24 febbraio 2016

Quelli che si riscoprono semiologi

Notoriamente l'Italia è uno dei paese dove si legge di meno in Europa, anche tenendo nel paniere dei libri le barzellette di Totti e i libri della Littizzetto. Figuriamoci allora quanto vengono letti i saggi di filosofia e semiotica. Due argomenti su cui il professor Umberto Eco era competente.
Come al solito noi italiani, che spaziamo nei nostri ragionamenti dal calcio al bail in, abbiamo voluto dire la nostra anche sull'opera di Eco.
Passi per i commentatori da bar.
Ma quelli che si sono riscoperti semiologi di giornata, per usare una battuta (che Eco aveva un buon sense of houmor) non hanno almeno provato un pizzico di vergogna?
Nel 2012 Eco era tra quelli che scesero in campo per difendere la Costituzione dalle mani di Berlusconi.
In tempi non sospetti se l'era presa con la rete e i social media che “danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere: ora hanno diritto di parola di un premio Nobel”.

Sono quelli per cui Mussolini ci ha dato le pensioni, col duce si dormiva con le porte aperte (come nel romanzo di Sciascia, altro intellettuale che sapeva guardare lontano), che quando c'era lui non si rubava..
Oppure la rete dove si annidano le tigri da tastiera: grullini, pdioti, ladri, imbecilli ..
Abbiamo abbassato le tasse, le riforme che rimettono in moto il paese, la Costituzione che sono 70 anno che dovevamo cambiare, il cambio verso.
Gli hashtag, i ragionamenti ridotti a 140 caratteri, con sempre meno termini, semplici come uno spot del Mulino Bianco.

Anni prima aveva intuito che la fortuna della televisione che “aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore”.
Ecco perché la gente seguiva Mike Bongiorno ieri e i reality oggi. Che siano gieffini, chef, aspiranti cantanti.

Mi chiedo se tutti quelli che hanno citato di Eco la sua opera più famosa, Il nome della rosa, sanno che questo libro parla di monaci dentro un monastero spaventati dal sapere, dalla conoscenza e, in particolare, dal riso, dalla burla. Qualcosa che avrebbe tolto allo stolto la paura, lo rendeva più libero, perché il libro di Aristotele quello insegnava :

Il riso libera il villano dalla paura del diavolo, perché nella festa degli stolti anche il diavolo appare povero e stolto, dunque controllabile. Ma questo libro potrebbe insegnare che liberarsi della paura del diavolo è sapienza. Quando ride, mentre il vino gli gorgoglia in gola, il villano si sente padrone, perché ha capovolto i rapporti di signoria: ma questo libro potrebbe insegnare ai dotti gli artifici arguti, e da quel momento illustri, con cui legittimare il capovolgimento. Allora si trasformerebbe in operazione dell’intelletto quello che nel gesto del villano è ancora e fortunatamente operazione del ventre. Che il riso sia proprio dell’uomo è segno del nostro limite di peccatori”.
[..]
Ma la legge si impone attraverso la paura, il cui nome vero è timor di Dio. E da questo libro potrebbe partire la scintilla luciferina che appiccherebbe al mondo intero un nuovo incendio..


Ecco, tutto questo e altro ancora era e sarà ancora Eco.  

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