27 settembre 2017

Il segreto, di Antonio Ferrari

Forse l'unico modo che ci rimane per raccontare certe storie è quello di ricorrere al romanzo.
Un romanzo che, partendo da tutto quello che i magistrati non hanno potuto provare o dimostrare, gli storici asserire, la politica affermare, cerca di riempire tutti i vuoti e le lacune dei misteri d'Italia.
La bomba alla stazione di Bologna.
La strage di Portella della Ginestra.
La strategia della tensione, la guerra fredda, le stragi e Gladio.
Tutte storie che fanno paura e che fanno ancora indignare, per il sangue che persone innocenti hanno versato in nome di non si sa bene quale ragione di Stato.
Certo, c'era il mondo diviso in blocchi e l'Italia non poteva sfuggire al ruolo che le era stato assegnato a Jalta, sotto l'ombrello dell'America.
Sotto l'ombrello americano e col partito della Democrazia Cristiana costretto a sopportare l'onere del governo.
Nessun ricambio governativo, nessuna possibilità di fare sperimentazioni politiche per trovare altre alchimie, ovvero diverse alleanze.
Come quelle che potevano aprire le porte del governo a forze della sinistra, che pure esprimevano il voto di milioni di italiani.
Democrazia a sovranità limitata, questa la formula che si sente ripetere (e che molti dei protagonisti di quegli anni negano): se si fosse andato fuori dagli schemi imposti all'Italia, qualcuno avrebbe fatto sentire la sua voce.
Il piano Solo e il tentativo di Golpe, dopo il primo esperimento di centro sinistra di Moro nei primi anni '60: piano che prevedeva l'enucleazione di esponenti della sinistra, sindacalisti ..
Quando, con l'autunno caldo, la contestazione, la crisi economica, la situazione divenne più complicata, l'avanzata delle sinistre fu osteggiata con altri mezzi, sempre meno ortodossi: bastava la minaccia del golpe, e per galvanizzare i gruppi dell'arcipelago nero neofascista (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale), fu data carta bianca (e protezione da parte di organi dello Stato): piazza Fontana (e le bombe di Milano sui treni), piazza della Loggia, Italicus, strage di Peteano, solo alcuni degli episodi di questa guerra a bassa intensità, che aveva il compito di destrutturare le forze di sinistra, spaventare, spingere i movimenti extraparlamentari ad azioni più violente.

Il capo dell'ufficio D del SID, generale Maletti, nel 1974 "Ora non sentirete più parlare di terrorismo nero, ora sentirete parlare soltanto di quegli altri".

Dallo stragismo nero si passò poi a quello rosso, le Brigate Rosse e la miriade di sigle che costituivano il partito armato: altro sangue, altre morti, questa volta obiettivi più mirati all'interno dello Stato.
Magistrati, poliziotti, avvocati, giornalisti. Spesso gli obiettivi erano persone che col loro lavoro, rendevano credibile il ruolo dello Stato (questa la formula, delirante, usata nella rivendicazione della morte dei giudici Emilio Alessandrini e Guido Galli).
Questa nuova guerra ebbe il suo culmine nel rapimento del presidente della DC Aldo Moro, la strage della sua scorta. Rapimento che si concluse, dopo 55 giorni nella prigione del popolo con la morte di Moro e col cadavere abbandonato dentro una Renault rossa, a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI. In pieno centro di Roma.

La storia del rapimento di Moro possiamo raccontarla secondo quello che dicono le carte dei processi (che in buona parte si sono basati su quanto hanno dichiararo i brigatisti Moretti e Morucci).
Le BR hanno fatto tutto da sole, nessuna etero-direzione dall'esterno, nessun segreto sul covo, sui colpi sparati a Moro, nessun contatto con altri servizi stranieri, nessuna trattativa nascosta con la DC per raggiungere un altro obiettivo, ovvero che Moro doveva morire.
Secondo questa versione ufficiale lo Stato (e i servizi, che all'epoca erano inquinati dal tumore della Loggia P2) hanno fatto tutto il possibile per individuare la prigione del popolo di via Montalcini, per liberare lo statista.

Il giornalista del Corriere Antonio Ferrari, ha costruito una storia parallela alla verità ufficiale, basandosi su quanto aveva appreso ma che non poteva pubblicare, perché mancavano forse alcune pezze d'appoggio: confidenze di magistrati, notizie ignorate dai media principali, indiscrezioni.
Ferrari ci racconta la genesi (e la vicenda) del rapimento Moro, alterando il luogo, Milano e non a Roma, il periodo storico e anche le decisioni delle BR.

Il suo racconto è un altro racconto, che parte da più lontano: da tre uomini (due americani e un cecoslovacco) che si incontrano in un hotel a Washington (e successivamente a Parigi) e si trovano a discutere della situazione politica in Italia.
La paura che scuote queste persone che fanno parte di una struttura sovranazionale, sconosciuta ai governi dei paesi sia del blocco occidentale che orientale, è l'apertura al partito comunista da parte del presidente della Democrazia Cristiana, che non viene mai nominato per nome durante il libro, ma si capisce subito che si tratta di Aldo Moro.
Apertura che avrebbe portato il peso delle difficili scelte del paese anche sulle spalle del maggior partito comunista in Europa, nella forma dell'astensione (non l'ingresso direttamente nell'esecutivo, eventualità ancora esclusa per i tempi).

«Le notizie che ho sono drammatiche. Per me, per i miei amici, per tutta la sinistra. Il partito comunista italiano è diventato un partito borghese. Alle elezioni ha preso voti di una parte del ceto medio, e anche quelli di una fetta di quella borghesia intellettuale che l'aveva vigorosamente osteggiato in passato. Vogliono sicurezza, e il Pci gliela dà. Si fidano. Pensate che Berlinguer ha detto, in un'intervista al “Corriere della Sera”, che gli va bene persino l'ombrello protettivo della Nato. La tragedia è che non c'è più protezione al “progetto”. Gli extraparlamentari divisi, il terrorismo che cresce, senza criterio, giorno dopo giorno. Esiste sempre un rapporto di causa effetto, ma ora bisogna procedere al contrario: arrivare alle cause passando attraverso gli effetti. Occorre evitare che questo male dilaghi, e che la sinistra ne esca distrutta.»Stewart non capiva. Che ne sapeva, lui, dei sottili sofismi della politica italiana? Per quale ragione il Partito comunista avrebbe dovuto distruggere l'intera sinistra europea? Crotti lesse le sue domande sul volto e intervenne.«Le sue perplessità sono legittime ma noi, che abbiamo studiato il problema a fondo, sappiamo che non c'è scampo. È proprio così. L'unica carta che possiamo giocare è quella dell'eversione.»«In che modo?» chiese Stewart.«Semplice. Favorendola.»

Apertura che da fastidio sia ai falchi del blocco atlantico, sia ai falchi del blocco comunista, perché costituirebbe un pericoloso precedente che altri partiti comunisti, nei paesi dell'est, potrebbero seguire.
Cosa fare? Infiltrarsi dentro le Brigate Rosse, alzare il livello dello scontro nei confronti dello Stato e, dall'altra parte, denunciare il comportamento repressivo delle istituzioni.

Lapierre, ansimando per l'eccitazione: «Noi, da una parte aiuteremo le Brigate Rosse, e dall'altra denunceremo lo Stato repressivo che annienta le autonomie e recide, con il bisturi della reazione più brutale, ogni voce di dissenso. Anche la destra, quella intelligente, sarà d'accordo con noi.»

Infine, colpire il cuore dello stato, colpire proprio l'artefice di quella rivoluzione politica.
Obiettivo che interessava sia i falchi ad occidente che ad oriente:
Ecco – pensò Stewart -, il primo cerchio che si chiude. Le armi che arrivano da Est, gli ordini da Ovest, e a Parigi il nodo che tutto sintetizza e tutto ridistribuisce. Anche la copertura ideologica.”

Per costruire i personaggi di questa storia Antonio Ferrari si è chiaramente ispirato a personaggi reali: Ron Stewart, l'uomo della CIA reclutato da questa “organizzazione internazionale” per fare i lavori sporchi è per esempio disegnato a partire da Ronald Stark, l'agente della CIA arrestato a Bologna come spacciatore di un nuovo tipo di droga (rivedetevi la puntata di Blu notte – una guerra di spie, sui rapporti tra OSS, Cia e Gladio):

Ronald Stark e l'operazione blue moon: quando la CIA diffuse le droghe pesanti nei movimenti degli anni Settanta per fermare l'ondata della rivoluzione.
Personaggio strano, questo chimico-hippy: arrestato a Bologna per traffico di stupefacenti, una volta entrato in carcere, entrò in contatto coi brigatisti Curcio e Franceschini: per fare cosa? Era questo il suo vero compito da agente della CIA?

Il capo della Digos di Genova Giri, che si mette sulle tracce di Stewart e che intuisce parte del complotto, ricalca in parte il commissario Gori, capo della Digos di Bologna che doveva indagare proprio su questo strano hippy, ufficialmente un chimico di nazionalità inglese, Ronald Stark.
Poco prima di morire in uno strano incidente, mentre tornava dalle ferie, aveva confidato ad un amico di avere paura per l'inchiesta che stava seguendo, di essere finito in un giro più grande.
A proposito, anche Ronald Stark sarebbe morto, nel 1985, morì in un incidente misterioso...

L'università parigina che, anziché lezioni di filosofia fa convegni su rivoluzione e lotta armata, che nel romanzo si chiama KIRIE, ricorda molto da vicino la scuola di lingue Hyperion, considerata la base più importante della CIA in Europa. Dove gestire le operazioni sporche, secondo il manuale redatto dal generale Westmoreland, eroe del Vietnam.
L'inchiesta del procuratore Pietro Calogero evidenziò i rapporti tra le BR e l'autonomia (del professor Toni Negri, altro personaggio che si intuisce dietro uno dei protagonisti della storia) e con questo centro, Hyperion, che durante il sequestro Moro aprì due sedi in Italia.
«Compagni, dopo l'appuntamento di Genova sarà necessario promuovere due nuove campagne: colpire uomoni e strumenti di potere della Democrazia Cristiana; non dare tregua ai traditori del PCI. Anzi, li chiameremo “pc-ioti”, come idioti con la targa. I volantini dovranno poi richiamarli ai temi generali: lotta al Sim, lo stato imperialista delle multinazionali; lotta agli apparati del potere palesi e occulti; lotta ai pennivendoli di regime; lotta ai lacché del capitalismo, chiunque essi siano.» 
L'architetto, che aveva ascoltato tutto senza perdere una battuta, si permise un'osservazione. «Non so se mi è consentito un intervento ..» 
Marozzi, invitante: «Ma certo, Giovanni. Sei dei nostri, o no?». 
Setti: «Credete veramente che sia opportuno scatenare un'offensiva contro i progressisti, quelli che chiamate “il cuscinetto che impedisce allo Stato torturatore e fascista di gettare la maschera”?». 

Marozzi non ebbe esitazioni. «Il comitato esecutivo ha scelto proprio loro. Sono i peggiori. I veri nemici della lotta di classe. Questo dev'essere ben chiaro ...»

Il romanzo di Ferrari alza il punto di vista sul caso Moro: i contatti tra l'area dell'Autonomia e i suoi "cattivi maestri" con le BR; i viaggi dei capi delle BR a Parigi; agenti di paesi comunisti e di paesi occidentali attorno ad uno stesso tavolo per parlare di complotti e di traffici di armi ...
La tesi che sposa l'autore (e molti storici come De Lutiis, autore de "Il golpe di via Fani") è che le BR non agirono da sole, nemmeno nella scelta dell'obiettivo, nell'agguato e nella scelta della strage della scorta (col colpo di grazia alla testa), fino alla decisione di uccidere il presidente Moro (il meno implicato tra tutti negli scandali della Democrazia cristiana, come disse di lui Pasolini):

Nonostante siano passati 35 anni, il racconto di Ferrari è ancora vivo, entra dentro le stanze dove si è pianificato il complotto contro l'Italia, dentro il covo dei brigatisti con le tensioni degli uomini che dovevano prendere una decisione sulla vita o la morte di Moro. Ragazzi, come Giusto Semprini entrato nelle BR per fare quella rivoluzione in nome del proletariato, deluso dalla linea del partito comunista, ed uscito poi nauseato.

E' dietrologia spicciola quella che leggiamo dalle pagine del libro di Ferrari?
Oppure una visione che, sebbene romanzata, risulta più credibile di quella verità ufficiale, di cui si parlava prima, che non spiega tutti i perché, di uno degli episodi chiave della nostra storia.

Quando si dice la veritànon bisogna dolersi di averla detta.La verità è sempre illuminante.Ci aiuta a essere coraggiosi”Aldo Moro

La scheda del libro sul sito di Chiarelettere
La post-fazione al libro, 35 anni dopo la prima scrittura e l'intervista all'autore.


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