18 maggio 2015

Report, sotto al velo – di Claudia di Pasquale

Una lunga inchiesta sulla riconoscibilità delle persone: un tema che attraversa la religione, il contrasto alla criminalità, l'internet nascosta, gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste, la sicurezza, la nostra privacy ..

Si parte da Londra, con le Ferrari e le Lamborghini che sfrecciano in centro, con targa scritta in arabo, sono i giovani del Qatar, degli Emirati, che corrono veloci e in modo pericoloso per la sicurezza: la sola targa in arabo sarebbe anche illegale, perché se una di queste ti tampona e scappa, come fai a riconoscerla?

Il problema si presenta anche da noi, visto che siamo in un mondo globalizzato: servirebbero avere dei codici di riconoscimento comuni.
Ma la globalizzazione ha complicato non solo la vita dei vigili, ma anche degli investigatori: quelli che devono intercettare i criminali nigeriani, per esempio, ma anche dai mafiosi che usano ancora i pizzini per comunicare, come faceva Provenzano.

I Pizzini sono usati oggi dalla ndrangheta: sono stati trovati addosso al pentito Cretarola, arrestato a Roma dal vicequestore Cortese. I poliziotti della Mobile hanno ricostruito il codice, risalendo ad un libro mastro della ndrangheta.

Cretarola, Cancelli, e la cooperativa Edera: la coop ha avuto una interdittiva antimafia, dopo mafia capitale. E Cancelli si difende: “io non sono un poliziotto”, non aveva visto la coca e le armi.
Un altro gruppo criminale comunicava con Black Berry criptati, usando un codice di cifratura.

A Prato, in un altra inchiesta a seguito di un rogo in una ditta cinese, gli investigatori si sono imbattuti su un'intercettazione tra gli imprenditori e i parenti delle vittime. La trattativa è portata avanti dallo stesso traduttore della Procura ..
Sempre a Prato, ci sono stati casi di violenza da parte di gang criminali: peccato che le intercettazioni sono difficili da riportare in italiano.
Peggio ancora per intercettazioni in dialetto di Fujian: diverso dal mandarino, non lo sa parlare nemmeno l'interprete della Questura.
C'è del materiale investigativo che rimane così nel cassetto ..

Mancano interpreti di cinesi, di rom (che non si accusano tra parenti), di Hurdu, di Banti: l'Europa ci chiede un registro nazionale di interpreti, che invece non sono nemmeno tutelati e guadagnano 40 euro lordi al giorno: “stiamo lavorando per rafforzare quest'ambito”, dice il ministro.
Ma non siamo rassicurati da questa uscita: come la mettiamo col terrorismo?
In Italia è già difficile tradurre dal dialetto calabrese o siciliano. Serve sapienza investigativa, ore di ascolto, non si può improvvisare.

E c'è il linguaggio nascosto del Web: qui è complicato capire chi sta parlando con chi e come ..

Con TOR si può mascherare l'IP, che identifica il navigatore: si cambia identità (ma non è vero il paragone dei documenti falsi che fa l'esperta Francesca Bosco di Unicri).
Con TOR si può navigare nel deep web: non ti possono trovare, dice l'esperta.

L'anonimato serve anche alla criminalità, ai pedofili, ai trafficanti di droga, tratta di esseri umani: si compra e vende coi bit coin, la moneta virtuale.
Il valore del bit coin è fluttuante: si compra su un sito (www.coinbase.org), ci sono siti di riciclaggio .. il problema non è il mezzo, ma il fine con cui si usa TOR.
I governi dovrebbero collaborare, per cercare di bloccare il criminale quando dal virtuale passa al reale. Alzando il velo.

Il velo che non si può alzare: dopo l'attentato a Parigi, il comune di Varese ha vietato il Burqa, per motivi di sicurezza. Qui c'è una comunità di 3500 musulmanni, ma nessuna donna ha il velo integrale. La mossa del comune è dunque una speculazione politica?

Souheir è la presidente delle donne musulmane: siamo per il viso scoperto, le donne che indossano il niqab sono poche.
Una che invece lo indossa è italiana, che lo usa per scelta. Per non doversi abbellire, quando si esce .. Questa donna non esce, non vuole essere assimilata, non vuole essere nemmeno accettata dagli altri.

In Inghilterra ci sono 1600 moschee ed è facile trovare donne col niqab: al supermercato, in metro. Per le giovani è una forma di ribellione, per marcare una identità.
Lo dice il fratello del fondatore dei fratelli musulmani: il niqab non è una prescrizione religiosa, i salafiti che lo sostengono, ma loro prendono i soldi dei paesi arabi.
È un ostacolo per l'integrazione: lo dice anche un iman ad Oxford, che parla di una maschera che tiene separate le persone.

Shalina indossa il niqab da sei anni: se tolgo il velo mi sento in disagio, perché devo avere questo disagio? E intanto a Londra i ricchi arabi in vacanza si divertono con le loro supercar. Tutti vestiti all'occidentale, mentre le ragazze indossano abiti tradizionali.
Comprati ad Harrods, del Qatar, paese alleato con l'Inghilterra, ma ci sono famiglie private che aiutano l'Isis.
Il Qatar acquista catene di alberghi, residence, palazzi, investe a Londra: ma alcune componenti sono legate al fondamentalismo islamico e finanziano il terrorismo.

Tariq Ramadan spiega alla giornalista che Londra non vieterà mai il velo integrale.
MILENA GABANELLI IN STUDIO Potere del denaro! Allora in Europa il Qatar sta estendendo le sue proprietà e a Milano a comprato un intero quartiere Porta nuova, in Francia il Paris Saint Germain, poi la maison Valentino e sono riusciti anche a prendersi i mondiali di calcio 2022 che si giocheranno in Qatar d’inverno. ... Per le donne del Qatar il velo integrale è anche segno di appartenenza ad una categoria sociale, quella più ricca. Poi ognuno ha i suoi perché. Per la tradizionale tolleranza inglese non è concepibile un divieto. Parlandone con dei colleghi inglesi mi hanno detto “in realtà il tema è sentito, perché sono sempre di più, ma questo è un tema della destra…noi siamo progressisti e non vogliamo rischiare di essere confusi con gli intolleranti”. E’ un po’ drammatico il fatto che non si possa parlare serenamente di un fatto che coinvolge tutti, anche chi lo porta, ed è legato al grande tema dell’integrazione perché è terreno ideologico e di propaganda politica.

Come si comporta il resto dell'Europa col velo?
La legge italiana vieta di girare a volto coperto, a meno che non ci sia il giustificato motivo, come quello religioso.
In Francia il velo integrale è vietato: merito dell'ex sindaco di Venissieux, Andrè Gerin, di sinistra, che ha affrontato il problema tendendo la mano ai musulmani, senza strumentalizzazioni.
Stesso concetto portato avanti dalla filosofa Badinter: mettere il velo rompe il rapporto egualitario tra due persone, io vedo te ma tu non vedi me.
La legge anti velo è stata approvata in Francia nel 2010: è prevista una multa per chi circola senza farsi rinoscere. Ma la legge ha aumentato i casi di conflitto: le proteste sono state cavalcate dai fratelli musulmani, ma anche il governo ci ha messo del suo, che ha tirato in mezzo i valori dell'Islam.

Alla moschea di Lione, i fedeli si dicono favorevoli alla legge.
Chi non accetta il divieto è il signor Nekkaz paga le multe per le fedeli che non rispettano la legge: lui è contrario al velo, ma rispetta il diritto delle donne ad indossarlo.
La donna musulmana deve essere pudica”, dice una di queste. Che è stata mutata una sola volta, mentre a volte viene solo riconosciuta.
La polizia a volte lascia correre..

Belgio: è vietato circolare mascherati, poi vicino al comune di Netternbeek è stata aperta una scuola islamica, dove arrivavano donne col velo.
A Bruxelles si è fatta una legge sul modello di quella francese: fu approvata nel 2011. Anche qui, nessuna donna è stata obbligata a metterlo.
Olanda: qui non c'è voglia di divieti, se uno non vuole essere identificato, va rispettata la scelta.

La Corte di Strasburgo ha respito un ricorso contro la legge francese e stabilito che il velo integrale va vietato, perché è una pratica che arreca danno ai cittadini
KOEN LEMMENS – UNIVERSITÀ DI LEUVEN Io penso che il fatto di essere riconoscibile permette che cosa? Permette un controllo sociale. Tutto il processo di civilizzazione è questo: io mi comporto più o meno per bene in piazza perché mi possono riconoscere. E per me, ancora una volta, penso che in sottofondo c'è la discussione su che tipo di società vogliamo essere. 
MILENA GABANELLI IN STUDIO E’ una bella domanda”che tipo di società vogliamo essere”. La corte di Strasburgo sui diritti umani è chiara: se i principi fondanti di un Paese prevedono che non sia possibile girare in pubblico a volto coperto, perché devi sempre essere riconoscibile, quel principio va applicato. Siccome l’integrazione è un processo lento, bisogna discuterne con serenità, senza pregiudizi, e poi a seconda del sentire prevalente, valutati i pro e i contro, ogni Paese, se ritiene decide. Restando in tema di riconoscibilità, invece sulle nostre coste centinaia, migliaia di migranti sbarcano a volto scoperto, ma non hanno i documenti, l’unico modo per identificarli, è quello di prendere le impronte digitali. E su questo noi abbiamo un dramma, noi italiani, abbiamo un dramma che si chiama Dublino.

Le impronte di chi sbarca in Italia: i migranti possono essere riconosciuti solo dalle impronte, non avendo documenti addosso.
Una volta sbarcati sono fotografati, perquisiti e portati al centro di accoglienza di Pozzallo. Le immagini sono poi mandate in Europa: quelli che non si vorrebbero far fotografare, sono quelli che vogliono proseguire nel nord dell'Europa.
L'accordo di Dublino dice che lo status di rifugiato lo deve dare il primo paese che accoglie e prende l'identità della persona.
Così molti se ne scappano dai centri, per evitare la fotoscegnalazione.
Ci sono le immagini del servizio de l'Espresso, del cara di Bari: si vede che c'è gente che entra e gente che esce.
Gente che dorme nel campo non avendone diritto, gente che se ne scappa per non essere identificata.
Come i siriani passati per il Cara di Bari: dove sono andati? Un testimone racconta che uno del centro ha detto loro che chi non voleva farsi riconoscere poteva andar via.
Come si fa a parlare di sicurezza quando non si riesce ad identificare migliaia di migranti sbarcati sulle nostre coste?
Il ministro Alfano, su domanda della giornalista, sa del problema. Colpa del regolamento di Dublino, firmato anche da Alfano, che andrebbe cambiato.

L'Europa ha scaricato sull'Italia la polveriera del nordafrica: ora nessuno ha voglia di accollarsi sulle spalle questo tsunami.
E in Italia c'è chi si ingrassa con l'emergenza profughi: gente che attende oltre un anno per avere lo status di rifugiato. Perché tenere i migranti nei Cara sono soldi per le cooperative che li accolgono.
Tempo che non viene impiegato per cercare una identificazione: si contatta l'ambasciata dei paesi di origine solo per le espulsioni.
E allora gli immigrati sono trasferiti nei Cie: come a Trapani dove ci sono solo 48 persone, ma qui lavorano 80 italiani tra operatori e forze dell'ordine, per i controlli.
Per ogni persona la struttura riceve 29 euro, per un totale di 150 ml, spesi per fare l'identificazione di persone che non possiamo identificare.
Che riescono pure a scappare dal centro e non sappiamo dove sono andati. Perché il totale delle persone rimpatriate è stato solo il 18% dal 2011 al 2013.

Ma poi possiamo continuare a prendercela con gli immigrati che ci rubano i soldi e il lavoro ...


Qui il link per rivedere la puntata e il pdf della trascrizione.

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