30 settembre 2017

Vietato votare

In Catalogna sta succedendo qualcosa, nonostante il bombardamento delle notizie forse sfugge la portata della crisi tra governo centrale e governo della regione autonoma.
A Madrid sono stati chiari: è vietato votare, perchè questo referendum è contrario alla Costituzione, una sfida al paese.
Non so chi abbia torto in questo braccio di ferro che spero non si inasprisca.
Ma due considerazioni si devono fare: se non ci fossero state forzature delle Costituzioni e delle istituzioni oggi non avremmo gli Stati Uniti (nati da una ribellione all'Inghilterra) e Israele (protettorato inglese) per fare due nomi.

E, la seconda cosa: in tanti ripetono che serve più Europa, più unione eppure le spinte secessioniste aumentano come cresce pure il peso dei partiti euroscettici.
Piccolo è meglio?
Forse perché si pensa che più piccoli si è, meglio si riesce a sfuggire alle regole comuni, agli obblighi dello stare insieme. In un mondo globalizzato, come possa stare in piedi questo ragionamento, è quasi un mistero.
Forse anziché parlare di più Europa, si dovrebbe chiedere e spingere per una diversa Europa.

29 settembre 2017

Memoria di sangue - l'epigrafe di Quasimodo per la strage di Marzabotto

Epigrafe di Salvatore Quasimodo 

Questa è memoria di sangue
di fuoco, di martirio,
del più vile sterminio di popolo
voluto dai nazisti di von Kesselring
e  dai loro soldati di ventura
dell’ultima servitù di Salò
per ritorcere azioni di guerra partigiana.

I milleottocentotrenta dell’altipiano
fucilati ed arsi
da oscura cronaca contadina e operaia
entrano nella storia del mondo
col nome di Marzabotto.
Terribile e giusta la loro gloria:
indica ai potenti le leggi del diritto,
il civile consenso
per governare anche il cuore dell’uomo,
non chiede compianto o ira,
onore invece di libere armi
davanti alle montagne e alle selve
dove il Lupo e la sua Brigata
piegarono più volte
i nemici della libertà.

La loro morte copre uno spazio immenso,
in esso uomini di ogni terra
non dimenticano Marzabotto,
il suo feroce evo
di barbarie contemporanea.

Salvatore Quasimodo [presa dal sito del comune di Marzabotto]

L'epigrafe di Quasimodo è dedicata alla strage di Marzabotto: l'eccidio degli abitanti di questo paese (e di altri comuni limitrofi) avvenuto tra il 29 settembre al 5 ottobre del 1944 per opera della XVI divisione Reichsführer (già all'opera a S. Anna di Stazzema).

La memoria per la guerra di liberazione, per ricordare le stragi nazifasciste è memoria di sangue.
Il sangue dei partigiani, delle vittime innocenti, di quanti hanno lottato contro l'occupazione, contro il fascismo.

Stato dell'informazione






Lo stato di salute dell'informazione si misura in tanti modi: la varietà delle notizie sulle prime pagine, l'indipendenza dei giornalisti dai proprietari dei giornali, l'essere portatori di notizie e non ufficio stampa di quel partito o l'altro..
Prendete la notizia della richiesta di rinvio a giudizio del sindaco di Roma: la trovate ovunque, perfino nei giornali garantisti (coi potenti) come Il dubbio.
Tutti assolti i politici, il flop dei pm: assolti Del Turco, Alemanno, Orsoni e Penati. Penati a parte, i cui reati sono in parte andati prescritti, tutti gli altri sono stati condannati.
Ma non importa solo il risvolto penale: Orsoni non si accorgeva del caso Mose.
Penati assolto come pure il suo accusatore, De Caterina: come è possibile? Mistero, come mistero rimarrà la scelta di comprare parte delle quote della Serravalle quando era presidente della provincia.

Dobbiamo porre fine all'incubo della repubblica giudiziaria: di questo si discuteva sulla terrazza PD col senatore Violante, i giornalisti Chirico e Ferrara.
Non sia mai che si sappia che l'ex ministro Guidi aveva un fidanzato molto interessato ad una legge che lo riguardava da vicino. 
Non sia mai che si sappia che l'inchiesta Consip tocca vertici dell'arma, il babbo un imprenditore vicino al giglio magico, un ministro.

E non sia mai che le persone sia informate dell'inchiesta che coinvolge Cementir, Ilva e Enel, sugli scarti industriali (nocivi) finiti nel cemento.
Non è mica l'incubo immigrati, l'incubo delle malattie, l'incubo delle manette facili.

Siamo la Repubblica degli scandali e dell'indignazione facile che fortunatamente svanisce in fretta. 
La ndrangheta in Brianza che innaffiava i politici, i professori indagati nello scandalo dei concorsi, le rimborsopoli dei consiglieri regionali.

28 settembre 2017

Stesso reato (presunto)

Dovrebbe essere lo stesso il reato contestato a Virginia Raggi e Beppe Sala: falso in atto pubblico.
Per entrambi è stato chiesto il rinvio a giudizio.
Solo che la richiesta per il sindaco di Roma è, in questo momento, su tutte le home page dei siti di informazione, anche su Democratica.info, il giornale del garantismo (dei potenti).
La seconda richiesta di rinvio a giudizio invece è finita in sordina.




Operazioni di facciata

Un due tre stella: tre storie utili a raccontare come qui da noi si facciano le cose solo per salvare le apparenze.
L'accordo Italia-Francia per il controllo del gruppo STX: l'Italia ha la maggioranza in prestito dalla Francia, ma decide tutto la Francia. E se non gradisce le nostre scelte, si prende pure quell'1%.
Il governo vara la commissione sulle banche (che dovrebbe pure indagare su MPS, sulle banche Venete, su Etruria): a presiederla, lo scettico Casini. Quello che giurava sull'innocenza di Cuffaro.
Il codice antimafia è legge, titolano i giornali: peccato che sull'equazione corrotti = mafiosi (che non piace al centro destra) il governo si sia impegnato a porre rimedio. Un altra legge col buco, dopo il voto di scambio, la legge sul falso in bilancio?
Riuscirà a prevenire altri casi come quello del sindaco di Seregno (con che voti è stato eletto)?
A proposito di riforma, lo ius soli doveva essere la legge fiore all'occhiello del governo che si occupa di diritti civili (almeno, questo è quello che promettevano). A furia di rimandare siamo arrivati alla finta promessa: sarà una priorità, del prossimo governo.
Magari quello che rimetterà mano alla giustizia per fare le riforme che il centro destra non è riuscito a fare (intercettazioni, autorizzazione a procedere).

27 settembre 2017

Il segreto, di Antonio Ferrari

Forse l'unico modo che ci rimane per raccontare certe storie è quello di ricorrere al romanzo.
Un romanzo che, partendo da tutto quello che i magistrati non hanno potuto provare o dimostrare, gli storici asserire, la politica affermare, cerca di riempire tutti i vuoti e le lacune dei misteri d'Italia.
La bomba alla stazione di Bologna.
La strage di Portella della Ginestra.
La strategia della tensione, la guerra fredda, le stragi e Gladio.
Tutte storie che fanno paura e che fanno ancora indignare, per il sangue che persone innocenti hanno versato in nome di non si sa bene quale ragione di Stato.
Certo, c'era il mondo diviso in blocchi e l'Italia non poteva sfuggire al ruolo che le era stato assegnato a Jalta, sotto l'ombrello dell'America.
Sotto l'ombrello americano e col partito della Democrazia Cristiana costretto a sopportare l'onere del governo.
Nessun ricambio governativo, nessuna possibilità di fare sperimentazioni politiche per trovare altre alchimie, ovvero diverse alleanze.
Come quelle che potevano aprire le porte del governo a forze della sinistra, che pure esprimevano il voto di milioni di italiani.
Democrazia a sovranità limitata, questa la formula che si sente ripetere (e che molti dei protagonisti di quegli anni negano): se si fosse andato fuori dagli schemi imposti all'Italia, qualcuno avrebbe fatto sentire la sua voce.
Il piano Solo e il tentativo di Golpe, dopo il primo esperimento di centro sinistra di Moro nei primi anni '60: piano che prevedeva l'enucleazione di esponenti della sinistra, sindacalisti ..
Quando, con l'autunno caldo, la contestazione, la crisi economica, la situazione divenne più complicata, l'avanzata delle sinistre fu osteggiata con altri mezzi, sempre meno ortodossi: bastava la minaccia del golpe, e per galvanizzare i gruppi dell'arcipelago nero neofascista (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale), fu data carta bianca (e protezione da parte di organi dello Stato): piazza Fontana (e le bombe di Milano sui treni), piazza della Loggia, Italicus, strage di Peteano, solo alcuni degli episodi di questa guerra a bassa intensità, che aveva il compito di destrutturare le forze di sinistra, spaventare, spingere i movimenti extraparlamentari ad azioni più violente.

Il capo dell'ufficio D del SID, generale Maletti, nel 1974 "Ora non sentirete più parlare di terrorismo nero, ora sentirete parlare soltanto di quegli altri".

Dallo stragismo nero si passò poi a quello rosso, le Brigate Rosse e la miriade di sigle che costituivano il partito armato: altro sangue, altre morti, questa volta obiettivi più mirati all'interno dello Stato.
Magistrati, poliziotti, avvocati, giornalisti. Spesso gli obiettivi erano persone che col loro lavoro, rendevano credibile il ruolo dello Stato (questa la formula, delirante, usata nella rivendicazione della morte dei giudici Emilio Alessandrini e Guido Galli).
Questa nuova guerra ebbe il suo culmine nel rapimento del presidente della DC Aldo Moro, la strage della sua scorta. Rapimento che si concluse, dopo 55 giorni nella prigione del popolo con la morte di Moro e col cadavere abbandonato dentro una Renault rossa, a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI. In pieno centro di Roma.

La storia del rapimento di Moro possiamo raccontarla secondo quello che dicono le carte dei processi (che in buona parte si sono basati su quanto hanno dichiararo i brigatisti Moretti e Morucci).
Le BR hanno fatto tutto da sole, nessuna etero-direzione dall'esterno, nessun segreto sul covo, sui colpi sparati a Moro, nessun contatto con altri servizi stranieri, nessuna trattativa nascosta con la DC per raggiungere un altro obiettivo, ovvero che Moro doveva morire.
Secondo questa versione ufficiale lo Stato (e i servizi, che all'epoca erano inquinati dal tumore della Loggia P2) hanno fatto tutto il possibile per individuare la prigione del popolo di via Montalcini, per liberare lo statista.

Il giornalista del Corriere Antonio Ferrari, ha costruito una storia parallela alla verità ufficiale, basandosi su quanto aveva appreso ma che non poteva pubblicare, perché mancavano forse alcune pezze d'appoggio: confidenze di magistrati, notizie ignorate dai media principali, indiscrezioni.
Ferrari ci racconta la genesi (e la vicenda) del rapimento Moro, alterando il luogo, Milano e non a Roma, il periodo storico e anche le decisioni delle BR.

Il suo racconto è un altro racconto, che parte da più lontano: da tre uomini (due americani e un cecoslovacco) che si incontrano in un hotel a Washington (e successivamente a Parigi) e si trovano a discutere della situazione politica in Italia.
La paura che scuote queste persone che fanno parte di una struttura sovranazionale, sconosciuta ai governi dei paesi sia del blocco occidentale che orientale, è l'apertura al partito comunista da parte del presidente della Democrazia Cristiana, che non viene mai nominato per nome durante il libro, ma si capisce subito che si tratta di Aldo Moro.
Apertura che avrebbe portato il peso delle difficili scelte del paese anche sulle spalle del maggior partito comunista in Europa, nella forma dell'astensione (non l'ingresso direttamente nell'esecutivo, eventualità ancora esclusa per i tempi).

«Le notizie che ho sono drammatiche. Per me, per i miei amici, per tutta la sinistra. Il partito comunista italiano è diventato un partito borghese. Alle elezioni ha preso voti di una parte del ceto medio, e anche quelli di una fetta di quella borghesia intellettuale che l'aveva vigorosamente osteggiato in passato. Vogliono sicurezza, e il Pci gliela dà. Si fidano. Pensate che Berlinguer ha detto, in un'intervista al “Corriere della Sera”, che gli va bene persino l'ombrello protettivo della Nato. La tragedia è che non c'è più protezione al “progetto”. Gli extraparlamentari divisi, il terrorismo che cresce, senza criterio, giorno dopo giorno. Esiste sempre un rapporto di causa effetto, ma ora bisogna procedere al contrario: arrivare alle cause passando attraverso gli effetti. Occorre evitare che questo male dilaghi, e che la sinistra ne esca distrutta.»Stewart non capiva. Che ne sapeva, lui, dei sottili sofismi della politica italiana? Per quale ragione il Partito comunista avrebbe dovuto distruggere l'intera sinistra europea? Crotti lesse le sue domande sul volto e intervenne.«Le sue perplessità sono legittime ma noi, che abbiamo studiato il problema a fondo, sappiamo che non c'è scampo. È proprio così. L'unica carta che possiamo giocare è quella dell'eversione.»«In che modo?» chiese Stewart.«Semplice. Favorendola.»

Apertura che da fastidio sia ai falchi del blocco atlantico, sia ai falchi del blocco comunista, perché costituirebbe un pericoloso precedente che altri partiti comunisti, nei paesi dell'est, potrebbero seguire.
Cosa fare? Infiltrarsi dentro le Brigate Rosse, alzare il livello dello scontro nei confronti dello Stato e, dall'altra parte, denunciare il comportamento repressivo delle istituzioni.

Lapierre, ansimando per l'eccitazione: «Noi, da una parte aiuteremo le Brigate Rosse, e dall'altra denunceremo lo Stato repressivo che annienta le autonomie e recide, con il bisturi della reazione più brutale, ogni voce di dissenso. Anche la destra, quella intelligente, sarà d'accordo con noi.»

Infine, colpire il cuore dello stato, colpire proprio l'artefice di quella rivoluzione politica.
Obiettivo che interessava sia i falchi ad occidente che ad oriente:
Ecco – pensò Stewart -, il primo cerchio che si chiude. Le armi che arrivano da Est, gli ordini da Ovest, e a Parigi il nodo che tutto sintetizza e tutto ridistribuisce. Anche la copertura ideologica.”

Per costruire i personaggi di questa storia Antonio Ferrari si è chiaramente ispirato a personaggi reali: Ron Stewart, l'uomo della CIA reclutato da questa “organizzazione internazionale” per fare i lavori sporchi è per esempio disegnato a partire da Ronald Stark, l'agente della CIA arrestato a Bologna come spacciatore di un nuovo tipo di droga (rivedetevi la puntata di Blu notte – una guerra di spie, sui rapporti tra OSS, Cia e Gladio):

Ronald Stark e l'operazione blue moon: quando la CIA diffuse le droghe pesanti nei movimenti degli anni Settanta per fermare l'ondata della rivoluzione.
Personaggio strano, questo chimico-hippy: arrestato a Bologna per traffico di stupefacenti, una volta entrato in carcere, entrò in contatto coi brigatisti Curcio e Franceschini: per fare cosa? Era questo il suo vero compito da agente della CIA?

Il capo della Digos di Genova Giri, che si mette sulle tracce di Stewart e che intuisce parte del complotto, ricalca in parte il commissario Gori, capo della Digos di Bologna che doveva indagare proprio su questo strano hippy, ufficialmente un chimico di nazionalità inglese, Ronald Stark.
Poco prima di morire in uno strano incidente, mentre tornava dalle ferie, aveva confidato ad un amico di avere paura per l'inchiesta che stava seguendo, di essere finito in un giro più grande.
A proposito, anche Ronald Stark sarebbe morto, nel 1985, morì in un incidente misterioso...

L'università parigina che, anziché lezioni di filosofia fa convegni su rivoluzione e lotta armata, che nel romanzo si chiama KIRIE, ricorda molto da vicino la scuola di lingue Hyperion, considerata la base più importante della CIA in Europa. Dove gestire le operazioni sporche, secondo il manuale redatto dal generale Westmoreland, eroe del Vietnam.
L'inchiesta del procuratore Pietro Calogero evidenziò i rapporti tra le BR e l'autonomia (del professor Toni Negri, altro personaggio che si intuisce dietro uno dei protagonisti della storia) e con questo centro, Hyperion, che durante il sequestro Moro aprì due sedi in Italia.
«Compagni, dopo l'appuntamento di Genova sarà necessario promuovere due nuove campagne: colpire uomoni e strumenti di potere della Democrazia Cristiana; non dare tregua ai traditori del PCI. Anzi, li chiameremo “pc-ioti”, come idioti con la targa. I volantini dovranno poi richiamarli ai temi generali: lotta al Sim, lo stato imperialista delle multinazionali; lotta agli apparati del potere palesi e occulti; lotta ai pennivendoli di regime; lotta ai lacché del capitalismo, chiunque essi siano.» 
L'architetto, che aveva ascoltato tutto senza perdere una battuta, si permise un'osservazione. «Non so se mi è consentito un intervento ..» 
Marozzi, invitante: «Ma certo, Giovanni. Sei dei nostri, o no?». 
Setti: «Credete veramente che sia opportuno scatenare un'offensiva contro i progressisti, quelli che chiamate “il cuscinetto che impedisce allo Stato torturatore e fascista di gettare la maschera”?». 

Marozzi non ebbe esitazioni. «Il comitato esecutivo ha scelto proprio loro. Sono i peggiori. I veri nemici della lotta di classe. Questo dev'essere ben chiaro ...»

Il romanzo di Ferrari alza il punto di vista sul caso Moro: i contatti tra l'area dell'Autonomia e i suoi "cattivi maestri" con le BR; i viaggi dei capi delle BR a Parigi; agenti di paesi comunisti e di paesi occidentali attorno ad uno stesso tavolo per parlare di complotti e di traffici di armi ...
La tesi che sposa l'autore (e molti storici come De Lutiis, autore de "Il golpe di via Fani") è che le BR non agirono da sole, nemmeno nella scelta dell'obiettivo, nell'agguato e nella scelta della strage della scorta (col colpo di grazia alla testa), fino alla decisione di uccidere il presidente Moro (il meno implicato tra tutti negli scandali della Democrazia cristiana, come disse di lui Pasolini):

Nonostante siano passati 35 anni, il racconto di Ferrari è ancora vivo, entra dentro le stanze dove si è pianificato il complotto contro l'Italia, dentro il covo dei brigatisti con le tensioni degli uomini che dovevano prendere una decisione sulla vita o la morte di Moro. Ragazzi, come Giusto Semprini entrato nelle BR per fare quella rivoluzione in nome del proletariato, deluso dalla linea del partito comunista, ed uscito poi nauseato.

E' dietrologia spicciola quella che leggiamo dalle pagine del libro di Ferrari?
Oppure una visione che, sebbene romanzata, risulta più credibile di quella verità ufficiale, di cui si parlava prima, che non spiega tutti i perché, di uno degli episodi chiave della nostra storia.

Quando si dice la veritànon bisogna dolersi di averla detta.La verità è sempre illuminante.Ci aiuta a essere coraggiosi”Aldo Moro

La scheda del libro sul sito di Chiarelettere
La post-fazione al libro, 35 anni dopo la prima scrittura e l'intervista all'autore.


I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

26 settembre 2017

Dalle notizie sui quotidiani di oggi

A tutti i riformisti, a quanti sostengono che è grazie alle riforme (del governo dei #millegiorni) che il paese sta uscendo dalla crisi, a quelli che servono le riforme per dare stabilità al governo (per cui la sera del voto devono sapere il nome del presidente del Consiglio) ...
A tutti questi esperti di democrazia e politica in Italia, invito a leggersi le notizie dei quotidiani.
C'è un completo campionario delle cose che non funzionano nel nostro paese.
Il sindaco populista di Seregno che su youtube invocava la castrazione per gli stupratori (stranieri) e che ora è stato arrestato a seguito dell'inchiesta su politica-ndrangheta-corruzione. Cosa dovremmo tagliare ora a lui (nel caso le accuse ecc ecc)?
Che la ndrangheta fosse qualcosa più che un problema di criminalità organizzata, lo ha raccontato ieri sera Iacona, parlando dei rapporti tra ndranghetisti e massoneria, tra ndranghetisti e il mondo dei professionisti. 
Reazioni della politica questa mattina? Nessuna.
Però come sono arrabbiati i tfosi della juventus dopo la sentenza di condanna al presidente Agnelli. Avrebbe concesso biglietti gratis a degli ultrà, ma non sapeva che fossero ndranghetisti: "Non era consapevole di trattare con malavitosi".
C'è poi la questione della ricerca bruciata, con l'inchiesta dei concorsi truccati a Firenze. Oramai le università si stanno trasformando come le municipalizzate: servono cioè a piazzare amici, parenti, trombati.
Basterebbe controllare i nomi e i cognomi di chi vince i concorsi.
E invece temo che anche stavolta tutto finirà in niente: l'inchiesta sui baroni di Bari del 2005 (che pure fece tanto scandalo) è finita in prescrizione.
Con tanti saluti alla meritocrazia e ai giovani che per fare carriera se ne devono andare.
Infine le elezioni in Germania: ne parla ampiamente Gilioli in un post dove racconta del bivio che la sinistra si trova di fronte.
O continuare a perdere voti nella folle rincorsa alla destra.
O riprendere in mano i suoi valori:
"modalità di creazione e di redistribuzione di ricchezza, rapporto con la finanza, welfare, scuola, ospedali, reddito, progressività dei sistemi fiscali, imposte di successione, la casa come diritto umano fondamentale, riduzione delle distanze siderali tra centri storici e periferie, intervento con la scure dello Stato su tutte quello forme di sottolavoro che si fanno chiamare "gig economy" perché schiavitù pare brutto".

Il tutto alla faccia di quanti anche oggi ci propinano la menzogna dell'invasione, dell'Italia agli italiani, della sinistra-sinistra che ci fa perdere le elezioni ...

25 settembre 2017

Presa diretta – I mammasantissima

Questa sera apriremo le segrete stanze del potere dove si incontra la ndrangheta, con la finanza e con l'economia, per vedere cosa c'è dentro – Riccardo Iacona ha presentato così la puntata di questa sera.

L'anteprima della puntata: come fa la ndrangheta ad essere così potente, così pervasiva nell'economia e nella politica, in tutte le regioni d'Italia.
Ha fatto tutto da sola oppure ha avuto delle protezioni?
Danilo Procaccianti ha intervista il procuratore Lombardo, a Reggio: ha seguito l'inchiesta che ha portato all'arresto del boss Condello, il supremo.
Vive sotto scorta dopo aver ricevuto delle minacce di morte, ha investigato sui legami tra ndrine e finanza, la cupola della ndrangheta.
Nell'inchiesta Mammasantissima sono stati arrestato il deputato Romeo, il senatore Caridi (ex FI), l'ex sottosegretario in Regione Sarra.
Avrebbero fatto parte della direzione strategica della ndrangheta, assieme a Di Stefano, una struttura che non è nota nemmeno ai capi delle ndrine: erano la componente invisibile.

I pentiti hanno parlato, nel passato, della Santa: la componente in cui i boss entrano in contatto con massoneria, servizi, politica.
Tutto nasce con la rivolta di Reggio del 1970, con una intuizione dei fratelli De Stefano: con questi contatti i De Stefano iniziano ad avere delle protezioni istituzionali.
Coperture pesanti – dice Nino Fiume, un collaboratore di giustizia che è entrato nel clan De Stefano negli anni '80: i fratelli De Stefano potevano entrare in società con persone che nemmeno il presidente della Repubblica.

Fiume ha visto la guerra di ndrangheta, ha vissuto per anni a fianco di queste persone, che godevano di importanti protezioni istituzionali che li avvisavamo di inchieste: la ndrangheta che abbiamo raccontato fino ad oggi è un'altra cosa, questo nuovo ente è come un burattinaio che muove i fili delle locali di ndrangheta.
Nemmeno si sa come chiamarlo, questo gruppo di mammasantissima....

I mammasantissima.
“La ndrangheta non esiste più.. ora è rimasta la massoneria e quei quattro stronzi ..” così parlano due ndranghetisti in una intercettazione.
Il procuratore Lombardo parla di struttura decisionale che decide i settori e le politiche con cui operare, una struttura che comunica poi le sue decisioni alla base: è mafia ma non si manifesta come tale, pur essendo il livello apicale di questi fenomeni.
Il processo del pm Lombardo si sta svolgendo ora a Reggio: tra gli imputati l'avvocato De Stefano, Sarra sottosegretario regionale, il senatore Caridi e l'avvocato Romeo, ex deputato social democratico.
Secondo l'accusa farebbero parte della struttura segreta sopra le cosche, che sarebbe intervenuta su tutte le elezioni regionali dal 2001, tra cui quelle che hanno portato Scopelliti prima in comune poi in regione.
Anche se Romeo non è soddisfatto di Scopelliti, meno bravo rispetto allo sfidante. Ma più affidabile, agli occhi di questa struttura.
Romeo, per far vincere Scopelliti avrebbe chiesto i voti alla ndrangheta: al boss si permette di usare un tono da superiore, non voglio sentire non voto Scopelliti manco se arriva Gesù..

Il procuratore Macrì fu il primo ad indagare sull'avvocato De Stefano, ma poi la sua inchiesta fu bloccata, anche dalle polemiche nate quando si arrivò a personaggi così in alto.
Partirono campagne di stampa a favore degli imputati e si arrivò anche a delle minacce personali a Macrì e ai suoi familiari.
La sua indagine degli anni 90 fu bloccata: poteva arrivare a toccare la struttura segreta sopra i clan, ben prima di Lombardo.

Per controllare l'azione di Scopelliti, la cupola gli mette a fianco Sarra: in una intercettazione sgridava Scopelliti per aver fatto delle scelte politiche.
Nel progetto di Romeo, Scopelliti doveva diventare sindaco e non eurodeputato, all'Europarlamento doveva andare il candidato Perilli.

Gli invisibili avrebbero piazzato anche un loro uomo in Senato: Caridi, per la procura, farebbe parte di questa componente riservata.
Ora è in stato di arresto a San Vittore, dopo che il Senato a votato in favore dell'azione giudiziaria.
Il boss Michele Gambazza avrebbe puntato su Antonio Caridi e quest'ultimo avrebbe anche visitato l'abitazione dei Pelle.
Secondo il pentito Aiello, il senatore Caridi avrebbe aiutato anche i De Stefano, che ritenevano il senatore “cosa loro”...

Per curare gli interessi della ndrangheta non bastano i politici: ci sono anche commercialisti, magistrati e perfino un parroco, don Pino Strangio. Sono i riservati, aiutano la ndrangheta ma non sono affiliati.
Il riservato è colui che ti permette di arrivare a certe persone, pur rimanendo nell'ombra: è la zona grigia che consente alla ndrangheta di allungare i tentacoli sulla magistratura, nel mondo dei professionisti ..

Giuseppe Tuccio è un magistrato, è arrivato fino in Cassazione e ora è accusato di aver favorito la ndrangheta: “sono gente legata a me”, dice Aldo Micciché, imputato in mafia.
Uno che aveva organizzato un incontro tra la cosca Piromalli e Dell'Utri.

Giovanni Zumbo è un commercialista: nel 2010 avrebbe organizzato un finto attentato, che doveva colpire il presidente Napolitano.
Faceva il doppio gioco coi clan e coi servizi segreti: fu il vice capo dei Servizi, Mancini, a voler aprire una collaborazione con Zumbo.

Don Pino Strangio è un prete di San Luca: dopo la strage di Duisburg, avrebbe trattato coi carabinieri per consegnare dei killer in cambio dell'abbassamento della pressione dello Stato su San Luca.
È il parroco di San Luca e ha ufficiato anche alla Madonna di Polsi: ha deciso di non parlare col giornalista che gli chiedeva conto delle accuse. “Venga al processo ..”

Il giornalista di Presa diretta è stato seguito e minacciato, dopo l'intervista a don Pino: cancella le immagini oppure non vai via ..

La massoneria italiana: siamo sicuri che le Logge italiane sono esenti dall'infiltrazione della ndrangheta?
Il pentito Cosimo Virgiglio, intervistato dalla giornalista Pusceddu, ha raccontato della super loggia segreta che si occupava, ad altissimi livelli, appalti di armi, affari, processi da sistemare.
C'è un rapporto reciproco tra loggia e ndrangheta e tra massoneria riconosciuta e quella occulta: siamo tutti fratelli.

Il lavoro della commissione antimafia ha fatto uno screening delle logge: davanti al presidente Bindi passano i capi delle logge riconosciute, cui è stato chiesto la lista degli iscritti in Calabria e Sicilia.
C'è la legge della privacy – si sono nascosti dietro la privacy, anche il GOI di Bisi.
Non si sono chiesti, i vertici delle logge, della sproporzione tra gli iscritti in queste regioni e la popolazione. Come conciliano le politiche di trasparenza, persone come Bisi, col segreto degli elenchi.
Le più importanti obbedienze d'Italia si sono difese, ricorrendo ad un pool di avvocati, nei confronti delle richieste di Bindi: parlano di caccia alle streghe, così la commissione fa intervenire la Guardia di Finanza e lo Scico.
La Gdf ha sequestrato le liste in tutte le principali logge, compreso il GOI che ora ricorrerà alla Corte europea.

Come si controllano gli iscritti alle Logge? La domanda l'ha fatta la giornalista ad uno dei maestri, incontrati alla kermesse di Rimini.
Si controlla la fedina penale, rispondono: i guanti bianchi dati al massone sono simbolo della purezza, un fratello non può mai lordarsi le mani.

Alessia Candito, giornalista di Repubblica, ha raccontato delle logge della Locride, ce ne sono tante: i rappresentanti, arrivati a Rimini, negano l'infiltrazione della ndrangheta, parlano di trasparenza. Ma con molta riservatezza ed escludendo le donne dai lavoro: mogli e findanzate sono fuori dai lavori, per vendere gadget.
Anche loro non accettano l'equazione calabresi = ndranghetisti..
D'altronde anche Bisi ha preso molti voti in Calabria, pure lui dovrebbe chiedere l'elenco di quelli che lo hanno votato, no?

Ospite a Rimini era presente il sottosegretario Nencini: felice di essere presente in mezzo a massoni, gente di libero pensiero, che rivendica la libertà di associazione (come se la commissione e il lavoro della magistratura avesse messo in discussione questi aspetti).

Giuseppe Messina, capo dei venerabili in Calabria racconta che mai come oggi ci sono tante richieste di iscrizione tra i giovani.
La massoneria in Calabria ha radici antiche, un qualcosa che si tramanda da generazione a generazione: ma il fascino dei templari svanisce quando si parla di infiltrazioni mafiose, di traffici strani, come quelli denunciati da Ninnicelli, massone.
Che per le sue denunce, nei confronti di un altro fratello, Macrì, è stato espulso.

Se dovessero emergere dei condannati nella lista degli iscritti, cosa farà il GOI?
Verranno espulsi, assicura Bisi, che però ritiene l'azione della commissione un qualcosa contro l'associazione e contro la massoneria.
Una sfida allo Stato, invece la sensazione dell'onorevole Bindi: stiamo facendo un'inchiesta sui mafiosi massoni, per comprendere la nuova struttura che vede assieme mafiosi e massoni.
Tra i nominativi degli iscritti delle logge siciliane e calabresi ci sono persone condannate per 416 bis e un numero considerevole di imputati e rinviati a giudizio per reati di mafia o ad essi collegati.

E la privacy? Nessun nome è circolato, dopo il sequestro della GDF: sono numero preoccupanti, le preoccupazioni dei magistrati sarebbero confermate.
Oggi le mafie usano anche la massoneria per influenzare l'economia e la politica.

Il confronto col magistrato Gratteri.

Le risultanze sono gravi: qualsiasi associazione deve controllare e fare accertamenti ai nuovi iscritti. Se ci sono dentro persone condannate, è una cosa gravissima: l'abbraccio tra la mafia e la politica o tra mafia e massoneria deviata lo abbiamo dalla fine dell'800.
L'avo dei De Stefano che oggi controllano mezza Reggio, era un ladro di polli e fu chiamato per pestare i candidati che appoggiavano i candidati dei Borboni e della Chiesa.

La presenza di Nencini come la valuta? Io non sarei andato, proprio in un momento in cui c'è un braccio di ferro tra massoneria e commissione antimafia.
Il GOI ha perso una grande occasione, per fare trasparenza: ha voluto sfidare la commissione, che ha dovuto fare una perquisizione in risposta.

Quanto grande è questa zona grigia dove si incrociano gli interessi tra ndrangheta e massoneria? Considerando la decadenza dei valori, sto vedendo che è un fenomeno enorme – la risposta di Gratteri.
Il livello di corrutela, di infiltrazione nella pubblica amministrazione da parte delle mafie che vanno a braccetto con le logge massoniche deviate, è un dato assodato. La doppia affiliazione, alla ndrina e alla massoneria, fa comodo per entrare in certi gangli, dove si decidono appalti.
Oggi il problema è giustificare la sua ricchezza, per la ndrangheta: per riciclare milioni di euro serve ben altro..

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Col decreto Reggio, lo stato ha stanziato centinaia di milioni per il capoluogo di regione: di questi soldi si discuteva nelle stanze dell'avvocato Romeo.
Nel decreto c'erano i soldi per rifare strade, fogne, per riqualificare la zona di fronte al mare. Non si è mai mossa una pietra.
Lavori fermi anche per il deposito degli autobus, la palestra polifunzionale è uno scheletro in disuso.
Oggi il nuovo sindaco Falcomatà ha trovato le casse vuote e ha dovuto alzare le tasse per ripianare i debiti pregressi: quello che è successo in città non è frutto del caso, c'era un sistema che oggi è venuto alla luce.
Milioni di euro, tra i patti per il sud e i pom, che arriveranno qui e su cui Romeo voleva mettere le mani.
Voleva realizzare l'area metropolitana dello stretto, per questa sua idea è riuscito a farsi intervistare dalla Rai: l'uomo invisibile, già condannato per concorso esterno che incontrava professionisti e, in incontri pubblici, anche con Falcomatà.

Romeo mandava anche interrogazioni al ministro, già scritte, per tramite del senatore Scilipoti, che le stampava e le firmava.
Romeo entra anche nella commissione affari costituzionali della Finocchiaro, dove è stato audito, su invito di un gruppo di senatori. Che evidentemente non conoscevano le sue condanne.

Il procuratore Lombardo è preoccupato: le organizzazioni criminali, coi loro capitali, alterano il mercato, alterano il sistema democratico.
Come un magnete che, messo vicino al televisore, distorce l'immagine.

La legge sul concorso esterno: noi magistrati dobbiamo avere più coraggio, incominciare ad osare, a ragionare, a pensare che le mafie non sono una struttura statica, che mutano e che vivono in mezzo a noi.
Dobbiamo avere la mente aperta e pensare che quello che diciamo oggi, tra sei mesi è superato: la società è in continua mutazione e anche la mafia.
Il concorso esterno non è proporzionato al pericolo: molti dei condannati hanno continuato a coltivare le loro relazioni, con persone che sapevano chi fossero.

Danilo Procaccianti è andato a Milano, in uno studio di un avvocato dove si sarebbe deciso del destino del tesoriere Belsito.
Gli investimenti in diamanti erano decisi in quella stanza, dove lavorava anche Belsito: aveva accesso anche ai canali finanziari dei De Stefano.
Dei suoi rapporti con la ndrangheta parlano il collaboratore Oliverio e anche un manager della Oto Melara.

Amedeo Matacena è stato deputato fino al 2001: nel 2013 è stato condannato per concorso esterno alla ndrangheta, nel 2014 è stato arrestato l'ex ministro Matacena, che avrebbe aiutato il latitante Matacena a scappare in Libano. Che oggi è nel Dubai: si ritiene un perseguitato politico, fa il nome di Minniti, che avrebbe ordito tutto.
Un perseguitato che si tratta bene, che fa una bella vita.

Negli Emirati Arabi hanno trovato rifugio altri mafiosi: il deputato Mattiello (PD) ha espresso il sospetto che ci sia la volontà politica per mantenere gli Emirati come una zona protetta.
Ci sono altri gialli attorno a questa storia: il suicidio misterioso del colonnello della Gdf Pace, che stava indagando sulle società di Matacena. Suicidio a cui non crede la moglie che, per i figli, chiede giustizia allo Stato.
La cassaforte della famiglia è stata violata, le telecamere mostrano un uomo mascherato che si dirige a colpo sicuro verso questa: “un'operazione che puzza di servizi lontano un miglio”, il commento di Iacona.

La Calabria che resiste
C'è anche una Calabria che resiste: don Giacomo Panizza è venuto qui da sud, ed è rimasto anche dopo le pallottole e le intimidazioni, si occupa di riabilitazione di disabili e di migranti con le sue cooperative che danno lavoro a tante persone.
Non ha accettato di pagare il pizzo: chiedevano il pizzo, questi potenti o prepotenti, anche a gente in carrozzina.
Se il sindaco fa il sindaco, se il cittadino fa il cittadino, questa battaglia si vince: don Giacomo è stato il primo testimone delle estorsioni, nonostante il pizzo lo pagassero in tanti.
La mafia non si sconfigge se non si parte – questo il suo motto.

A Castellace c'è l'uliveto di Domenico Fazzari, bruciato dalla mafia: ha fondato una cooperativa che gestisce terreni confiscati. Le ndrine ricevevano anche fondi europei, assumevano persone per alimentare il clientelismo.
La cooperativa Valle del Marro a Polistena ha preso possesso di un palazzo, dove ha sede anche Emergency. Chi te lo fa fare, gli chiedono: non voglio che mio figlio dica di me quello che oggi si dice delle precedenti generazioni, che hanno dato spazio a questa incultura mafiosa.

Cangiari è un marchio etico, i prodotti arrivano dalla Calabria centrale: il marchi è stato inventato da Vincenzo Linarello, presidente di Geol.
Dopo che la ndrangheta ha bruciato un capannone, l'ha ricostruito e ha fatto una festa, della ripartenza proprio in quel capannone..
Gli eroi sono pochi, la vera posta in gioco è la mente dei normali.
Lo Stato siamo noi, cominciamo.

Il super livello della criminalità in Calabria

Mi tornano ancora in mente i servizi di Iacona in Calabria, quando con la serie Viva l'Italia girava il sud o quando in “Pane e politica” spiegava in prima serata Rai, cosa fosse la politica, in che modo si eleggevano sindaci, in che modo si raccoglievano i voti. Come vengono occupate tutte le poltrone nelle società partecipate, nelle Asl, seguendo la tessera giusta e non il merito.
La politica che risponde solo a sé stessa, che si autoalimenta e fagocita tutte le risorse pubbliche sperperate in arricchimenti personali.
E poi la ndrangheta: un'immagine che mi aveva colpito era quella del procuratore Gratteri intervistato a Locri in una piazza vuota, alle spalle un'auto della polizia. Ne hanno mandato una nuova, solo perché c'era la televisione, l'amaro commento del pm antimafia.
Che più e più volte ha chiesto alla politica di fare qualcosa, portando il suo contributo per una serie di riforme che aiutassero il contrasto alle ndrine: erano gli anni dell'omicidio Fortugno (il vicepresidente della regione, vittima di giochi politici), della strage di Duisburg (un errore della ndrangheta, perché ha riacceso i riflettori dei media e della politica), dell'indulto.

La ndrangheta e la cattiva politica, quella locale che si alimenta dei voti portati dalla criminalità e anche quella nazionale, che sui pacchetti di voti locali basa le sue liste, viaggiano a braccetto.
Non ci sarebbe l'una senza l'altra: se le regioni del sud sono così staccate da quelle del nord per disoccupazione, pil, livello dei servizi (dagli ospedali fino al servizio idrico) è perché ancora oggi non si è fatta alcuna pulizia all'interno dei partiti.
E perché ancora oggi si fa fatica a fare quelle leggi a contrasto (vero) della criminalità: verrà forse approvata il nuovo codice antimafia ma verrà subito annacquata la norma sul sequestro dei beni (che tra l'altro lo Stato non è nemmeno in grado di gestire, come raccontato sempre da Presa diretta).
Il codice penale è ancora infarcito di cavilli, di possibilità di patteggiamento (che fa comodo solo a chi compie il reato e non allo Stato), è rimasta la prescrizione che uccide i processi che devono essere celebrati.
Gratteri (mancato ministro del governo Renzi, per colpa del presidente Napolitano) ha provato a proporre ai vari governi le sue idee, che al momento sono rimaste lettera morta
Abbiamo cercato di far funzionare il codice di procedura penale perché il motivo principale per cui i reati si prescrivono è che i processi non si celebrano per cose banali, apparentemente irrilevanti.Per esempio quando uno dei tre componenti del collegio cambia, il processo ricomincia da capo. E intanto i mesi passano e il reato si prescrive. Ogni giorno in Italia ci sono 44mila uomini della polizia penitenziaria, 10mila diquesti ogni mattina sono in giro per l’Italia perché devono portare l’imputato o il testimone di giustizia in aula a testimoniare. Tutto questo costa 70 milioni di euro l’anno. Soldi con cui potremmo assumere –prosegue Gratteri cancellieri, segretari, uomini della polizia penitenziaria. Questo è un solo articolo della riforma, passato alla Camera e fermo al Senato”

Ma cosa è la ndrangheta? Quanto è forte la sua presenza sul territorio, nell'economia (in Calabria ma anche nelle altre regioni del nord)?
Durante la puntata “ndranghetisti”, il comandante Reda della GDF spiegava che “la Calabria è l'ultima regione d'Europa.. la Calabria è povera ma i boss sono ricchi”.
Boss ricchi che magari vivono in case senza intonaco (come nel film di Munzi "Anime nere") o che si trincerano in bunker.
La ndrangheta non è solo Calabria: è entrata nei mega appalti di Expo, nelle opere per l'alta velocità.
Recentemente si è concluso un processo sulle ndrine in provincia di Mantova, con la condanna del boss Grande Aracri.
La linea della Palma di cui parlava Sciascia a superato (e da un bel pezzo) le rive del Po, ha attecchito saldamente nelle regioni del nord, a Milano, a Torino in Liguria.
In Brianza è già finito nel dimenticatoio lo choc dell'inchiesta Infinito, con la misera fine dell'impresa “Perego strade”.
Gli uomini della ndrangheta sono qui, in questo tessuto dove hanno trovato terreno fertile, negli imprenditori che non denunciano le minacce e le estorsioni. Nella politica locale (vi ricordate ancora il consigliere regionale Zambetti?). Aveva perfino aperto una sua banca a Seveso.
La ndrangheta come portatrice si servizi, in concorrenza con lo Stato: che siano soldi, voti, smaltimento rifiuti, costruzioni, logistica, recupero crediti.
Per combattere la ndrangheta la prima cosa che serve e prendere consapevolezza del fenomeno.
E capire come si muove, con chi cerca contatti e in che modo, a quale livello riesce accedere dentro le stanze del potere.

L'inchiesta di questa sera di Presa diretta ci fa fare un salto in avanti nella conoscenza delle ndrine e dei boss, ci porterà a conoscenza di un livello superiore, La Santa: una specie di camera di compensazione dove si incontrano boss, massoni, uomini della finanza.
“Tra i nominativi degli iscritti alle logge massoniche della Calabria e della Sicilia, ci sono alcuni condannati per 416 bis” - racconta Rosy Bindi presidente della commissione antimafia alla giornalista Raffaella Pusceddu. Mafiosi e massoni dentro loggie ufficiali.

Dentro queste stanze del potere criminale si decide la politica criminale su appalti, voti, partiti e lista da supportare.
Tutto questo mentre a Roma, in Parlamento, si fa ancora fatica a parlare di mafia, di confisca ai beni dei mafiosi e di quella zona grigia che li supporta, di prescrizione e di voto si scambio.

Con l’inchiesta I MAMMASANTISSIMA, PresaDiretta torna sul terreno della lotta alla criminalità organizzata. Una vera e propria spy story, nella quale si intrecciano la politica, la ‘ndrangheta e la massoneria.Sulla ‘ndrangheta si è detto e visto molto, sappiamo della sua pervasiva capacità di infiltrarsi nelle istituzioni e negli appalti, di lucrare sulla spesa pubblica, di gestire il traffico internazionale di droga, conosciamo la sua abilità nel cambiare pelle e il suo fiuto per gli affari.L’inchiesta di PresaDiretta prova a fare un passo avanti, entra nelle stanze segrete del potere politico criminale per raccontare chi sono quelli che le abitano, i Mammasantissima.A PresaDiretta, il racconto del livello segreto, il supervertice criminale, in cui si sono fusi ‘ndrangheta, massoneria deviata e politica, all’interno del quale si decide tutto: strategie economiche e politiche a livello nazionale.Un’inchiesta ricca di rivelazioni, intercettazioni, testimonianze di pentiti e di latitanti.Ma in Calabria c’è anche chi resiste. C’è una parte della società civile che combatte con il cuore e con la testa per cambiare le cose e una parte dello Stato che ha messo nel mirino i Mammasantissima.In questa eccezionale puntata di PresaDiretta alcuni dei testimoni più importanti dell’impegno dello Stato nella lotta contro la criminalità organizzata come la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi e Giuseppe Lombardo, Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, che da anni indaga il livello più evoluto della criminalità e conosce i territori segreti dell’Anti Stato.In Studio, ospite di Riccardo Iacona, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, uno dei magistrati più noti e in prima linea nella battaglia contro la ‘ndrangheta.I MAMMASANTISSIMA”, è un racconto di Riccardo Iacona con Danilo Procaccianti, Raffaella Pusceddu, Fabrizio Lazzaretti, Elisabetta Camilleri, Raffaella Notariale, Massimiliano Torchia

24 settembre 2017

Il costo dell'essere giornalista giornalista - l'articolo di Siani sulla cattura di Gionta

Uno può scegliere di fare il giornalista impiegato e aspettare le notizie che gli arrivano oppure fare il giornalista giornalista, uno che le notizie se le cerca, fa gli scoop.



Giancarlo Siani era un giornalista della seconda categoria: lui la Camorra la voleva combattere usando gli strumenti del suo mestiere.
Prendere le notizie, cercare di mettere assieme i fatti, per rendere i lettori del giornali cittadini consapevoli.
Consapevoli dei soldi per la ricostruzione per il terremoto, 22 miliardi di lire, che erano spariti dopo l'assegnazione degli appalti, da parte del comune di Torre, con gare poco trasparenti.
Consapevoli delle guerre interne alle famiglie della Camorra, i Gionta di Torre Annunziata e i Bardellino Alfieri.
Dopo l'arresto di Valentino Gionta, a Marano, territorio dei Nuvoletta, scrisse questo articolo (preso dal sito de Il Mattino), in cui raccontava dell'ipotesi che la cattura di Gionta fosse stata aiutata da una soffiata dei Nuvoletta stessi, per raggiungere una pace nella guerra tra le famiglie.
Per questo articolo, scritto il 10 giugno 1985, Giancarlo è morto:

Ecco l'articolo pubblicato da "Il Mattino" del 10 giugno 1985 da Giancarlo Siani.


Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l'arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.


Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell'area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l'altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.


Dopo il 26 agosto dell'anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».


La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell'area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.


Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un'altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.


È proprio il traffico dell'eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.


Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell'anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l'attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.


Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma.