09 aprile 2017

La classe dirigente e le partite a calcetto

Ho seguito con un certo interesse l'intervista a Otto e Mezzo a Davide Casaleggio: sinceramente non ho ancora capito per quale motivo la democrazia in rete dovrebbe essere più diretta (e aperta) rispetto ad una democrazia “vecchio modello” con circoli, congressi, incontri.

Specie ora che il M5S si appresta a diventare forza di governo, vorrei capire meglio quali siano i criteri per la selezione della loro classe dirigente.
Il modello per cui chiunque può fare il politico (che guai a chiamarlo onorevole) tanto in voga nel 2013, è a mio avviso, fallito.
Per comprendere in che direzione va il mondo, che modello (nuovo) dare all'Europa, come risolvere i problemi economici, sociali, burocratici di questo paese, serve gente preparata, competente, con un vero curriculum. Gente che ha diritto ad uno stipendio più che onorevole.

Ecco, non vorrei che si passasse dal modello giglio magico, dove la selezione era fatta attorno alle fondazioni, alla conterraneità regionale, alla fedeltà al capo, ad un altro modello.
Chiuso rispetto a chi sta fuori, dove la fedeltà è alla piattaforma in rete.
L'esperienza romana dell'amministrazione a 5 stelle dovrebbe aver insegnato qualcosa.

Lo dico più che nell'interesse del M5S, in quello del paese.

Perché se è vero che per trovare lavoro (e spazio) conviene frequentare le partite di calcetto giuste (che siano Leopolde, l'azienda partito, o i meet up), poi non è detto che queste persone siano all'altezza di risolvere quei problemi di cui sopra.

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