17 ottobre 2017

Quello che non torna sul referendum politico in Lombardia

Questa mattina durante la trasmissione Snooze di Radio popolare si parlava del referendum di domenica prossima, il referendum consultivo voluto dalla Lega che guida la regione Lombardia dal 2013.
In esso si chiede ai cittadini se sono d'accordo affinché la regione chieda allo Stato maggiore autonomia "in base al terzo comma dell'articolo 116 della costituzione", che recita
Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.

La regione Lombardia, in base alla Costituzione può chiedere maggiore autonomia su giustizia su questi temi (art 117)

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
n) norme generali sull'istruzione
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. 

Non si parla di questioni fiscali o economiche, a meno di non aver capito male io la Costituzione o quanto scritto nel testo del referendum.
Maroni, tra l'altro, già nel 2013 aveva raccontato una mezza balla nella campagna elettorale: se vinciamo noi il 75% delle tasse rimane in Lombardia.
Non lo poteva fare, ma in campagna elettorale tutto è permesso (specie se nessuno se ne accorge o se si fa finta di non vedere).

Ripeto, magari sbaglio e sono disposto a fare ammenda, ma il residuo fiscale rimarrà tale anche dopo il 22 ottobre con la vittoria del si.
Che, a questo punto, serve solo alla Lega per far valere il suo peso in vista delle prossime elezioni regionali e nazionali.

Aggiungo anche che (slide 4 del powerpoint) asserire che in caso di no "non si creerebbero le condizioni politiche per avviare un'altra negoziazione" è anche questo sbagliato: quando la Lega ha cercato di avviare un confronto con lo Stato centrale nei termini previsti dalla Costituzione?
E in che modo possono dire che se passa il no non ci sarebbero le condizioni politiche?

Non è un caso che il capogruppo PD Enrico Brambilla parli di referendum "inutile", come il titolo del libro dell'istant book che ha scritto "Il referendum inutile e l’autonomia necessaria (Novecento Editore)"

Il suo libro è uscito a poco più di un mese dal Referendum, qual è l’obiettivo?«Richiamare alla necessità di una solidarietà nazionale e anche al pensiero  che probabilmente delle riforme andranno fatte ma sempre avendo a mente e a cuore l’unione, condurre una competizione di squadra e non da soli. Infine smontare le falsità della propaganda che attorno a questo tema la Regione Lombardia sta distribuendo a piene mani».
Può spiegarci meglio?«Mentre il quesito ufficiale si colloca all’interno della Costituzione Italiana, le ragioni illustrate sul sito di regione Lombardia vanno in senso opposto, sia in materia fiscale (con cifre assolutamente di fantasia ) che nell’intenzione di appropriarsi di competenze non trattabili quali la sicurezza, l’ordine pubblico, l’immigrazione».
Una vittoria del Sì potrebbe dare più forza all’autonomia davanti al governo?«Si tratta di un referendum consultivo e quindi privo di qualsiasi conseguenza di natura pratica, in secondo luogo siamo a fine legislatura sia regionale che nazionale, probabilmente nessuno tra anno si ricorderà nemmeno più del referendum lombardo. Noi a Roberto Maroni avevamo proposto di avviare da subito delle trattative concrete su poche e selezionate materie e cercare da subito un’intesa possibile con lo stato, per avere più autonomia. Questa invece è una operazione tutta politica e da palcoscenico».

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