30 aprile 2016

Il comunista e il generale – in ricordo di Pio La Torre

Una Smith&Wesson per il comunista Pio La TorreA 55 anni, Pio La Torre fa rapidamente le pratiche per ottenere il porto d'armi per sé e per il suo amico e autista Rosario di Salvo. Compra due pistole Smith&Wesson; i due non sanno come usarle, ma pensano siano un deterrente.Nato nel 1927 in una frazione miserabile di Palermo, Altarello di Baida, La Torre è stato mandato a lavorare nei campi fin da bambino, ha diviso la stanza con una folla di fratelli e una capra, ha conosciuto la luce elettrica solo da ragazzo e la scuola solo per insistente di sua madre.Dal 1945 è iscritto al partito comunista, organizzatore di braccianti, detenuto al carcere dell'Ucciardone per diciassette mesi per occupazione di terre, consigliere comunale a Palermo, deputato nazionale, membro della Commissione antimafia, segretario regionale del PCI siciliano.Sa che cosa è la mafia, perché la vede da quando è bambino , conosce a memoria i nomi di decine di sindacalisti e attivisti ammazzati. Non è un banchiere, ma sa come circolano i soldi e conosce tutti gli appalti che hanno cementificato la città di Palermo. Non è un sociologo, ma sa quanto si guadagna con la droga e la strada che prendono i soldi verso Milano e verso New York. Non è un politologo, ma è rimasto allibito quando è stato stabilito che nella città di Comiso, in provincia di Ragusa, verrà costruita una grande base americana, dotata di missili nucleari per contrastare quelli dell'Unione Sovietica. Ha spiegato al suo partito che sarà la mafia a gestirlo, ma quando parla di queste cose nelle riunioni a Botteghe Oscure non sente il calore della lotta e dell'impegno; e anche a Palermo nel suo partito lo giudicano un uomo all'antica, un romantico. E anche un po' un disturbatore.Nel 1980 ha presentato una proposta di legge tanto semplice quanto rivoluzionaria: la mafia va considerata «associazione a delinquere» e i beni mafiosi vanno confiscati. Tutto il resto non è più lungo di una paginetta, ma non ha trovato nessuno nel suo partito che mettesse la firma accanto alla sua. Gli unici che sono stati vicini sono stati un giornalista, Alfonso Madeo, e due giovani sostituti procuratori di Palermo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La sua legge è finita in un cassetto. Allora ha scritto una lettera al presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, in cui gli ha spiegato come stanno le cose – in breve: l'Italia sta per essere divorata dalla mafia – e Spadolini lo ha cortesemente ricevuto e ascoltato stupito; ha garantito che farà avanzare l'iter della sua legge. Poi Pio La Torre è tornato a Palermo e ha organizzato una manifestazione di centomila persone a Comiso – la più estrema delle periferie – in cui, il 4 aprile, hanno sfilato comunisti, pacifisti, monaci buddisti, ragazze inglesi molto determinate. Ovvero, la solita schiuma della terra cge si oppone al corso della storia.Però adesso Pio La Torre ha una Smith&Wesson. Anche se non sa dove metterla. 
Salvatore Riina, il mitragliatore ThompsonSalvatore Riina ha appena tre anni in meno di Pio La Torre, è nato a Corleone che sta a sessanta chilometri da Altarello di Baida. Poverissimo anche lui, quando aveva 13 anni e insieme al suo padre e un fratello stavano maneggiando una bomba americana inesplosa per vendere la polvere da sparo, è rimasto l'unico sopravvissuto. Questo nuovo segretario regionale del Partito Comunista se lo ricorda quando era ragazzo, è già disturbava, a Corleone, con i suoi discorsi. Che cosa combinato nella vita?Niente, tanto è vero che la sua legge non la vuole firmare nessuno. A 52 anni Salvatore Riina è invece un capitalista miliardario, con un piccolo esercito di killer che farebbe invidia a chiunque.I suoi killer ammazzano Pio La Torre la mattina del 30 aprile nel quartiere Zisa di Palermo, con fucili mitragliatori americani Thompson, pistole Colt 45, colpi di grazia. Le due Smith&Wesson appena comprate dai comunisti non hanno fatto in tempo a materializzarsi.Ai funerali, il segretario del PCI Enrico Berlinguer dice che Rosario di Salvo ha risposto al fuoco, forse ferendo uno dei killer; Sandro Pertini annuncia: «prepariamoci a una lunga guerra»; Giovanni Spadolini assiste attonito. Dall'altoparlante collocato su una Fiat 127 escono le note dell'Inno alla gioia di Beethoven, i turisti stranieri scattano le fotografie del folklore siciliano. Al posto di Pio La Torre, il PCI nominerà segretario regionale Luigi Colajanni, un giovane diregente affabile e mondano che per anni accompagnerà il PCI nella sua discesa elettorale e che oggi vive a Malindi in Kenia.Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominato 58 esimo prefetto di Palermo con vaghi poteri speciali, è arrivato a Palermo con un volo di linea da Roma, vestito in borghese e con un paio di occhiali neri, in tempo per partecipare alle esequie.Pio La Torre lo aveva conosciuto da giovane, sulla piazza di Corleone, nel 1949, quando il generale era capitano dei carabinieri («qui la nostra presenza finisce al tramonto e nella notte comincia il potere della mafia», aveva lasciato scritto) e il comunista era un giovane attivista.Avevano simpatizzato. A 62 anni, il generale, vedovo da quattro anni, si è appena sposato con Emanuela Setti Carraro, crocerossina milanese, di trent'anni più giovane di lui e si avvicina al pensionamento per limiti d'età.

Da “Patria 1978 – 2008” Enrico Deaglio, Il saggiatore.

34 anni fa i killer della mafia uccidevano a Palermo il segretario regionale del PCI Pio La Torre: il comunista che sapeva riconoscere il linguaggio della mafia, conosceva l'impero miliardario che aveva messo in piedi grazie al traffico della droga, soldi che prendevano la via del nord, in mano a manager più presentabili che quel rozzo contadino coi “peri ncretati” che era Riina.
Aveva capito come combattere la mafia per vincere una volta per tutte la guerra: la confisca dei beni e l'introduzione del reato di stampo mafioso.
Colpirli nei loro beni materiali: una legge che porta il nome di La Torre Rognoni, arrivata dopo la morte del segretario, come anche il 416 bis arrivò solo dopo la morte del prefetto Dalla Chiesa.
Così stavano le cose in Sicilia: prefetti con super poteri sulla carta, una lotta alla mafia delegata a molti volenterosi ma ostacolata dai palazzi del potere.
Il partito comunista dopo La Torre ha perso la sua battaglia contro le mafie, in Sicilia.
La Torre oggi passerebbe per uno di quei pazzi forcaioli, quelli che vedono ladri dappertutto, che chiedono ostinatamente ai colleghi sotto inchiesta di fare un passo indietro, perché la presunzione di innocenza non c'entra niente. Lasciamola alla magistratura.
I partiti, devono fare pulizia, la famosa questione morale sollevata anche da Enrico Berlinguer.
Quanto sono distanti questi giganti dai nani di oggi, dal partito della nazione...

Letture consigliate
Chi ha ucciso Pio La Torre, di Paolo Mondani e Armando Sorrentino
Uomini soli di Attilio Bolzoni

I pezzi mancanti, Salvo Palazzolo

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