20 novembre 2017

Un pezzo del paese

Un bambino su 8 è in una situazione di povertà assoluta, una povertà da cui non si esce nemmeno andando a scuola, visto che quando vivi in contesti svantaggiati è più alto il rischio di non completare gli studi. Questo succede nell'Italia che, dice l'ex presidente Renzi "non è più fanalino di coda", "sono stati creati 900 mila posti di lavoro". 
Eppure i dati raccolti da Save the Children (che trovate sul Sole 24 ore) ci dicono che la luce in fondo al tunnel, per una parte del paese, ancora non si vede e chissà quando si vedrà.
Perché nell'Italia cresce il PIL e i posti di lavoro sono stati creati, ma non è una ricchezza che fa cresce il paese tutto assieme. Si può avere un lavoro (e dunque rientrare nelle rilevazioni ISTAT tanto sventagliate ora) ed essere lo stesso in una situazione di povertà.
Succede anche nella ricca Milano: uno studio della fondazione Cariplo ci dice che nella città di Expo un bambino su 10 vive in condizioni di povertà.

Non c'è solo l'Italia di Farinetti e del suo Fico, l'Italia degli stabilimenti di Marchionne dove gli operai ballano contenti "Happy, Happy!". Non c'è solo la Milano del lusso, di Expo, dei grattacieli di vetro.
C'è anche un paese di gente esclusa dal benessere, dai servizi sociali (che hanno pure subito dei tagli).
Un'Italia che sicuramente non viene considerata nelle discussioni che sentiamo in questi giorni sulle alleanze per le prossime elezioni: avranno parlato di loro Pisapia e Fassino nei loro incontri per convincere la sinistra ad allearsi col PD?
A proposito delle coalizioni, dopo il no di MPD l'ex sindaco di Milano ha commentato
“Ci ripensino”, ha dichiarato in queste ore. “Trovino o troviamo insieme il modo di non regalare il nostro Paese a chi l’ha rovinato tante volte”.

Ma quelli che l'han rovinato o rivinceranno le elezioni (con Berlusconi che torna a promettere un aumento delle pensioni minime) direttamente oppure torneranno a governare attraverso la sempre più probabile coalizione allargata.
Dal PD a Casini ad Alfano e a quelli che ancora ci ostiniamo a chiamare centro moderato.
E andiamo avanti, ma lasciandoci dietro un pezzo del paese.

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