28 febbraio 2017

Il filo dei giorni: 1991-1995 la resa dei conti – di Maurizio Torrealta

"Il mio governo fu contrassegnato dalle bombe. Ricordo come fosse adesso quel 27 luglio, avevo appena terminato una giornata durissima che si era conclusa positivamente con lo sblocco della vertenza degli autotrasportatori. Ero tutto contento, e me ne andavo a Santa Severa per qualche ora di riposo. Arrivai a tarda sera, e a mezzanotte mi informarono della bomba a Milano. Chiamai subito Palazzo Chigi, per parlare con Andrea Manzella che era il mio segretario generale. Mentre parlavamo al telefono, udimmo un boato fortissimo, in diretta: era l'esplosione della bomba di San Giorgio al Velabro. Andrea mi disse "Carlo, non capisco cosa sta succedendo...", ma non fece in tempo a finire, perché cadde la linea. Io richiamai subito, ma non ci fu verso: le comunicazioni erano misteriosamente interrotte. Non esito a dirlo, oggi: ebbi paura che fossimo a un passo da un colpo di Stato. Lo pensai allora, e mi creda, lo penso ancora oggi... ".

Carlo Azeglio Ciampi, ex presidente del Consiglio tra il 1992 e il 1993, commentando la “notte delle bombe del 27 luglio 1993”

Cosa è successo veramente in Italia tra la fine del 1990 e il 1995?
Sono gli anni del passaggio tra prima e seconda repubblica; gli anni di Mani pulite e del crollo dei partiti storici.
Gli anni in cui, finalmente, una sentenza di condanna per i boss mafiosi passava in giudicata con “fine pena mai”, la sentenza del Maxi processo del pool antimafia, che metteva nero su bianco che la mafia era una struttura criminale verticistica ed unitaria.
Sono gli anni delle bombe contro i due magistrati simbolo della lotta alla mafia, Falcone e Borsellino, tanto odiati e vituperati da vivi, quanto celebrati (con molta retorica) da morti.
Ma sono anche gli anni in cui altre bombe esplodono, questa volta fuori dalla Sicilia, per colpire luoghi d'arte e luoghi con altri valori simbolici. Firenze, Milano, Roma.
Omicidi, bombe e stragi a cui spesso seguiva la rivendicazione di questa sigla strana, mai apparsa prima, la Falange Armata.
Omicidi, bombe e stragi usate per mandare messaggi tra due eserciti, in una guerra combattuta tra stato e anti stato, ma su due livelli. Quello ufficiale di lotta alla criminalità organizzata e quello sotterraneo, per la ricerca di nuovi equilibri tra apparati, quello mafioso e quello che da sempre controlla il cuore occulto del potere in Italia.
Gli apparati di Stato che, negli anni della guerra fredda sono stati usati come strumento di contrasto all'ascesa delle sinistre, per la conservazione perenne del potere da parte dei partiti di centro.
La mafia al sud, usata come braccio armato contro sindacalisti e comunisti, in cambio del controllo del territorio e della mano libera per i suoi traffici di droga.
Sono gli anni della trattativa stato mafia, non presunta perché ormai sancita dalla sentenza di condanna del boss Tagliavia.
Sono gli anni della rivelazione di Gladio, la cellula italiana della rete atlantica Stay Behind, da parte del sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti.
Ma sono anche gli anni dei delitti della Uno Bianca.
Di altri misteriosi suicidi di uomini dello Stato e di detenuti nelle carceri.
Sono gli anni della stragi di Capaci e di via D'Amelio.

Stragi, delitti, bombe per cui esistono delle verità parziali, molte verità di comodo. Troppi depistaggi, troppi testimoni di quegli anni con la memoria corta o a scoppio ritardato. Nessuna sentenza che faccia luce su tutti questi misteri. Che dia giustizia per le vittime, per gli eroi consapevoli (come Falcone e Borsellino) o inconsapevoli (le famiglie distrutte per le bombe di Milano e Firenze).

Scrive il giornalista Maurizio Torrealta, a proposito di queste stragi:
sono arrivato alla conclusione che non è dalle aule dei tribunali che possiamo aspettarci questo tipo di narrazione”.
Possiamo veramente aspettarci molto poco dalla giustizia oggi e dai (pochi) processi ancora aperti su questi fatti: troppi anni sono passati e troppi non ricordo. Troppi depistaggi (uno tra tutti, la falsa pista Scarantino per la strage di via D'Amelio, pista imbastita da organi investigativi dello Stato come Arnaldo La Barbera). Abbiamo visto quanto lo stesso Stato si sia dimostrato ritroso, se non reticente, nel volersi sedere al banco degli imputati e rispondere alle domande dei giudici.
Forse non possiamo sperare nella giustizia ma nemmeno possiamo sperare che sia la politica stessa a voler far luce su quegli anni che ancora gettano ombre inquietanti sul presente: non lo farà il centro destra con Forza Italia, per tutti i dubbi sulla sua genesi, per la sentenza di condanna di Dell'Utri.
E nemmeno dai partiti del centro sinistra, eredi della sinistra DC, anche loro coinvolti in quelle vicende.

Abbiamo visto quale è stata la loro reazione di questi partiti ai magistrati di Palermo, nei mesi in cui si chiedeva conto a Napolitano, a Mancino, del significato delle intercettazioni in cui l'allora collaboratore Loris D'Ambrosio esprimeva i suoi dubbi, su quei mesi, tra il 1992 e il 1993, quando scriveva all'ex presidente della Repubblica:
“lei sa ciò che ho scritto … episodi che mi preoccupano .. considerato di essere scriba per indicibili accordi”.

Tolte queste due possibilità, la magistratura ordinaria e i partiti, allora diventa compito dei giornalisti cercare di fare luce nel buio delle stragi, dei delitti e delle bombe. Far luce su quel dialogo tra forze eversive e uomini dello Stato in grado di capire quei segnali, quei delitti assurdi, quelle minacce, quelle rivendicazioni della Falange Armata. La strana sigla che ha rivendicato parte di quegli episodi delittuosi, compresi quelli della Uno Bianca.

Già, la Uno Bianca.
Cosa c'entra la Uno Bianca e quella strana banda di poliziotti con la mafia, la trattativa e Falcone e Borsellino?
Cosa lega tra loro Falange Armata con Gladio, la struttura segreta all'interno della settima divisione del Sismi, che ufficialmente aveva l'incarico di creare dei nuclei di resistenza armata in caso di invasione delle truppe del patto di Varsavia?
Due più due fa quattro: hanno sciolto Gladio ed è comparsa la Falange Armata. Quando c’era il primo, non c’era la seconda e viceversa. Ora hanno chiuso il primo ed è apparsa la seconda. La soluzione è semplice: sono sempre loro, però, questa volta, molto incazzati”.

Che filo lega assieme la morte di Ilaria Alpi e i traffici di rifiuti tossici dall'Italia verso i paesi africani, mascherati da aiuti per lo sviluppo. Traffici benedetti dalla politica italiana (il PSI di Craxi in primo luogo) e protetti da esponenti dei servizi?
Uomini dei servizi come il maresciallo Li Causi, del centro Gladio Scorpione, in Sicilia. Quello su cui il giornalista Mauro Rostagno (sospettando un traffico d'armi).
Anche lui, come Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ucciso in Somalia, nel 1993, durante la missione militare, in uno strano incidente.
Succede proprio in quel 1994, l'anno che ha cambiato l'Italia.
L'anno del passaggio tra prima e seconda repubblica, l'anno in cui arriva l'uomo nuovo nella politica italiana, col suo partito azienda che sconfigge i comunisti che, dopo il crollo del muro del 1989, avevano cambiato nome. Ma che forse facevano paura lo stesso a qualcuno.
.. il Partito comunista non ha perso un minuto a cambiare nome. Quello che serve a noi è un terrorismo a bassa intensità, un terrorismo diffuso, geograficamente collocabile nelle zone ad alto inquinamento comunista.”

Gli anni successivi, sono stati anni di rimozioni, di depistaggi, di finto cambiamento, di cancellazione del passato.
L'arresto di Riina, aiutato dall'ex compare Provenzano, la cui latitanza è stata protetta per anni anche da persone dello Stato (e dall'imperizia degli investigatori che dovevano catturarlo, come dicono le sentenze di assoluzione del generale Mori).
Sono gli anni in cui le bombe smettono di scoppiare, come se quella guerra sotterranea, tra forze eversive e poteri dello stato fosse giunta ad un accordo. Ad una liquidazione di questo esercito mandato frettolosamente in pensione.

Ma qual è stata la miccia, alla fine del 1990, che ha fatto partire questo incendio della Repubblica?
Il 24 ottobre 1990 Giulio Andreotti, presidente del Consiglio, rivela l'esistenza di Gladio.
Gladio viene sciolta il novembre successivo e a dicembre la procura di Roma mette sotto indagine la settima divisione del Sismi.
Andreotti pensava, con la sua mossa, di prendere in contro piede quei poteri, dentro lo stato ma usati al di fuori delle leggi dello stato (per il loro ruolo nelle stragi degli anni di piombo, durante la strategia della tensione) e rifarsi una sua verginità.
Da qui parte tutto: la fine di un esercito che decide di far pagare la sua liquidazione, dopo anni di servizio, allo stesso stato che ha servito.
Di tanto in tanto occorre rinfrescare la memoria a chi finge d’averla persa, per ricordare a chi ha usufruito dei nostri servigi,..”

Sono militari professionisti, con un passato nei corpi speciali come il Col Moschin o gli istruttori operativi del Comsubin.
Finisce Gladio e inizia Falange Armata e il suo primo compito e riscrivere la storia a cominciare dalla carceri.
Potrà succedere di tutto. Fai arrivare ai tuoi colleghi dell’ufficio politico questo messaggio: da questa stagione non si uscirà con i comunisti al governo, solo perché hanno cambiato nome. Chi di dovere se lo dovrà mettere bene in testa, o lo faremo noi con la terapia del terrore, che è l’unica che funziona sempre. Anche se chi dava gli ordini non c’è più, rimaniamo un esercito armato e invisibile”.
Bruno, un esercito senza paga non va molto lontano”. “Fallo sapere ai tuoi capi. Sappiamo rispondere colpo su colpo. Non gli conviene intralciarci. Chi cercherà di mettersi contro, chi si lascerà sfuggire dei nomi, ti assicuro che non passerà dei bei momenti. Camerati o non camerati”.
Guido coglie la minaccia, neanche troppo velata, che gli viene indirizzata per bocca del parà. Gli si chiede reticenza, che vuol dire complicità. La conversazione sta prendendo una brutta piega, e Guido cerca di mitigare i toni.
“Ma a voi non vi toccheranno, quelli che avevano delle responsabilità sono stati coperti di denaro e gli altri hanno fatto soldi con ogni genere di traffici, dalla coca alle armi. Quelli che staranno male, ma male veramente, saranno i detenuti, soprattutto quelli delle organizzazioni criminali e mafiose. Saranno loro le vittime sacrificali.
Vedi, sono stati tutti arruolati dentro quella che doveva essere una crociata; in prima linea contro un nemico considerato assoluto; poi, di colpo, licenziati, perché non servivano più. Il loro discorso è semplice: vogliono soldi per il servizio assolto, e libertà di movimento nelle carceri. Per il resto sono nella nostra stessa situazione: hanno lavorato con noi e non vogliono essere condannati. Se parlano loro, c’è il rischio che cada non solo il governo, ma qualche pezzo dell’Alleanza atlantica. Per questo, per evitare che certe notizie trapelino, un segnale deve essere dato”.
Guido coglie la minaccia, neanche troppo velata, che gli viene indirizzata per bocca del parà. Gli si chiede reticenza, che vuol dire complicità. La conversazione sta prendendo una brutta piega, e Guido cerca di mitigare i toni.
“Ma a voi non vi toccheranno, quelli che avevano delle responsabilità sono stati coperti di denaro e gli altri hanno fatto soldi con ogni genere di traffici, dalla coca alle armi. Quelli che staranno male, ma male veramente, saranno i detenuti, soprattutto quelli delle organizzazioni criminali e mafiose. Saranno loro le vittime sacrificali.Vedi, sono stati tutti arruolati dentro quella che doveva essere una crociata; in prima linea contro un nemico considerato assoluto; poi, di colpo, licenziati, perché non servivano più. Il loro discorso è semplice: vogliono soldi per il servizio assolto, e libertà di movimento nelle carceri. Per il resto sono nella nostra stessa situazione: hanno lavorato con noi e non vogliono essere condannati. Se parlano loro, c’è il rischio che cada non solo il governo, ma qualche pezzo dell’Alleanza atlantica. Per questo, per evitare che certe notizie trapelino, un segnale deve essere dato”.

Il primo morto, e la prima rivendicazione di Falange Armata è Umberto Mormile, educatore carcerario (Opera), ucciso in un agguato nel 1990 a Milano.
Era il compagno di Armida Miserere, direttrice del carcere di Opera in quegli anni (e di altre strutture detentive).
Nel libro vengono usati nomi di comodo per coprire questi due nomi, ma la sostanza non cambia: nelle carceri gli uomini dei servizi si muovevano liberamente per contattare i boss, per creare finti pentiti e per riscrivere la storia. Per preparare l'attentatuni a Capaci (come ha raccontato Frank Di Carlo, riferendo dei contatti dei servizi a suo cugino Nino Gioè, altro strano suicidio).
Ora lo Stato, che ha patteggiato con i mafiosi e con i suoi combattenti clandestini, la sua anima nera che ha operato a suon di stragi e omicidi mirati, deve scrivere la Storia ufficiale.”

La storia della mafia e la storia di questo paese che non doveva subire altri scossoni, dopo il crollo del muro e la fine dei partiti della prima repubblica.

Riannodare il filo dei giorni.
Io ho solo cercato di riannodare il filo dei giorni, il filo di quella collana che ha visto rotolare via le sue perle più preziose: i sogni e le speranze di una democrazia vera”.

Maurizio Torrealta, usando la forma del romanzo, ha cercato di mettere assieme tutti questi fatti, prendendoli e mettendoli in fila, cercando di mostrarne il filo logico.
Un filo che, come già detto, parte dallo scioglimento di Gladio, la cellula italiana della rete Stay Behind, da parte del governo Andreotti, cellula poi finita sotto indagine della magistratura.
Che lega questa strategia di tensione diffusa per ricattare lo stato e allo stesso tempo indebolire il il PCI-PDS, prima che potesse arrivare al governo.
La strage al Pilastro si spiegherebbe così come un messaggio alla struttura dello Stato più forte in Italia, ovvero l’Arma dei carabinieri, nei mesi in cui a Roma si apriva un'indagine sulla procura di Roma sulla settima divisione del Sismi.
In tutto questo, Bruno, c’è qualcosa che ancora non mi torna. Falange Armata. Una sigla nuova, mai comparsa prima, ma molto ambigua: sembra voler indicare la luna, ma non si vede neanche il dito. Che ruolo ha in questa storia?”.
Falange Armata è il nome di comodo di chi si occuperà di rivendicare le azioni, tutte, quelle vere e quelle presunte, quelle compiute e quelle no. Non ci dovrà essere più alcuna certezza, il Paese dovrà assaggiare il sapore del terrore e della vera instabilità. Troppo a lungo ha goduto di una democrazia costruita sulle nostre operazioni sporche, di guerra psicologica, e dai nostri interventi silenziosi. I tempi sono cambiati”.

La nascita delle leghe meridionali (sull'onda della Lega Nord di Bossi e Miglio, l'ideologo che pensava ad un paese federato, con la mafia al sud) e le strane alleanze tra massoneria e gruppi di estrema destra, come ha raccontato l'inchiesta Sistemi criminali.

I protagonisti di questo romanzo sono tutti inventati, ma sicuramente costruiti a partire da persone reali che l'autore ha conosciuto nel corso della sua esperienza. Come reale è il contesto in cui si muovono.
Sono la giornalista dell'AGI Arianna che vede muoversi la Falange e inizia a seguire i primi casi della Uno Bianca. E che impara fin da subito che non sempre si può scrivere tutto quello che si apprende.
Arianna pensa quanto sia ricorrente quella frase: non scrivere nulla di quello che ti ho detto.”

Il poliziotto della Digos Guido, che muove le sue fonti nell'estrema destra per cercare di capire chi sta dietro la Falange.
Leggono i giornali che un giorno strillano “Allarme golpe” e poi quello dopo “La bufala del golpe”, e pensano: “Due più due fa quattro: hanno sciolto Gladio ed è comparsa la Falange Armata. Quando c’era il primo, non c’era la seconda e viceversa. Ora hanno chiuso il primo ed è apparsa la seconda. La soluzione è semplice: sono sempre loro, però, questa volta, molto incazzati”.

Altri personaggi, pur avendo un nome inventato, sono facilmente riconoscibili, come l'ex ambasciatore Francesco Maria Dell’Arti (dietro cui si intuisce l'ex direttore del Cesis Francesco Fulci) chiamato dal presidente del Consiglio (Andreotti) a presiedere l'organo di controllo dei servizi, il Cesis, in quei mesi in qui un suo organo occulto veniva messo in liquidazione: consegna al capo della polizia e al comandante dei carabinieri una lista di 16 agenti del Sismi, per “meri fini di riscontro” in merito agli attentati.
Aveva scoperto che le telefonate di rivendicazione della Falange arrivavano da posti dove era presente una sede del Sismi...

Dunque, ambasciatore, lei prevede un ritorno all’uso terroristico delle stragi?”.
A porre il quesito è il suo braccio destro, un giovane dall’aria severa. “La cosiddetta Falange Armata le sta annunciando da tempo. Ho incaricato una persona di mia fiducia di analizzare da dove partono le telefonate di minaccia e in quali orari. E ho scoperto che vengono effettuate sempre in orario d’ufficio, da città dove è presente una sede del Sismi, e da carceri all’interno delle quali è presente qualche suo funzionario.
Da questo deduco che potrebbe trattarsi di qualche personaggio legato proprio a quella struttura. E purtroppo non credo che in questa situazione, anche se esistono forme di terrorismo più diluito e periferico, quei signori rinunceranno a usare l’esplosivo. Ma non si tratterà di qualche spettacolo pirotecnico simbolico, bensì del gran finale dei fuochi d’artificio dell’‘esercito segreto’ della prima Repubblica”.

Il magistrato Gabrieli (che ricorda molto da vicino Gabriele Chelazzi), che deve indagare su queste stragi e che verrà lasciato solo dalla magistratura: alla fine della storia, confesserà alla giornalista tutto il suo sconforto:
..ho buoni motivi per temere che questo processo, al quale sto lavorando da anni, non verrà mai fatto; non perché non ci siano evidenze, ce ne sono fin troppe, ma perché chiama in causa i livelli più alti delle nostre istituzioni”.

Il magistrato è uno dei pochi a comprendere che queste bombe, della stagione 1992-93, diversamente da quelle degli anni '70 (che servivano per spaventare) “fanno parte di una trattativa a suon di bombe tra diverse parti dello Stato”.

Lo stato parallelo, il doppio stato, la democrazia a sovranità limitata. L'influenza di quell'alleato che ha condizionato la nostra politica fin dai tempi di Portella della Ginestra e del secessionismi siciliano.
Poteri occulti dentro le istituzioni, al di fuori delle leggi e capaci di ricattarle.
A suon di ricatti e di bombe.

Fa paura lo scenario che viene fuori da questo romanzo. Perché quei nodi, quella trama, portano a mettere in luce il lato oscuro della nostra democrazia, incompiuta e con le mani sporche.
Dovremo fare i conti con questo nostro passato, se vogliamo sperare di vivere in un paese migliore, con una classe dirigente libera da ricatti, dove si riesce a respirare il “fresco profumo della libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità” [Paolo Borsellino in un discorso ai cittadini siciliani].
Nell'attesa di quel momento, almeno sappiamo che in quegli anni di guerra sotterranea chi è stato al comando, quali sono state le gerarchie ufficiali e quali quelle occulte. E che ci sono stati anche degli eroi che hanno lottato per la nostra libertà “che hanno cercato di contrastare queste politiche antidemocratiche”.


Altri spunti per la lettura
- L'ambasciatore, i Servizi e il mistero Falange armata - da Il filo dei giorni (Torrealta)
- Stragi Rita di Giovacchino
- Doppio livello di Stefania Limiti
- L'Italia della Uno Bianca Giovanni Spinosa
- Quarto livello Maurizio Torrealta
- Protocollo Fantasma di Walter Molino


La scheda del libro sul sito di Imprimatur editore

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Presa diretta – Casa Italia

La puntata di Presa diretta è cominciata con l'intervista a Tito Boeri: la prima domanda è stata sul tracollo dei contratti a tempo indeterminato. Il jobs act ha finito la sua spinta propulsiva?
No, guardando i dati, il numero di posti è cresciuto dell'8% anche se la crescita dell'economia è del 2%. La diminuzione degli incentivi ha avuto il suo effetto nel calo, che ha spinto anche alla crescita dei posti a tempo determinato.
Il bicchiere è mezzo pieno per Boeri: un altro dato positivo è nella diminuzione dei licenziamenti (e questo era un timore sul jobs act).
I giovani hanno perso molti posti di lavoro: dal 2007 abbiamo perso 2 ml di posti tra i giovani, dobbiamo continuare altre operazioni guardando ai giovani.
Gli incentivi dovrebbero essere indirizzati ai giovani – ha suggerito Iacona: gli incentivi costano ma hanno avuto un impatto forte sulla crescita, allora concentriamoci su questi, visto che la prima occupazione è importante nella carriera di una persona.

Il sistema pensionistico è iniquo: ha riservato per anni trattamenti vantaggiosi rispetto a quelli delle giovani generazioni che ora li dovranno pagare. Ora i giovani sanno che verranno trattati in modo diverso: si deve far qualcosa, impegnando risorse per finanziare la decontribuzione, il cuneo fiscale per i giovani.

Ci sono state tante proposte: tagliare i vitalizi per renderli pari alle pensioni col contributivo.
Servirebbe che dalle proposte (alcune delle quali non cambiano nulla) senza aspettare le elezioni e la campagna elettorale.
Boeri è dell'idea di trasferire all'Inps questi trattamenti e anche di uniformarli alle altre forme pensionistiche.
Altra proposta tagliare le pensioni alti o le pensioni che si cumulano: se non si è fatto fino ad oggi è per una scelta politica.
Un punto di frizione col governo è nell'idea di tagliare queste iniquità: si dovrebbe dire alle future generazioni la verità e i politici dovrebbero pensare agli effetti delle loro riforme, nel futuro.
Come le pensioni baby, una delle tante riforme che hanno fatto alzare il “debito implicito”.

Debito che finirà sulle spalle di quanto oggi entrano nel mondo del lavoro: sui giovani la politica investe poco nei fatti – ha raccontato Iacona.
Passiamo al debito esplicito: la Corte dei Conti ha sancito un rosso nei conti dell'Inps, ma Boeri ha rassicurato, perché l'ente può rientrare nei conti con una semplice operazione contabile, non ci sono problemi di bilancio.
C'è un problema di debito pubblico nel complesso, per la spesa pensionistica, si dovrebbe contenere la spesa pubblica, ma l'Inps rimane in piedi (a meno che lo Stato fallisca ..).

Il bilancio è di 400mld, di cui l'11% stabilito per legge, per le pensioni. Solo l'1% deriva dalle spese di gestione e su quello l'Inps si sta già muovendo: le critiche sono dovute alla sua gestione e alla sua riorganizzazione che Boeri ritiene fondamentale.
Quelle riorganizzazioni servivano per far funzionare la macchina in modo più efficiente, prima c'erano troppi centri decisionali.

Iacona ha chiesto un commento sui dati dell'inps, su quelli dell'Istat: ci sono stati dei miglioramenti, rispetto al passato, anche se insufficienti.
Ci sono i posti di lavoro persi, di persone che potrebbero contribuire alla crescita del paese.
I posti di lavoro creati, a tutele crescenti, dovrebbero rinforzare il paese.

Casa Italia.
Andiamo ora a vedere la ricostruzione in centro Italia: ad Amatrice sono arrivate le prime 25 case, ma per usarle servono le opere accessorie.
Dovevano essere pronte molto prima (Renzi aveva detto prima di Natale): a Norcia sono arrivate 30 casette su 3000. Case in legno che permettono alle prime famiglie assegnatarie di tornare a vivere:almeno per loro si vede la luce in fondo al tunnel.
9000 sfollati vivono negli alberghi e le convenzioni scadono a fine aprile: gli albergatori vedono già dei problemi per la stagione estiva, per il turismo.
Ci sono poi le proteste delle persone che si chiedono dove verranno ricostruiti i paesini: in tutto l'arquatano la burocrazia sta fermando tutto, lo sgombero delle macerie.
Le persone chiedono al governo un cambio di marcia, in termini di procedure da snellire: anche Errani, il commissario, pochi giorni fa si era sfogato in una riunione coi sindaci.
“Questa non è ricostruzione .. bisogna cambiare”: De Angelis, coordinatore di Italia sicura, ha spiegato che non siamo più ai tempi di Bertolaso, coi suoi affidamenti diretti.
Si deve coniugare legalità e velocità: ci sono errori del governo tecnico di Monti e di un paese che non ha fatto i conti col problema della prevenzione strutturale.

La zona dell'Italia centrale è tutta a rischio sismico: lo sappiamo ma non abbiamo fatto abbastanza fino ad oggi. Eppure abbiamo tutto, competenza e tecnologie. Cosa aspettiamo, la prossima scossa?

Ancora oggi le immagini Accumoli, Norcia, distrutti dalle scosse, come se ci fosse appena stato un bombardamento, fanno impressione.
Qui ci sono stati più morti che del terremoto dell'Aquila: solo a Camporotondo, dove si è costruito seguendo le norme, ci sono stati meno crolli.
Il sindaco, che è anche professore universitario, ha raccontato cosa è stato fatto dopo la scossa del 1997: si è fatta prevenzione e ora, dopo una scossa forte, non ci sono stati morti.
Anche a Norcia, nonostante le tre scosse, molti edifici sono rimasti quasi integri: anche qui si è intervenuto sugli edifici facendo prevenzione. Alcuni palazzi sono crollati, altri, quelli nuovi, hanno resistito, salvando vite umane e facendo risparmiare soldi allo stato.

La Basilica di San Benedetto è invece crollata: non sono state messe le catene, per tenere assieme le strutture. Come altre Chiese, che non sono state protette (forse per colpa delle soprintendenze) e sono crollate.
La frazione di Castelluccio, sui monti Sibillini, è stata invece devastata: un ingegnere ha mostrato al giornalista un edificio di tre piani, appena ristrutturato, crollato su se stesso.
Le crepe sui muri, sulle strade. La faglia sul monte, di fronte al paese: se non ci sono stati morti è stato solo per un caso.
Anche qui si doveva mettere in sicurezza il paese: il comune, dopo la scossa del 1997, ha fatto la sua delibera definitiva nel 2016. Il terremoto è arrivato prima.

Anche ad Accumoli, Amatrice, erano arrivati fondi per la ricostruzione: l'allora ministro Napolitano aveva stanziato 100 miliardi (dopo il terremoto del 1997) e quei soldi erano stati gestiti dalla regione (centro sinistra).
Nel 2002 Storace ottenne un altro finanziamento, per arrivare a 216 mld di lire: peccato che questi soldi siano stati gestiti a pioggia, per piccoli lavori, per finanziare lavori in trattativa privata, senza passare per gara.
Tra i 216 mld, c'erano anche i soldi per ristrutturare il campanile di Accumoli, crollato ad agosto uccidendo la famiglia Tuccio.
Si potevano salvare, come tante altre persone: se solo i soldi fossero stati usati in modo più efficace. “Quel campanile lì, non si sa che impicci hanno fatto ” .. così diceva il padre della vittima.

Che impicci ci sono stati attorno al campanile di Accumoli?
Quella chiesa doveva essere messa in sicurezza, con quei 216 miliardi di soldi pubblici. Invece è crollata sulla casa accanto.
Erano stati effettuati lavori antisismici: interventi che non riguardavano il campanile, almeno a sentire il tecnico dei lavori.
L'ex sindaco ha raccontato di aver chiesto alla curia di riprendere i lavori, dopo la ristrutturazione, dopo averli bloccati: ma ci sono stati dei veri collaudi?
Solo sfortuna, come dice l'ex sindaco, o altro.

Alla scuola Romolo Caprarica, ad Amatrice, i lavori per 700mila euro, tutto doveva essere sicuro: eppure il 24 agosto è crollata anche lei e non ci sono state vittime solo perché era agosto.
All'ospedale di Amaldoli i lavori erano terminati nel 2014: la notte del 24 agosto ha subito i primi danni e a novembre è stata dichiarata inagibile.
Camerino, chiesa di S Maria: il campanile è crollato su una casa senza causare morti. Anche il campanile, come la chiesa, come l'ospedale, come la scuola, era stati ristrutturato, senza i corretti controlli, senza i collaudi.
Le regioni hanno nei loro bilanci 739 ml, alcuni ancora non spesi, per la ristrutturazione: come sono stati spesi e come verranno spesi?

Renzi, ad agosto, ha lanciato il progetto Casa Italia: i soldi per la messa in sicurezza ci sono, diceva l'ex premier, perché fuori dal patto di stabilità.
Soldi affidati al dottor Grassi per 45mld: 11 mld per la riqualificazione antisismica, 7 per la ricostruzione post terremoto.
5 miliardi all'anno per la ricostruzione, dunque. I soldi ci sono.

Ma il dottor Marani, che ha analizzato la legge, è molto scettico: i soldi non sono impegnati in tanti rivoli, non solo per problemi sismici.
La cifra attendibile, in finanziaria, per i terremoti è solo di 1 miliardo: oggi si parla molto e si spende meno, spiega il professore.
De Angelis stima una spesa di 4-5 miliardi ogni anno, per la messa in sicurezza del paese: quest'anno c'è il sisma bonus, per 300 ml. Soldi anche per le finestre di casa, però.
Per questi interventi, lo stato restituisce fino all'85% al cittadino: soldi che hanno portato ad una polemica con la UE.
Ma è uno sforamento dello 0,13% sui conti: tra poche settimane il governo dovrà rispondere all'Unione Europea, sulle sue segnalazioni circa i nostri conti.

Come potremmo rendere antisismica qualunque casa?
Esistono delle tecniche per rendere antisismica ogni casa, anche quelle più vecchie: in Giappone la prevenzione, ad esempio, si fa da anni, con delle simulazione di scosse del sesto grado.
Ma senza andare in Giappone, all'Aquila vive il signor Bruno: la sua casa è stata ricostruita da casa, sopra degli isolatori, che possono essere installati sopra case esistenti.
Sono delle strutture che scollegano il terreno sottostante al fabbricato: questi dispositivi sono stati installati sopra delle scuole, auditorium, edifici.
Nelle ultime scosse hanno dimostrato di saper fare il loro dovere, la notte del 24 agosto.

Il capo della protezione civile in Calabria, Tansi, è già stato ospite di Iacona in altre puntate: arrivato a quel posto, ha scoperto una situazione scandalosa nella protezione civile e sulla sicurezza.
A Reggio Calabria ci sono scuole bloccate perché pericolanti: la dirigente dell'istituto racconta che qui mancano i soldi per ogni cosa, figuriamoci per la messa in sicurezza.
I soldi per riparare la caldaia li ha messi lei: i figli come sono tutelati nelle scuole dell'obbligo, a Reggio?

Chi dovrebbe intervenire? Il comune non fa niente, fa chiudere le scuole, alcune già incluse dal rapporto Barberi di fine anni '90.
Altri edifici pubblici sono a rischio e, in assenza di lavori di ristrutturazione, hanno pure subito un degrado in questi anni: non basta fare degli scongiuri.

Tutti i piani di prevenzione dei comuni devono essere valutati dalla protezione civile: mancano dei documenti, come le aree di emergenza, mancano i piani di emergenza per molti comuni, le analisi dei rischi.
Ci sono altre criticità: alla protezione civile si sono sprecati soldi pubblici gestendo male il personale, gestendo male le risorse: tre gatti delle nevi mai usati, tre mezzi universali mai immatricolati .. Acquisti milionari che il dottor Tansi, a capo della struttura, ha scoperchiato e bloccato.

Ma contro Tansi si è mosso uno dei sindacati, il Cisal, che ha protestato contro le sue scelte: c'erano autisti che, grazie agli straordinari, guadagnavano fino a 6000 euro.
Come è possibile?
Gli autisti facevano fino a 400 ore di straordinario al mese: un disordine amministrativo che Tansi ha denunciato al personale e alla magistratura.
Il capo della Cisal, che intende aprire un procedimento disciplinare contro Tansi, lavora per un politico regionale: di chi rappresenta gli interessi? Dell'amministrazione, dei dipendenti oppure fa un gioco politico contro chi intende messe in ordine i conti e la struttura?

La protezione civile era una mangiatoia in Calabria, come prima lo era la sanità: ma questo è costato a Tansi, gli sono arrivate delle minacce, hanno bruciato un container della struttura.
Eppure se dovesse arrivare qui il terremoto, farebbe migliaia di vittime: eppure non si è sviluppata una cultura di prevenzione in questi anni.
Reggio è tutto un abuso, ci sono quartieri e palazzoni abusivi, come se la gente non si rendesse conto del pericolo.
Su paesi a mille metri sul mare, Tansi ha trovato dei piani di emergenza con rischio tsunami: documenti firmati da professionisti, forse con troppi interessi personali sui soldi pubblici per la prevenzione.

Forse per questo, molti politici di destra e sinistra, una persona perbene e preparata come Tansi, la vorrebbero mandare a casa.

27 febbraio 2017

La sicurezza dai terremoti e dalle polizze – Presa diretta


Questa sera a Presa diretta di parla di sicurezza e prevenzione: cosa è possibile fare per ridurre i danni (e le vittime) a seguito di terremoti? Sappiamo che i terremoti non possono essere previsti, ma si può lavorare sulla prevenzione.
Il secondo servizio riguarderà il tema delle polizze auto: una copertura assicurativa (obbligatoria) per chi guida l'auto. Ma come mai in Italia si pagano premi tra i più alti d'Europa?

Prima di partire coi servizi, l'appuntamento con le interviste “Iacona incontra” vedrà come ospite Tito Boeri (doveva essere ospite la scorsa settimana, ma gli eventi all'interno del PD hanno fatto slittare ad oggi la sua intervista):
Uno scambio a tutto campo tra Riccardo Iacona e il presidente dell’Inps Tito Boeri. Sul tavolo i temi più attuali: gli ultimissimi dati dell’Osservatorio Inps sul lavoro e il precariato, la riorganizzazione dell’Istituto di Previdenza portata avanti dal presidente Boeri, una riflessione sulle strade per rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione, le novità sull’Anticipo pensionistico e le domande ancora aperte sul futuro delle nostre pensioni.

Tra le domande che verranno poste a Boeri, la sostenibilità delle pensioni, una sua opinione sulle riforme pensionistiche del passato e su quello che aspetta (in termini previdenziali) le future generazioni.
Quelle pagate con gli stipendi più bassi d'Europa, quelle alle prese col precariato e contratti rinnovati di anno in anno. Quelle pagate coi voucher che, come hanno raccontato sul FQ ieri Marta Fana e Carlo di Foggia, sono diventati uno strumento sostitutivo delle consuete forme contrattuali (altro che strumento per far emergere il nero).

Casa Italia.

Dal terremoto del 2009 de l'Aquila, Presa diretta è ritornata più volte sul tema della prevenzione sismica: prevedere non si può, ma prevenire si, costruendo a norma ed evitando zone a rischio.
Sono passati 7 anni da quel 6 aprile 2009 e appena sei mesi dalla scossa del 24 agosto che ha colpito intere zone nell'Italia centrale.
Erano state fatte tante promesse, come nel 2009 del resto: il lancio del grande piano “Casa Italia” per la messa in sicurezza del territorio. L'arrivo delle casette e dei container per i terremotati, affinché non capitasse a loro quello che era successo per gli aquilano, trascorrere l'inverno nelle tende.
Invece si è mezzo di mezzo anche il gelido inverno e le nevicate a rendere ancora più difficile le cose, per le persone rimaste senza casa che hanno subito tre scosse in pochi mesi: sono 13mila le persone senza casa, i danni sono stati stimati per 23 miliardi (per adesso). Oltre ai 299 morti e 388 feriti.
Ma queste morti e distruzioni si potevano evitare?
Certo, il piano proposto dall'ex presidente Renzi era a lungo termine: servono anni per la mappatura del territorio, per le bonifiche, per le ristrutturazioni, per il dissesto idrogeologico.
Servono anni, servono persone impegnate su questo progetto a tempo pieno e servono soprattutto risorse.
Ma, promesse a parte, almeno il progetto è partito? Quanti soldi sono stati stanziati?

Perché queste tragedie ci hanno insegnato alcune cose: che le scosse torneranno, prima di tutto. E che costa sempre meno prevenire prima, che ricostruire poi (e piangere i morti).

Da dove prendere i soldi?
Il governo è intervenuto per prevenire il crac di Pedemontana; prima del referendum (in tempi molto sospetti) era stato rispolverato il “vecchio” progetto del ponte sullo Stretto; ci sono le tante, troppe, grandi opere da tagliare (TAV, Terzo valico, ..). Perché costruire a norma è possibile, almeno per le nuove costruzioni, o quando si ristrutturano le case. E' vero che sull'Appenino non è possibile fare tabula rasa dei vecchi borghi, ma ad Accumuli è crollato il campanile dopo i lavori post sisma de l'Aquila.
CASA ITALIA di Claudio Pappaianni. A che punto è il grande piano varato dal governo Renzi per la prevenzione e messa in sicurezza del territorio “Casa Italia”? Quanti soldi sono realmente stati stanziati? A che punto è l’elaborazione della mappatura del rischio, la sperimentazione su alcune tipologie di edifici esistenti e l’identificazione dei progetti da finanziare?Un bilancio a sei mesi dai devastanti terremoti che tra agosto e ottobre hanno provocato 299 morti, centinaia di feriti, 13mila persone fuori casa e 23 miliardi e mezzo di danni stimati fino a oggi. Questi sono i numeri dei terremoti che hanno colpito Accumoli, Amatrice, Norcia e tantissimi altri comuni del Centro Italia.Le telecamere di PresaDiretta hanno perlustrato le cittadine distrutte di Marche, Umbria e Lazio alla ricerca di risposte alle domande che tutti ci siamo fatti. Come mai non si è imparato nulla dopo il terremoto dell’Aquila del 2009? Cosa è stato fatto da allora per mettere finalmente in sicurezza zone così ad alto rischio? E come sono state utilizzate le tante risorse arrivate per i terremoti negli ultimi 20 anni?Norcia e altre città, hanno dimostrato che quando si ristruttura o ricostruisce con seri criteri antisismici, gli edifici possono rimanere danneggiati, ma non ci sono vittime e le case rimangono in piedi. Perché le conoscenze scientifiche, nel campo dell’edilizia e dell’ingegneria antisismica, ci sono. In Italia e nel mondo ormai i sistemi per costruire case, scuole, ospedali che resistano ai terremoti ed evitare che muoiano le persone ci sono. Si tratta solo di cominciare.E poi PresaDiretta è andata a vedere la situazione della Calabria, un altro territorio ad alto rischio sismico e idrogeologico, tra sprechi, clientela e assenza di prevenzione.Ospite in studio intervistato in diretta da Riccardo Iacona, il geologo CarloTansi, che dirige la Protezione Civile calabrese per raccontare le sue battaglie e il drammatico ritardo della prevenzione nella regione.

Polizze a perdere

La scheda del servizio:
POLIZZE A PERDERE di Rebecca Samonà. Il costo di una polizza auto in Italia è il più caro d’Europa. Rispetto ad altri paesi arriviamo a pagare anche il 45% in più. Perché?Possibile che sia tutta colpa degli indisciplinati automobilisti italiani?A dicembre l’Antitrust ha avviato un’indagine su alcune grandi compagnie assicurative per il sospetto di un cartello per limitare la concorrenza e mantenere alti i prezzi. Come andrà a finire?Quello delle assicurazioni è un mercato dove vigono le regole del merito, del rispetto delle regole e della trasparenza ?Le telecamere di PresaDiretta hanno viaggiato da sud a nord in giro per il paese ad ascoltare assicurati, periti, medici legali, carrozzieri, agenti assicurativi per provare a capire come stanno davvero le cose.E poi un nuovo appuntamento con le interviste di “IACONA INCONTRA”.Uno scambio a tutto campo tra Riccardo Iacona e il presidente dell’Inps Tito Boeri. Sul tavolo i temi più attuali: gli ultimissimi dati dell’Osservatorio Inps sul lavoro e il precariato, la riorganizzazione dell’Istituto di Previdenza portata avanti dal presidente Boeri, una riflessione sulle strade per rendere più efficiente la Pubblica Amministrazione, le novità sull’Anticipo pensionistico e le domande ancora aperte sul futuro delle nostre pensioni.CASA ITALIA”, “POLIZZE A PERDERE”, sono un racconto di Riccardo Iacona con Claudio Pappaianni, Rebecca Samonà, con Raffaella Notariale, Irene Sicurella

Influenzatori (o influencer)

Bei tempi quelli in cui un politico faceva il politico, un giornalista il giornalista e un pubblicitario il pubblicitario.
Quando si domandava ad una persona appena conosciuta, "che lavoro fai"?
Oggi, se fai la stessa domanda, rischi una brutta risposta, ti potrebbe capitare di incontrare persone pagate a voucher, che fanno dunque dei lavoretti (pur essendo laureati, pur avendo competenze).
Ti potrebbe capitare di ricevere come risposta "faccio l'influencer".

Ieri sera a Che tempo che fa tra gli ospiti una persona che vende in rete la propria immagine e Chiara Ferragni.
L'influencer della politica e l'influencer della moda, dei marchi, del fashion (si scrive così).
Gente che campa (e bene) con la rete, coi social, parlando e interagendo (magari in modo quasi unidirezionale) coi propri follower.

Si, lo so. E' un post vacuo, che forse non vuol dir niente.
D'altronde non stiamo parlando della manifestazione delle famiglie di Taranto, preoccupate che i soldi del patteggiamento (proposto) dei Riva finiscano nelle mani del governo o di persone interessate a svendere gli impianti. E non per le bonifiche.
Non stiamo nemmeno parlando del fenomeno voucher: ora conosciamo i nomi dei principali fruitori di questo strumento che non ha (di fatto) contribuito all'emersione del nero e stanno sostituendo le altre forme di contratto.

Non stiamo parlando nemmeno del video dei due dipendenti Lidl, che hanno bloccato (imprigionato) due donne che stavano frugando negli scarti del supermercato.
E hanno usato proprio uno dei social per rendere virale la loro azione. Una bravata, dicono. Uno scherzo. 

Non è uno scherzo la morte della bracciante ad Andria, di fatica, per 20-30 euro al giorno.
Nemmeno le proteste degli agricoltori, contro la legge del caporalato (che non si applicherà agli immigrati in regola che continueranno a subire i ricatti).

Nel salotto buono della televisione l'ex rottamatore ha parlato di scissione (l'hanno voluta gli altri), di lavoro (ora siamo al lavoro di cittadinanza che puzza di sola) e delle sue leggi e riforme (bocciate dal paese e alcune anche dalla Consulta) e uno spazio anche al padre e l'inchiesta Consip.
"Io mi sono dimesso da segretario perché ho perso."

Si è dimesso da segretario per potersi ripresentare alle elezioni come se nulla fosse successo, lasciando ad altri l'ingrato compito di sistemare i problemi.
Quelli del paese, non dei social.

26 febbraio 2017

La disgregazione dell'esercito nascosto e l'uomo nuovo


Il crollo del Muro di Berlino nel novembre 1989.
La rivelazione dell'esistenza di Gladio, la cellula italiana della rete Stay behind, da parte del presidente del Consiglio Andreotti nel novembre 1990.
L'inchiesta aperta a Roma da parte della magistratura romana sulla Settima divisione del Sismi. Quella di Gladio e quella della struttura chiamata OSSI, gli agenti esperti in esplosivi, con licenza di uccidere.
I delitti della Uno Bianca, contro i supermercati (una strategia della tensione diffusa, come i colpi della banda del Brabante Vallone in Belgio) ma anche contro i campi Rom a Bologna. E contro i carabinierial Pilastro. Che forse avevano visto qualcosa che non dovevano vedere o forse era un segnale ai carabinieri.
Delitti rivendicati, come altri in seguito, dalla Falange Armata.
Cosa lega assieme questi episodi della nostra storia nera?
Nel romanzo “Il filo dei giorni” (Imprimatur edizioni) il giornalista Maurizio Torrealta prova ad individuare questo filo, partendo proprio da Gladio.
Da una giornalista che inizia a muovere i suoi primi passi seguendo i delitti della Uno Bianca.
Da un agente della Digos che si chiede chi si muova dietro la Falange Armata.
E dall'ambasciatore Dell’Arti (dietro cui si intravede l'ex capo del Cesis Francesco Paolo Fulci) incaricato dal presidente del Consiglio (che si intuisce essere Andreotti) di mettere ordine nel mondo dei servizi.
Controllarli in un momento così delicato, per la politica e per il paese.
Il Re aveva già previsto che a Roma si sarebbe scatenata contro lui una guerra senza quartiere. Per questo vuole essere il primo a rivelare l’esistenza dell’esercito segreto, prima che qualcuno lo accusi di averlo tenuto nascosto, ma sa anche che questo non basterà. Scoppierà un conflitto senza regole di tutti contro tutti ed è per questo che ha deciso di chiamare Francesco Maria Dell’Arti, ambasciatore italiano alla Nato, a occuparsi della difficile gestione di una milizia armata occulta in liquidazione.- Mi farebbe molto piacere averti a Roma come supervisore dei servizi di Intelligence, tu saresti in grado di farlo funzionare.[..]L'ambasciatore alla Nato non è certo un ingenuo, avvezzo com'è alle dinamiche sotterranee che coinvolgono da sempre la politica nazionale e il Patto Atlantico.Questa storia della Falange Armata gli ricorda molto da vicino le operazioni di guerra psicologica stay behind: inquinamento dell’informazione, incremento del panico con intorbidimento delle notizie vere e diffusione di quelle false, minacce a persone importanti e autorità pubbliche, uccisioni deliberate e senza motivo di persone comuni, annunci di attentati tra la folla, palesarsi artificioso di una catastrofe incombente; insomma, destabilizzazione del clima sociale e politico del paese.Immagina fin da subito il finale di partita: troveranno un amico degli amici da presentare come “l’uomo nuovo”, il salvatore della patria. La sceneggiatura è già scritta, ma è banalmente piatta, e Francesco Dell'Arti pensa che l'operazione di Luigi Bianchi di anticipare tutti raccontando per primo la verità, almeno quella parte che si può concedere all'opinione pubblica, sia stata una mossa da grande stratega. Sarebbe interessante muoversi lungo quella direzione. 
Il filo dei giorni, 1991-1995, la resa dei conti di Maurizio Torrealta Imprimatu Editore



Chiudete ora il filo degli eventi con cui siamo partiti.
La resa dei conti tra gli apparati della guerra sporca degli anni 60-70 per destabilizzare il paese e stabilizzare il potere dei partiti di centro, ostacolare la crescita della sinistra.

Le stragi della mafia della stagione 1992-1993, la trattativa stato mafia e poi ... l'uomo nuovo e il partito nuovo. 

Vogliamo i mascelloni






Hitler è vivo e lotta insieme a noi .. non come nel film "Lui è tornato" che immagina un Hitler scongelato che torna nella nostra società e si stupisce che la gente non saluti come una volta.
No. Sono le idee e le parole alla base dei fascismi europei che sono tornate di moda.
La carrellata di mascelloni andata in onda ieri sera a Blob (Blob, non uno dei talk in prima serata) faceva veramente impressione: Petry, Hofer, Le Pen, AFD, Alba Dorata, Trump, Farage .. e il nostro Salvini che è rimasto ancora alle ruspe “bisogna spazzar via questa massa ...”.



Parlava degli immigrati chiaramente, che bivaccano, sporcano e violentano le nostre donne (anche se poi forse non sempre le denunce sono vere): giù le mani dalle nostre donne diceva lo spot dell'AFD (che a picchiare le donne bastiamo noi).
Di certo non parlava delle mafie al nord, nell'amato nord, dove ormai non si parla più di penetrazione, ma di presenza stabile dentro l'economia, dell'influenza nei confronti delle amministrazioni locali.
E' il Salvini che pagherà le spese ai dipendenti Lidl che hanno imprigionato dentro la gabbia di ferro le due rom che stavano rovistando tra i rifiuti di un supermercato a Follonica.
Come ci siamo indignati, a quelle immagini del video.
E chissà come ci indigneremmo se vedessimo le immagini degli immigrati, anche romeni, imprigionati e picchiati per lavorare nei nostri campi al sud.  

È stata invece Presa diretta a raccontare, in perfetta solitudine purtroppo, di quello che sta succedendo nei paesi dell'est Europa: “Non passa lo straniero”: le milizie alla frontiera bulgara, Pegida in Germania, Hofer in Austria, Le Pen in Francia.



Da dove arriva tutta questa passione per i mascelloni?
Perché le loro parole trovano ascolto in così vasti strati della popolazione?
Come mai ce ne siamo accorti così tardi, del peso che iniziavano ad avere, come movimento di pressione nei confronti degli altri partiti, costretti ad inseguire i loro slogan (ne aveva parlato un altro servizio di Presa diretta a settembre)?

C'è un bel libro che racconta di come nascano e crescano questi movimenti e del perché le loro idee si diffondono: “Il commissario Soneri e la legge del Corano”di Valerio Varesi.
C'è dentro l'assenza di politiche di integrazione, incapace di dare risposte agli effetti della globalizzazione che ha spazzato via industrie e posti di lavoro.
Persone lasciate sole di fronte alle paure di un mondo che cambia troppo in fretta, il bisogno di sentirsi protetti e difesi: per questo le idee semplici su ronde, sicurezza, sovranità, prima gli italiani fanno presa.
Si dice che il sonno della ragione genera mostri: ma anche l'assenza di politiche che riempiano la pancia delle persone, che non le facciano sentire tutelate, protette, li alimentano questi mostri.

E chi se ne frega se di questo passo sappiamo dove andremo a finire.
I fascismi hanno lasciato l'Europa sotto le macerie, causato milioni di morti.
Al grido, abbasso l'establishment, prima gli americani, facciamo l'America più grande, Trump intende costruire (o potenziare, visto che già c'era) il muro col Messico, riarmare l'esercito, tagliare i programmi sanitari di Obama (che consentivano l'accesso alle cure a fasce più deboli).
Perché fascismi e populismi possono cambiare facce, ma mantengono gli stretti tratti (e non solo le mascelle possenti): l'aumento delle distanze tra le classi sociali, la diminuzione dei diritti e della partecipazione alla politica. Hanno bisogno degli ultimi, che devono rimanere ultimi e soggiogabili, con un nemico esterno con cui prendersela.



Dalla definizione di fascismo da parte del NYTimes: “culto dell'azione, celebrazione dell'aggressività maschile, intolleranza nei confronti delle critiche, paura delle differenze e degli stranieri .. intenso nazionalismo e risentimento alle umiliazioni della nazione”.

Vi ricorda qualcosa?
D'Annunzio, la vittoria mutilata, le democrazie plutocratiche ...

Chissà se Trump ha mai letto “Uomini e topi” di John Steinbeck: racconta di due uomini, nell'America povera degli anni '30, alle prese con le tempeste di sabbia causate dalle coltivazioni intensive (eh già, i famosi cambiamenti climatici).

Dove masse di persone erano costrette ad emigrare (eh, già, l'emigrazione) alla ricerca di un lavoro.

24 febbraio 2017

Mani pulite 25 anni dopo

L'archiviazione delle accuse (da parte del Gip) contro l'ex presidente del cons. regionale Graziano.
Le inchieste della procura di Napoli che toccano un ministro e il padre dell'ex presidente Renzi.
Il doppiopesismo col quale si (pre)giudica la giunta romana da altre, come quella milanese.
L'uso del garantismo da una parte, e delle insinuazioni (su comportamenti non penali) dall'altra. 
25 anni dopo Mani pulite non hanno insegnato nulla, se ogni inchiesta che tocca un politico diventa un pretesto per una speculazione politica che segue lo stesso copione: da una parte quelli che si difendono dietro la presunzione di innocenza, quelli che "facciamo lavorare i magistrati" e dall'altra quelli per cui un avviso di garanzia, un indagine è già una condanna.
Dimenticandosi che esistono indagini e indagini.
Che l'essere assolti in via penale significa poco, perché esistono comportamenti non penalmente rilevanti che però possono essere censurabili per un politico.
Come frequentare un mafioso, ad esempio. Come ad esempio avere rapporti,anche chiedere voti (non importa che poi non si dimostri che ci sono stati degli scambi tra politico e mafioso).
Come il traffico di influenze, un reato difficile da dimostrare finché non esiste una legge sulle lobby.
Come, infine, le inchieste sulle spese pazze dei consiglieri regionali: possono anche essere spese di rappresentanza, costumi o cene. Ma rimangono comportamenti poco opportuni.

Detto ciò, a 25 anni da Mani pulite, Il Fatto Quotidiano pubblica un saggio su quell'inchiesta, cercando di sfatarne i luoghi comuni e le bufale che si sono costruite dopo:
Da domani in libreria e in edicola “Mani Pulite 25 anni dopo”. Eccone un’anticipazione
1.Mani Pulite fu un’operazione politica che eliminò per via udiziaria un intero sistema che aveva garantito 50 anni di democrazia in Italia.
È stata una grande, ma ordinaria indagine giudiziaria, Mani Pulite, non un’operazione politica. Partì da una piccola inchiesta su una tangente da 7 milioni di lire che poi, come nel gioco del domino, si allargò mazzetta dopo mazzetta e portò alla luce un gigantesco sistema della corruzione. E poté svilupparsi grazie a un insieme di concause. L’abilità investigativa dell’ex poliziotto Antonio Di Pietro e degli altri pm a cui il nuovo Codice di procedura penale del 1989 aveva passato la direzione delle indagini e il coordinamento della polizia giudiziaria. La crisi economica, che aveva assottigliato il denaro pubblico da destinare agli appalti e dunque i margini per le mazzette, il che rese gli imprenditori più disponibili a denunciare i politici che chiedevano loro tangenti (...). Poi furono non i giudici nei processi, ma gli elettori nelle urne, a far saltare il sistema dei partiti (...). Tant’è che il primo a beneficiarne fu il più abile figlio dell’Ancièn Regime corrotto, Silvio Berlusconi(...).
2. Mani Pulite ha salvato i“comunisti” e ha annientato gli anticomunisti, cioè i democristiani e i socialisti.
A guardare i fatti, i “comunisti” non sono stati affatto salvati: il primo politico arrestato da Mani Pulite non fu il socialista Mario Chiesa (amministratore di un ospizio comunale), ma il pidiessino ex comunista Epifanio Li Calzi, assessore comunale all’Edilizia, deceduto nel 2013. Dopo di lui, finì in carcere o sotto indagi nel’intera dirigenza del Pds milanese: i “cassieri” occulti Luigi Carnevale e Sergio Soave, il segretario provinciale Roberto Cappellini, l’ex vicesindaco Roberto Camagni, l’assessore Massimo Ferlini, il segretario provinciale Barbara Pollastrini e il parlamentare Gianni Cervetti (gli ultimi due poi assolti). A Roma, le indagini giunserofino al tesoriere nazionale Marcello Stefanini (...), furono arrestati e condannati il funzionario Primo Greganti e il responsabile del settore energia Giovanni Battista Zorzoli. Il pool indagò anche sulle coop rosse e su una misteriosa valigia piena di soldi che Raul Gardini portò nella storica sede del Pci, di cui però non si riuscì a individuare il destinatario(...). Il Psi apparve più colpito da Mani Pulite perché il suo padre padrone Bettino Craxi risiedeva e operava a Milano, (sotto la competenza diretta di quella procura, diversamente dai segretari degli altri partiti,con base perlopiù a Roma) e perché gli imprenditori (...) di area socialista si rivelarono i più disponibili a confessare(...) Infine, Craxi si rivelò l’unico segretario di partito che rubava anche per sé e senza alcuna precauzione: come raccontano alcuni testimoni, i soldi gli venivano consegnati in grandi buste gialle nel suo ufficio milanese, in piazza Duomo 19.
3. Mani Pulite usò il carcerecome forma di tortura e le manette per estorcere confessioni.
La decisione di mandare in carcere gli indagati veniva presa non dal pool di Mani Pulite, ma dai giudici delle indagini preliminari (i gip), come previsto dalla legge. Quanto alle confessioni, molti degli indagati le rendevano senza essere arrestati o ancora prima che scattassero le manette (“Cominciavano a parlare già al citofono”, ricorda ironico Davigo). Chi confessava veniva rimesso in libertà perché erano cadute le esigenze cautelari(...).
4. ManiPulite ha indotto al suicidio molti arrestati.
È un argomento drammatico e ricattatorio (...). Nessun indagato di Mani Pulite si è tolto la vita in carcere. Erano indagati, ma a piede libero, il segretario del Psi di Lodi, Renato Amorese, e il deputato socialista, Sergio Moroni, entrambi morti suicidi. Era libero anche Raul Gardini, che non sopportò il peso delle accuse che avrebbe dovuto confessare di lì a qualche giorno nell’interrogatorio già fissato in Procura. Morì in carcere, invece, il presidente dell’Eni Gabriele Cagliari, ma il pool Mani Pulite l’aveva già fatto scarcerare: era trattenuto in cella da altri magistrati per una diversa indagine, quella sulla tangente Eni Sai (...). Moroni lasciò una lettera, in cui non se la prendeva con i magistrati, ma con i compagni del Psi che l’avevano emarginato (...) Dopo la morte di Moroni, Craxi commentò: “Hanno creato un clima infame”. D’Ambrosio (...) replicò: “Il clima infame l’hanno creato loro. Noi ci siamo limitati a scoprire e perseguire fatti previsti dalla legge come reati. Poi c’è ancora qualcuno che si vergogna e si suicida”.(...)
5. Mani Pulite fu ispirata o manovrata da poteri occulti (la Trilateral, la Cia...) che volevano mettere fine alla Prima Repubblica e impossessarsi delle aziende di Stato.
Anche qui, la verità storica è molto più prosaica e banale. Nel biennio 1992‘93 l’Italia vive una grande trasformazione nel contesto della profonda mutazione geopolitica internazionale (la fine della Guerra Fredda). Molti poteri, italiani e non, cercano di incunearsi in questa svolta storica e provano a pilotarla per i propri interessi (...). Ma non c’è alcun complotto. (...) Dopo l’implosione dell’impero sovietico, gli americani lasciano che l’Italia segua il suo destino. E le indagini di Mani Pulite possono decollare.
6. Il protagonista di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, era un personaggio spregiudicato e corrotto.
“Da che pulpito viene la predica”, verrebbe da dire, citando Davigo: a dare lezioni di etica a Di Pietro e agli altri magistrati del Pool hanno provato personaggi pesantemente coinvolti nel sistema di Tangentopoli. Quanto a Di Pietro,è stato indagato in lungo e in largo senza che sia stato trovato un solo elemento di rilievo penale a suo carico. (...) Quello che resta è il fango messo in circolo in una campagna politica e mediatica durata anni e che alla fine è riuscita a raggiungere l’obiettivo di appannare l’immagine dell’uomo che nel 1992 93 era considerato “l’eroe di Mani Pulite”(...).
7. Bettino Craxi fu un grande statista morto in esilio, a cui sarebbe ora di dedicare una via o una piazza di Milano.
Non è questo il luogo per valutare le qualità politiche di Craxi, il quale ha sempre diviso l’Italia fra ammiratori e detrattori (...). Comunque sia, è stato riconosciuto colpevole invia definitiva dalla Corte diCassazione (...) di reati gravi come l’illecito finanziamentoai partiti e la corruzione. (...)Lui stesso manteneva saldamente la leadership del partito anche grazie ai soldi delle tangenti, con una grave distorsione del gioco democratico. E utilizzò una parte dei proventi delle mazzette per scopi personali. Lo documenta la sentenza del processo All Iberian (concluso in primo grado con la condanna di Craxi e del suo finanziatore occulto Berlusconi, e in appello e in Cassazione con la prescrizione dei reati accertati): almeno 50 miliardi di lire raccolti per il partito e finiti su tre conti svizzeri intestati allo stesso Craxi furono da lui destinati a finanziare il canale televisivo Gbr della sua “amica” Anja Pieroni, per comprarle l’hotel Ivanohe a Roma, per acquistare una casa a New York, per affittare una villa in Costa Azzurra per il figlio Bobo.