28 luglio 2016

Sulla guerra di religione (ma questa non è religione)

A parlare in modo chiaro è stato il papa, con la sua visione (non certo di tutta la chiesa né di tutti i cristiani ) su terrorismo islamico e accoglienza.
Parole chiare, nette, di fronte al presidente polacco, uno dei paesi che dei presunti valori europei accetta solo quelli in euro.
“Abbiamo bisogno di dire questa verità: il mondo è in guerra perché ha perso la pace, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione.C'è guerra per interessi, soldi, risorse della natura, per il dominio sui popoli. Qualcuno parla di guerra di religione, ma tutte le religioni vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri, capito?”. 
Chi vuole questa querra nei territori del Califfato? Chi vuole questo stato di tensione crescente, di paura, nell'attesa del prossimo attentato da parte del terrorista fai da te, quello radicalizzato all'ultimo momento, che nemmeno conosce veramente la religione ma che nell'islamismoha trovato le risposte alla sua rabbia e alla sua frustrazione?
Il terrorismo uccide occidentali cristiani o meno, come anche musulmani in Iraq e Afghanistan, come quello contro la comunità degli Hazara, sciiti, durante un corteo in cui chiedevano al governo la corrente per le loro case.

Si fa la guerra per invadere un territorio, per creare tensione sociale, per dividere anziché unire.
Chi, di fronte agli attacchi di queste settimane dà risposte facili, le solite, non aiuta a risolvere il problema.
Non saremo mai al sicuro di fronte ad attacchi isolati, di gruppi che sfuggono ai servizi o di attentatori pure schedati (e coi braccialetti, quelli sperimentati anche da noi): non possiamo mettere un poliziotto o un militare dietro ogni italiano, dietro ogni francese, dietro ogni tedesco.

Quello che si deve fare è aiutare i musulmani ad aiutarci: le comunità stesse devono denunciare i reclutatori, i giovani ragazzi che arrivano ad ammirare i tagliagole del Daesh: il puntare il dito, il guardare con sospetto le persone di un altro colore, il muro contro muro sulle moschee, sull'accoglienza, non fa che portare acqua a chi fa campagna d'odio.  

In tal proposito, interessante il punto di vista di Gérard Biard , caporedattore di Charlie Hebdo, intervistato da Luana de Micco:
Rispetto a un anno e mezzo fa, gli attentati si fanno sempre più frequenti. Che cosa sta succedendo in Fra n c i a?Si sta concretizzando ciò di cui parlavamo a Charlie sin dal 2006, cioè dalla vicenda delle caricature di Maometto. Siamo entrati in un ciclo, un attentato segue l’altro. I francesi ne hanno preso coscienza, non dopo Charlie, ma dopo il 13 novembre, quando ci si è resi conto che il terrorismo riguarda tutti. Ci stiamo abituando a convivere con gli attentati quotidiani. Pensare di poterli prevedere tutti è impossibile, soprattutto se non ci si trova di fronte a filiere ma a terroristi fai-da-te.
La destra accusa il governo di non fare abbastanza per garantire la sicurezza dei f ra n ce s i ...La paura implica una richiesta forte di sicurezza ma non si può mettere un poliziotto dietro a ogni francese. Il governo ha il dovere di proteggere la popolazione. La questione è: fino a che punto si può spingere? Dopo Nizza la destra ha persino detto che se i soldati fossero stati armati di lanciarazzi si sarebbe evitata la strage. Ma si tratta solo di discorsi elettorali. Il caso di Trump negli Stati Uniti mostra che le idiozie sono i discorsi che funzionano meglio quando in ballo ci sono sfide politiche. 
Come Adel Kermiche, che ha ucciso il prete di Sain-te -Ét ien ne- du- Rou vray, molti jihadisti si sono radicalizzati dopo Charlie.I giovani che oggi guardano i video di Daesh assomigliano ai giovani tedeschi che negli anni 70 attaccavano alle pareti i poster di Andreas Baader (a capo dei terroristi della Baader-Meinhof) e ai giovani italiani affascinati dalle Brigate rosse. Solo che all’epoca a quei ragazzi venivano date delle alternative. Oggi nessuno osa dire loro che non bisogna solo leggere il Corano o, che so, un altro libro sacro. Ci si paralizza quando si tratta di religione.
Che fare?Il successo di Daesh è di essere riuscito a trasformare qualcosa di intimo come la religione in un’ideologia politica. In passato la Francia ha già portato avanti una lotta politica contro il cattolicesimo, prima con la Rivoluzione del 1789 poi la legge del 1905 sulla separazione della Chiesa e dello Stato. Non è stata una guerra contro i cattolici, ma contro il cattolicesimo come forza politica. La Francia dovrebbe portare avanti lo stesso tipo di battaglia contro l’islamismo, in quanto ideologia, ma ha paura. Ma non si può fare una guerra senza dare un nome al proprio nemico.
Quale è il ruolo della satira?La satira deve cercare di fare luce su certe discorsi e situazioni. Si criticano spesso le caricature perché sono provocatorie. Ma un disegno è come un pugno nello stomaco. Se non scatena una reazione forte, se non veicola un’idea, non è un buon disegno. Disegnare una colomba della pace che piange, dopo gli attentati di Nizza, come ha fatto Plantu per Le Monde, per me è penoso. Che cosa dice degli attentati? Nulla.

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