23 maggio 2016

Cercando di andare oltre il rituale ipocrita sulla memoria di Falcone







Falcone, Borsellino e Caponnetto
Capaci, 23 maggi 1992I 500 kg di tritolo scoppiano, l'autostrada si alza in un muro di pietre e di fuoco alto dieci metri. I tre agenti che guidano il corteo sulla fiat Croma marrone muoiono carbonizzati: Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Di Cillo. La Croma bianca è squassata: risultano maciullati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo sui sedili anteriori: si salva, seppure con gravi ferite, l'autista Giuseppe Costanza sul sedile posteriore. Gli altri agenti della Croma blu che chiude il corteo vengono investiti dall'onda d'urto, ma si salvano. Così come una decina di passeggeri di altre auto in transito sulla carreggiata opposta.L'esplosione fa crollare il sistema di telefonia cellulare nella zona. Aumenta invece vertiginosamente il traffico a Palermo: si inseguono le notizie più diverse, Falcone è vivo, no, è ferito, ha le caviglie spezzate, si salverà, è cosciente. Francesca Morvillo viene trasportata all'ospedale Cervello, in coma, ma di qui spostata all'ospedale Civico, perché mancano le attrezzature necessarie per la rianimazione. Anche Falcone arriva al pronto soccorso dell'ospedale Civico, dove a prestargli le prime attenzioni c'è il professor Andrea Vassallo. Falcone ne aveva chiesto il rinvio a giudizio nel maxi-processo, imputato per agire per conto della mafia di Corleone. Falcone sta cessando di vivere. I medici danno il permesso a Paolo Borsellino di entrare in sala di rianimazione, da cui esce dopo pochi minuti: «Mi è morto tra le braccia».In serata, nei giorni e nelle settimane successive, i tre Falcone Giovanni che compaiono nella guida telefonica di Palermo e che non hanno alcuna relazione con il giudice vengono subissati di telefonate anonime, di scherno, di minaccia, insulti.Gianni De Gennaro, Alessandro Pansa e Antonio Manganelli, i tre dirigenti del Servizio Centrale Operativo della polizia che più hanno lavorato con Giovanni Falcone, richiedono immediatamente i tabulati del traffico telefonico di quel giorno tra Roma e Palermo. Nelle due ore che precedono e seguono l'attentato scoprono che sono appena 320, siamo agli arbori dei telefonini.La giornalista Angela Buttiglione conduce una brevissima edizione straordinaria del TG1, poco dopo le 21. Annuncia la morte di Giovanni Falcone, sulla scrivania ha una fotografia incorniciata del giudice ucciso. Il corrispondente Rai da Palermo, Salvatore Cusumano, mostra le prime immagini dell'autostrada divelta. Riferisce che l'attentato è stato rivendicato dalla Falange Armata, che nei giorni precedenti aveva annunciato l'uccisione del presidente della regione Sicilia, Mario D'Acquisto (la Falange Armata è un piccolo gruppo paraterroristico che, dalle stanze del Viminale, si dedica alla diffusione di notizie false e al depistaggio). Le prime indagini vengono affidate al magistrato di turno, Alberto di Pisa, che, nonostante sia stato condannato come l'autore delle lettere anonime contro Giovanni Falcone, è comunque al suo posto di lavoro. Tra due anni verrà definitivamente assolto da tale accusa.Roma, ore 21, Rai Uno. Subito dopo lo speciale del Tg1 va in onda la puntata conclusiva di Scommettiamo che, condotta da Fabrizio Frizzi. Il conduttore in smoking si presenta così: «Ci siamo chiesti se fosse opportuno andare in onda avendo noi una puntata conclusiva e quindi, potete capire, piena di voglia di fare festa. Però abbiamo pensato che fosse giusto non mancare all'appuntamento con chi ci ha seguito con affetto da nove settimane [..] senza però assolutamente dimenticare la tragedia avvenuta e l'orrore che proviamo come cittadini. Grazie».Segue un lungo applauso e lo spettacolo comincia. La direzione della Rai ha dato ordine a tutti di ridimensionare ogni trasmissione portatrice di ansia e di insicurezza.
Da “Patria 1978 – 2008” Enrico Deaglio, Il saggiatore.

Nella lotta alla mafia siamo tornati indietro di trent'anni e nemmeno ce ne siamo accorti: dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, dopo gli arresti e le condanne, dopo la scoperta che la mafia non è solo Sicilia ma esiste anche qui al nord, a Roma, dentro le imprese, con le banche … pensavamo fosse difficile tornare indietro. Eppure, sta succedendo.
Dall'agenda politica è sparita la parola mafia.
Ad ogni inchiesta in cui un politico viene accusato di collusione con le mafie, i partiti si trincerano dietro la presunzione di innocenza, parole di circostanza (attendiamo l'esito delle indagini), senza un minimo di autocritica.
Si aspetta sempre l'arrivo della magistratura, senza fare filtri sulle candidature (vedi il caso di Napoli), senza regole interne nei partiti.
Nonostante i fatti accertati dimostrino come tutti i partiti, destra sinistra e M5S, siano permeabili alle mafie.
Quanti passi in avanti sono stati fatti dai tempi di Falcone e Borsellino?
Certo, il 41 bis è stato stabilizzato, ma di fatto, svuotato dall'interno.
Il voto di scambio, 416 ter, è stato riformato renderlo in modo più chiaro, col risultato dal renderlo difficilmente applicabile. Tutto questo mentre aspettiamo il filtro da parte dei partiti prima delle inchieste.
Sulla confisca dei beni ai mafiosi se ne è occupata Report in una recente puntata.
Se guardassimo la lotta alla mafia solo con i numeri degli arresti e dei sequestri, sembrerebbe che siamo ad un passo dallo sconfiggere questo cancro che zavorra tutta l'Italia, il suo sviluppo, la sua economia.

Ma non è così.
Siamo tornati indietro nel tempo: il candidato sindaco di Milano, Parisi, quando sostiene che la lotta alla mafia sia solo una questione di repressione.
I continui attacchi al reato concorso esterno (nato col maxi processo istruito dal pool di Caponnetto) da parte dei garantisti all'italiana, sempre pronti a soccorrere il potente di turno (in disgrazia).
Quelli secondo cui non ci fu nessuna trattativa stato mafia e se anche c'è stato qualche contatto, questo è normale durante una guerra..
Quelli per cui la mancata perquisizione del covo di Riina e la mancata cattura di Provenzano da parte di Mori sono solo episodi.
Oggi non si dice più che la mafia non esiste, che è un'invenzione dei comunisti per screditare la Democrazia Cristiana.
Al nord le inchieste e le sentenze hanno raccontato della colonizzazione delle nuove mafie che vengono qui, anzi erano già qui, e portano capitali, con cui entrare nelle aziende, con cui comprarsi bar, ristoranti.
Mafia Spa, qui al nord, porta servizi a prezzi inferiori alla concorrenza (perché non deve rispettare le leggi), garantisce pacchetti di voti (a cui pochi politici vogliono rinunciare).
Oggi, semplicemente con le mafie si è imparato a convivere.

Oggi cade l'anniversario della strage di Capaci e la classe politica si ritroverà nuovamente ad esprimersi su mafia e antimafia, sull'eroismo dei giudici Falcone e Borsellino, con le solite, stancanti, ipocrite frasi di circostanza. Eroi silenziosi, che non facevano politica, che non cercavano i riflettori ..
Non volevamo essere eroi, né Falcone, né la moglie Francesca Morvillo e nemmeno gli uomini della sua scorta. Eppure erano lì, tutti i giorni, a fare il loro lavoro, per spirito di servizio.
Aveva un rammarico, Falcone, che confidò ad una giornalista dopo il suo trasferimento a Roma: avere pensato di combattere la mafia solo attraverso l'opera della magistratura, le inchieste, gli arresti, i processi.
La mafia è un fatto umano”: altra frase di Falcone che esprime bene il nocciolo della vicenda.
Abbiamo tolto in questi anni alla mafia la sua ragione di esistere? Lo Stato, quello Stato che oggi piange il suo servitore, che pure da vivo ha calunniato e costretto ad abbandonare Palermo, ha fatto tutto il possibile per concedere al sud i diritti sanciti dalla Costituzione?
Diritti che la mafia concede come favori, in cambio di altro.
Ha fatto tutto quanto era in suo potere per fare luce su tutte le zone grigie dei professionisti, nelle istituzioni e fuori, che hanno aiutato in questi anni a prosperare?
Nelle imprese.
Nelle amministrazioni.
Nelle professioni.
Nelle forze dell'ordine.
Nei partiti.
Passano gli anni e diventa sempre più difficile ricordare cosa è stato, gli anni del pool, gli attacchi, le insinuazioni, le lettere del corvo, i magistrati che rovinavano l'economia dell'isola con le loro inchieste, che erano solo giudici comunisti che volevano screditare la politica …
Passano gli anni e purtroppo si allontana sempre più la possibilità di fare luce su tutti i misteri siciliani, i cadaveri eccellenti, le stragi, i delitti politici.
Falcone e Borsellino sono stati uccisi solo dalla mafia, e dobbiamo crederci.
La trattativa non c'è stata, le bombe hanno smesso di scoppiare per un caso. Perché forse lo stato è stato bravo nell'arrestare l'ala stragista della mafia.
E così via con la mancata cattura di Riina e Provenzano ...

La mafia non spara più se non è strettamente necessario. Ogni tanto si sente di qualche preparativo per uccidere questo o quel magistrato, ma per il resto niente.
E allora questa mafia, che non sporca più di sangue le strade non ci fa paura, anzi, diciamolo pure, ci tranquillizza, perché fa andare avanti le cose.
Non importa se le imprese in cui entra dentro vengono svuotate dall'interno.
Se i commercianti vengono spremuti come limoni per mettersi a posto.
Se così si ammazza il futuro di intere regioni d'Italia e di intere generazioni.

Se così, ancora una volta, si uccide la memoria di Falcone e di tutti gli eroi dello Stato loro malgrado.

Consigli di lettura, per ricordare:

Le ultime parole di Falcone e Borsellino di Antonella Mascali
Uomini soli di Attilio Bolzoni
Stragi di Rita di Giovacchino
Noi, gli uomini di Falcone Angiolo Pellegrini
L'agenda nera di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza

PS: le immagini sopra sono prese da Blob, una (o una delle poche) trasmissione Rai che si sono ricordate di Capaci e di Falcone.

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