29 gennaio 2018

Come vengono spesi i soldi della cooperazione - il caso Salini

Il Fatto Quotidiano - articolo di Virginia della Sala

Nel servizio di Presa diretta che andrà in onda questa sera si parlerà di come vengono spesi i fondi per la cooperazione: dovremmo aiutarli a casa loro, questo l'obiettivo dei fondi.
Invece finanziamo opere (costruite da imprese italiane) che alla fine impoveriscono la popolazione.
Come per la sul fiume Omo,in Etiopia: ne da una anticipazione Virginia Della Sala su Il fatto quotidiano

Fiumi senz’acqua e villaggi in pericolo:il disastro delle dighe garantite da Cdp 
Stasera il viaggio di “Presa Diretta” tra i progetti dell’italiana Salini Impregilo
SACE è una società pubblica posseduta da Cassa Depositi e Prestiti: ha emesso una garanzia sul finanziamento da 340 milioni di euro che è stato erogato all’Ethiopian Electric Power,committente del gruppo  italiano Salini Impregilo per la costruzione di una nuova diga sul fiume Omo,in Etiopia, denominata“Progetto Koysha”. Alta 170 metri, con un serbatoio di 6mila milioni di metri cubi e un’energia annua prodotta di 6460 gigawatt, sorgerà nella valle del corso d’acqua tra Etiopia e Kenya.Qui, dal 2004 è stato avviato un progetto di costruzione di dighe idroelettriche per il quale il governo etiope ha deciso di affidarsi all'Italia. A raccontarlo,insieme alle devastanti conseguenze ambientali, è Presa Diretta, stasera su Rai3 con l'inchiesta “A casal o ro”, attraverso il lavoro di Marcello Brecciaroli. Un viaggio tra Etiopia e Kenya, nei villaggi senza elettricità e, negli anni, senza più acqua. Complici anche le dighe. Il fiume Omo scorre per 770 chilometri a sud dell'Etiopia, prima di finire  nel lago Turkana, a nord ovest del Kenya. Dalle sue acque dipendono 500mila  persone, la  valle  è patrimonio  Unesco. Qui è nato l’uomo . Circondato da tre aree semi desertiche, è la zona in cui il governo etiope ha deciso di avviare, dal 2004, la costruzione di enormi dighe idroelettriche affidandosi  all'italiana Salini–Impregilo. Il problema è che, senza un piano di sviluppo per le popolazioni indigene, questa operazione danneggia la vita degli abitanti dei villaggi. Il viaggio di Presa Diretta segue infatti il corso del fiume,dall'Etiopia fino al Kenya prendendo spunto dall’ul tima garanzia concessa dall’Italia. Il livello dell'acqua si è abbassato di quasi dieci metri, complici il cambiamento climatico, le dighe e anche l'estrazioni per irrigare le piantagioni. Gli indigeni raccontano che, nonostante la promessa di aprire la diga più spesso, da anni la situazione non è cambiata. A loro non arriva l'acqua e non possono più coltivare sulle sponde, da sempre fertili grazie agli straripamenti. “Uno degli scopi delle dighe  spiega il giornalista  è proprio addomesticare il fiume per creare latifondi sulle terre tribali”. L'obiettivo è produrre il cotone da esportare, oppure per la canna da zucchero per il biocarburante. Nei villaggi non c’è energia elettrica, quella prodotta dalle dighe di Salini  Impregilo arriva su tralicci che la portano in Sudan e in Kenya. Esportata anche quella“Nel 2004, la diga Gibe II– si legge nella nota diffusa dal programma  fu finanziata direttamente con 220 milioni provenienti dal Fondo per la cooperazione del Ministero degli Esteri tanto che nel 2016 le commissioni ambiente e sviluppo della Camera approvarono  una nota congiunta in  cui si chiedeva di rivalutare l'appoggio politico ai progetti di Salini in Etiopia”. I progetti di Salini, poi, sono considerati in violazione delle regole Osce “perché ottenuti senza gara d'appalto internazionale”. Già nei mesi scorsi c’era stata polemica per un finanziamento di Cassa Depositi e Prestiti: era stato erogato a un'impresa estera per la costruzione del centro commerciale Meydan One Mall a Dubai, di cui il primo lotto affidato alla Salini Impregilo: una linea di credito di 300 milioni di dollari in cordata con Standard Chartered e Ubi Banca.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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