20 giugno 2017

Odio gli sbirri, di Ed Mc Bain

Dal fiume che cinge la città a nord, si vede l'orizzonte. Stupendo. Si guarda in su, quasi con sacro timore, e davanti a quello spettacolo incantevole non si può far altro che trattenere il respiro.Le sagome nette degli edifici squarciano il cielo divorando l'azzurro.…

Gli sbirri dell'87 distretto, i bastardi dell'87 esimo ...
Era il 14 dicembre passato, quando durante la rassegna Noir in festival al cinema Anteo, Maurizio de Giovanni aveva anticipato che avrebbe curato la ripubblicazione della serie di gialli di Ed Mac Bain.
Un omaggio al grande scrittore americano, da cui in tanti hanno preso qualcosa, compreso De Giovanni. La serie dei Bastardi di Pizzofalcone, per sua stessa ammissione, è ispirata a quella di Ed McBain che, nella prefazione di Pane viene chiamato "il più grande di tutti".
Grazie ad Einaudi allora abbiamo modo di riscoprire i poliziotti dell'87 esimo distretto, la squadra dei detective con Steve Carella (guarda caso con gli occhi leggermente a mandorla “che gli conferivano un aspetto orientale” come il suo emulo italiano, il “cineseLojacono), Mike Reardon, Hank Bush, del tenente Byrnes, oltre agli agenti della scientifica e agli uomini di pattuglia che tutti i giorni lavorano sui crimini che avvengono nel loro enorme distretto.
Un distretto difficile, perché abbraccia un vasto territorio che abbraccia la zona tra la River Highway, dove vive la upper in stabili dall'aspetto elegante con "portieri gallonati e inservienti per l'ascensore", arriva al quartiere irlandese e a quello portoricano, fino alla zona di Grover Park, con le gang giovanili che non amano molto i poliziotti e nemmeno i detective (i tori) e dove la rapine erano all'ordine del giorno.
Una città di contrasti, dal cielo sfavillante, ma con le strade sudice di sporcizia:
La città si estende simile ad una gigantesca vetrina di pietre preziose, sfavillante di luce viva. Si affacciano sul fiume con tutte le luci che gli uomini hanno acceso e, a guardarli, mozzano il fiato.Sotto i grattacieli, sotto le luci, ci sono le strade. E le strade sono sudice.

La città non viene mai nominata ma è chiaramente ispirata a New York. Sono cambiati i nomi dei quartieri, delle strade. Il fiume che la attraversa non ha un nome. Ma è lei, la città che non dorme mai...

Odio gli sbirri uscì originariamente nel 1957 ("Cop hater"): rispetto alla precedente letteratura “di genere”, per la prima volta in un giallo non ci si trovava più di fronte al singolo investigatore che, partendo dalla scoperta del cadavere, deve risalire all'assassino e alle ragioni di quel sangue.
Qui ci troviamo di fronte ad una squadra vera, a poliziotti di cui vengono descritte in modo molto accurato i metodi investigativi, le tecniche. Poliziotti di cui l'autore vuole raccontarci tutto: sia come pensano e come lavorano sui loro casi, sia nella loro vita privata di uomini.
Uomini con una casa, con una donna che li aspetta, che sudano sotto l'afa di questa estate che non lascia scampo.
Faceva ancora caldo. La città pareva avvolta in una pesante coperta giallognola. A Steve Carella non piaceva il caldo. Non gli era mai piaciuta l'estate, neanche quando era bambino, e adesso che era un adulto e un poliziotto pensava che l'estate aveva solo una caratteristica degna di nota: faceva puzzare i cadaveri più in fretta.

In questo giallo l'assassino è un uomo che forse spinto dall'odio, uccide i poliziotti con la sua calibro 45 mentre stanno prendendo servizio o quando stanno smontando.
Nel momento in cui sono più vulnerabili. Come Mike Reardon, il primo a morire:
Non c'era molta differenza tra il cittadino che corse per la strada, in cerca di una cabina telefonica, e quello che fino a poco prima si chiamava Mike Reardon e che adesso giaceva immobile al suolo.Una sola cosa li distingueva: Mike Reardon era un poliziotto.

Da dove partire per l'omicidio di un collega?
Dai vecchi casi a cui il detective aveva lavorato, andando a sentire gli informatori, per capire se qualche vecchia conoscenza avesse deciso di regolare i conti con la polizia a modo suo.
Un lavoro in cui ti capita di sbagliare pista tante volte. Di fare tante domande inutili. Di girare strada per strada, palazzo per palazzo:
L'odore che c'è in una palazzina è l'odore della vita. E' l'odore della cucina, del sudore, dei rifiuti.

L'assassino colpisce nuovamente: ancora un detective dell'87 esimo e, guarda caso, proprio il collega che lavorava in coppia con Reardon. Davide Foster (il “negro”, così lo chiama McBain): anche lui ucciso da un colpo di pistola calibro 45:
David Foster fece per voltarsi, ma una pistola calibro 45 sputò fiamme nella notte, e David Foster si piegò su sé stesso, le mani strette al petto. Un fiotto di sangue gli colò tra le dita nere e cadde sul marciapiede, morto.

Il caso a questo punto esplode, anche perché è la stampa a porsi delle domande e a cercare di dare delle risposte facendo delle indagini in parallelo a quelle della polizia che creano più problemi che altro.
Tocca al detective Steve Carella, che sta vivendo una felice storia d'amore con Teddy, una ragazza conosciuta durante un passato caso, ad avvisare la madre di Foster:
Non c'è un molto che si possa dire a una madre, quando suo figlio è morto. No, non c'è proprio molto da dire.

In questo giallo l'autore ci porta dentro il commissariato dell'87 esimo, dove i ventilatori faticano a creare un'aria più respirabile per gli agenti. Ma ci porta anche dentro le loro case: ci mostra cioè le persone alle prese coi loro problemi, di fronte alle loro mogli o fidanzate. Ce li mostra, i poliziotti della squadra, in tutte le sfaccettature del loro carattere: c'è quello riflessivo e c'è quello manesco, c'è l'agente alle prime armi e quello che considera il suo un lavoro in cui serve solo l'ostinazione di un mulo.

Così, mentre l'assassino è pronto ad uccidere altri poliziotti, la soluzione per risolvere il caso arriverà quasi per caso, dopo aver battuto tante piste inutilmente.
Giustizia è fatta, alla fine. La popolazione è salva e così la stampa può passare ad altri problemi, più importanti (molto amaro il finale ..)

Prese una copia del giornale di Savage. Le notizie del processo erano sparite dalla prima pagina. Adesso ce n'erano altre più importanti.Il titolo di apertura era:
Finita l'ondata di caldo!Rallegriamoci.

Odio gli sbirri è un libro che non mostra affatto i suoi anni: per il modo in cui è stato scritto, per come racconta la città (dando tanti dettagli ma senza mai svelare nulla che possa ricondurre ad un luogo reale), per come racconta le persone (anche con le loro debolezze), pur se ambientato a fine anni 50, è come se fosse scritto oggi.
Non ha perso nulla della sua freschezza.
E forse proprio per questo è un giallo che si legge e apprezza ancora oggi!

La scheda del libro sul sito di Einaudi e il primo capitolo in PDF.
Qui una recensione di Maurizio De Giovanni

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