24 dicembre 2017

I poveri che non vogliamo vedere


I poveri, gli accattoni, i senza tetto, disturbano la coscienza delle persone che a Natale vanno a passeggio per il centro di Como. Che hanno tutto il diritto di non essere molestate, turbate, dalla vista di una persona che dorme all'aperto in queste fredde notti di inverno su dei cartoni.
O che tende la mano chiedendo pochi spicci.
E' il decoro, è i cittadini mi hanno chieste di tutelare il decoro, si è difeso il sindaco di Como, Landriscina. Ma, attenzione, non commettiamo l'errore di classificare questo episodio nel solito egoismo leghista, quelli che “prima gli italiani”, specie quelli che stanno bene.
L'ordine del giorno da cui poi è partita la delibera del sindaco (indipendente ma vicino alla Lega di Salvini) è stato firmato da tutto il Consiglio comunale.
Anche da due esponenti del Partito democratico.
Lo spirito con cui si mandano in giro i vigili per bloccare i volontari che aiutano i senza tetto, con cui si allontanano i questuanti, specie quelli con la pelle scura, nasce dal decreto Minniti Orlando, governo di centro sinistra.

Sappiamo che ci sono i senza tetto, sappiamo che ci sono quelli che chiedono l'elemosina, ma l'importante è che stiano lontano dagli occhi. Lontano dalle vie del centro.
Perché disturbano. Anzi, perché ci fanno paura.
Perché vedendo queste persone poi si corre il rischio di pensare che tutti, oggi, potremmo essere a rischio di fare quella fine.

Viviamo un'epoca di paure e di fragilità. Sono crollate le ideologie e qualcuno ha gridato evviva. Sono crollate anche le speranze e le certezze: quelle che hanno permesso a quanti hanno vissuto prima di noi di pianificare un futuro, pensare di metter su una famiglia, far studiare i figli per dare loro un futuro diverso.
La modernità, specie nel mondo del lavoro, è accompagnata ad un sapore antico di sfruttamento, di essere sottopagati e relegati ai margini in un mondo pieno di luci dove l'importante è spendere, alle bancarelle o sugli store online con un click.
Oggi anche gli operai rischiano di diventare poveri.
E come tali, le loro storie devono essere nascoste, celate, messe ai margini.

Come la storia di Concetta Candido, una dipendente delle pulizie di una cooperativa di servizio (Multiservizi Cometa) che lavorava per una birreria (la Compagnia della Birra). Una delle tante cooperative tirate su per pagare meno il personale. Siamo in crisi, bisogna arrangiarsi, specie se si è in fondo alla catena del mondo del lavoro.
Concetta si è data fuoco nella sede dell'Inps di Torino, dopo essere stata licenziata e aver atteso mesi per i soldi che le spettavano di diritto. Una storia di un'assurda burocrazia (che stride col discorso che dobbiamo essere tutti veloci e flessibili) ma anche una storia che racconta di come sia cambiato il mondo del lavoro.

Una storia che ci ha raccontato Gad Lerner: “Concetta, una storia operaia ”


Mentre la Fiat, divenuta FCA, trasferiva all'estero la sede legale e quella fiscale, intorno alla grande fabbrica il processo sociale di svalutazione del lavoro procedeva a ritmo accelerato, con modalità prima di allora impensabili. Nella sala d'aspetto dell'Inps in cui si è data fuoco Concetta Candido - esaurite le ondate a cicli successivi di cassa integrazione, mobilità e prepensionamenti – s'incontra un'umanità nuova. Un proletariato senza aspettative di posto sicuro.Possiamo dirlo che questa nuova classe, ridotta a plebe dalla mancanza di lavoro stabile, assomiglia sempre di più alla massa di diseredati della sponda sud del Mediterraneo? Tunisini, marocchini, algerini, egiziani. Con la differenza che qui in Italia l'età media è talmente più alta da spegnere sul nascere ogni velleità di rivolta.Uomini e donne per i quali è divenuto inevitabile, naturale, adeguarsi alla prassi di un'economia reale che stravolge le normative contrattuali e i minimi sindacali. Semplicemente, si è preso atto di come le leggi che regolamentano il lavoro potevano essere ignorate senza rischiare sanzioni gravi. Il passo successivo è stato modificarle, derogando a vincoli normativi indicati come anacronistici, essendo già da tempo calpestati.Dopo che gli operai hanno consumato definitivamente il divorzio dalla politica, e dopo che le imprese hanno avuto ragione della loro antica rigidità, l'unica legge da tutti riconosciuta è rimasta la legge della domanda e dell'offerta. Ci si è riabituati in fretta al lavoro povero, intermittente, retribuito sempre meno e sempre meno protetto dagli ammortizzatori sociali. Ci hanno spiegato che era meglio così piuttosto che niente: farlo emergere e legalizzarlo, quel lavoro precario e malpagato, anziché lasciarlo sprofondare tutto quanto nell'invisibilità del sommerso.L'esito di questa metamorfosi nelle relazioni tra chi compra e chi vende il lavoro umano in Italia è racchiusa in poche cifre: la quota di popolazione ridotta in uno stato di povertà, all'incirca 4.700.000 persone, è, sì, composta per il 61% da disoccupati e inoccupati. Ma sotto la soglia di povertà assoluta si trova un'impressionante percentuale del 39% costituita da lavoratori che, sebbene percepiscano una retribuzione, ugualmente vivono nell'indigenza. Lavoratori poveri, appunto, quel che ci eravamo abituati a considerare un controsenso nell'Italia del mezzo secolo precedente.I nuovi mestieri sottopagati si sono estesi ai margini della produzione di merci, poiché le industrie sono state delocalizzate o snellite con l'automazione.Spesso proliferano, questi nuovi lavori poveri, nei capannoni e nei magazzini lasciati vuoti dall'industria: logistica, ristorazione, servizi di pulizie, gestione del tempo libero, security.

Che cosa porterà ai tanti Scrooge lo spirito dei Natale futuro questa notte?

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