigente del ministero tra i principali indagati, ndr) scandisce: “…su questa roba ci sarò io e ti garantisco che se viene abolita la Struttura Tecnica di Missione non c’è più il governo!”. Secondo gli inquirenti la conversazione “ben rappresenta” l’importanza della Struttura tecnica di cui era a capo Incalza. “Il ministro Lupi – si legge nell’ordinanza – a fronte della proposta di soppressione” della Struttura di Missione “o di passaggio della stessa sotto la direzione della presidenza del Consiglio arriva a minacciare una crisi di governo”.
E poi i soliti regalini:
" ..i regali degli arrestati alla famiglia Lupi. Un vestito sartoriale per Lupi e un Rolex da 10mila euro al figlio, in occasione della laurea. A regalare il vestito al ministro sarebbe stato Franco Cavallo, uno dei quattro arrestati oggi che secondo gli inquirenti aveva uno “stretto legame” con Lupi tanto da dare “favori al ministro e ai suoi familiari” ".
Uno pensa male, allora: pensa che la legge contro la corruzione sia bloccata in parlamento e al governo per (o grazie) a ministri che si oppongono al cambiamento.
Oltra alle pressioni che arrivano dagli industriali e dal patto del nazareno.
Che non basta dire di aver fatto le riforme per cambiare, per essere credibili.

C'è un bell'editoriale, di Gian Antonio Stella, sui devoti alla dea tangente: consiglio la lettura.
Stasera fischieranno le orecchie a qualcuno a Palazzo chigi. Dove lavora quel tale che una volta chiedeva la testa di Alfano e della Cancellieri.
Cadono le braccia a vedere i travagli del governo, della maggioranza, delle Camere, nel portare finalmente in porto la legge anti-corruzione. Mille volte promessa, mille volte rinviata. Mese dopo mese. Settimana dopo settimana. Un tormentone. Che vede improvvisi scoppi di frenesia («subito in Aula!») a ogni ondata di arresti per l’Expo, il Mose, la mafia alla vaccinara... E nuove pennichelle parlamentari appena ogni scandalo va in ammollo. Ammollo che ha finito per scandalizzare anche il presidente del Senato Pietro Grasso, nonostante ben conosca tempi, riti e liturgie.
Eppure la guerra ai «devoti della dea tangente» che «portano a casa pane sporco», per dirla con papa Francesco, non è (solo) un problema etico. Lo ha recentemente ripetuto l’ambasciatore a Roma John Phillips: «A causa della lentezza della giustizia civile e della corruzione», il valore degli investimenti diretti degli Stati Uniti da noi «è meno della metà di quelli in Francia e un quarto di quelli in Germania». L’Italia è dietro Belgio, Spagna, Svezia e Norvegia. Nonostante sia la seconda economia manifatturiera europea.
Una bacchettata non nuova. Nella scia della strigliata, anni fa, dell’allora ambasciatore Ronald P. Spogli, che cercò invano di spiegare l’importanza delle regole. Per non dire della denuncia del Censis sul crollo del 58% degli investimenti esteri. E dell’ultimo atto d’accusa del governatore Ignazio Visco sul «deficit di reputazione» che ci sarebbe costato in pochi anni oltre 16 miliardi. Quattro volte l’Imu sulla prima casa. La Banca Mondiale, come ha ricordato il Sole 24 Ore , lo ha detto più volte: una vera guerra alla corruzione «efficacemente aggredita porterebbe a un aumento del reddito superiore al 2,4% con effetti benefici anche sulle imprese che crescerebbero del 3% annuo in più». E Dio sa quanto ci servirebbe. 

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