30 aprile 2018

Pio La Torre – una vita contro la mafia

Domani 1 maggio, è la festa del lavoro e oggi, 30 aprile, è l'anniversario della morte di Pio LaTorre, segretario del PCI siciliano, ucciso da un commando della mafia a Palermo nel 1982.



Lavoro, un lavoro che dia dignità a tutti, anche agli ultimi, che non sia sfruttamento o ricatto.
E mafia, che vuol dire vivere liberi dal peso di questo sfruttamento su lavoro, vita privata. Che vuol dire ottenere come concessione del boss, del potente, ciò che è tuo diritto.
La casa, le cure mediche, un posto di lavoro.

Come si capisce, sono due temi che intrecciano lavoro e contrasto alle mafie, non solo al sud, ma in tutto il paese.
Sono due temi storici della sinistra: di quella sinistra che sta dalla parte degli ultimi e non dai signorotti locali, che si occupa di abbattere le disuguaglianze, gli ostacoli che impediscono agli ultimi di migliorare le loro condizioni.

Di lavoro e di mafia si era occupato in tutta la sua vita di politico Pio La Torre: da siciliano, sapeva comprendere il linguaggio della mafia e aveva intuito quale fosse la strada per combatterla. Andare a colpirla nel suo patrimonio, con la confisca dei beni.
Si deve a Pio La Torre la legge poi approvata l'indomani dell'omicidio del prefetto Dalla Chiesa: il 416 bis, l'associazione di stampo mafioso, che prevedeva appunto che la confisca dei beni ai boss.
Per mostrare ai cittadini la forza dello Stato, capace di mettere a nudo il re.

Lavoro e contrasto alle mafie sono stati i grandi assenti nella campagna elettorale passata e perfino in queste settimane dove si è parlato di un programma per un governo di cambiamento.
Argomento dimenticati anche nel discorso alla nazione del segretario di fatto del Partito Democratico che pure ha rivendicato le sue leggi, le sue riforme.
I contratti attivati, i posti di lavoro. Come se il lavoro, cardine di questa Repubblica democratica, fosse solo un numero da misurare.
All'argomentazione del sud assistenzialista, che ha bisogno del reddito di cittadinanza, nessuno ha ricordato al senatore Renzi che se il sud è in queste condizioni è per colpa di una classe politica e dirigente che è quasi sempre la stessa. Che si passa il potere di padre in figlio.
E le liste elettorali al sud, per tutti i partiti, sono lì a dimostrarlo.
Dai De Luca ai Navarra, ai Cardinale ..
Dalla Chiesa, a chi gli chiedeva perché la mafia avesse ucciso Pio La Torre, rispondeva “per tutta una vita”.
Non solo mafia, ma anche per le sue lotte per un partito comunista libero dalle connivenze coi poteri opachi dell'isola (che ai suoi tempi voleva dire ad esempio i Salvo), per una amministrazione trasparente.
Non solo mafia: Falcone, a proposito dei delitti politici, Mattarella, Reina, La Torre, parlò di "omicidi in cui si realizza una singolare convergenza di interessi mafiosi e di oscuri interessi attinenti alla gestione della cosa pubblica, fatti che presuppongono un retroterra di segreti e inquietanti collegamenti che vanno ben al di là della mera contiguità e debbono essere individuati e colpiti se si vuole davvero voltare pagina".

Ecco, non si è voltato pagina allora, e nemmeno oggi.

29 aprile 2018

La politica che non c'è


Basta caminetti, ma si ai salotti televisivi, come quello di Fazio stasera.
Per Renzi è arrivato il momento per tornare in televisione e farsi sentire, anche con qualche intervista sui giornali, come a Repubblica con Claudio Tito.
Per ribadire una sola cosa: l'accordo, o contratto, col M5S non si deve fare. Tanto vale che Renzi ritiri le dimissioni da segretario visto che, di fatto, è sua la linea.
Da una parte Di Maio coi suoi due forni, con la sua idea di contratto per un governo, per entrare nella terza repubblica. Come se fosse così semplice, facciamo un accordo e cambiamo tutto.
Dall'altra parte il PD potrebbe dire si solo se niente Di Maio, niente abiura di Jobs act, buona scuola e tutte le politiche di questi anni.
Ma se la buona scuola fosse veramente una buona riforma, come mai gli insegnanti hanno protestato?
E lo stesso vale per il jobs act: il milione di posti di lavoro ma dietro c'è un mondo intero fatto dai riders considerati lavoratori autonomi, delle crisi aziendali, delle disuguaglianze.

Sono passate settimane dal voto e nessun partito sembra disposto ad alcun passo di avvicinamento verso gli altri, per cercare accordi.
Sono passate settimane e nel PD nemmeno un'analisi sui voti persi.
Siamo rimasti agli italiani che votando no al referendum sulla riforma, dando un calcio alla legge elettorale che ora ci avrebbe dato un governo.

Eppure la politica è altro. Ascoltare la base. Imparare dagli errori. Parlare con gli altri gruppi. E rispettare.
Rispettare le idee, le persone, le opinioni.
Non rimanere chiusi e arroccati nella propria bolla.
Marco Ruffolo - Repubblica 29 aprile 2018

Perché fuori c'è un paese che è rimasto coi suoi problemi. Come per esempio quelli di cui oggi Marco Ruffolo su Repubblica: i contratti al ribasso nel mondo delle costruzioni, pur di risparmiare. Sulla pelle delle persone.

Fragile è la notte, di Angelo Petrella


Incipit
Denis scartò il pacchetto e in filò una Rothmans in bocca. Faceva caldo. Un caldo estivo maledetto, e al commissariato non avevano ancora finito di installare i climatizzatori. L'unica ventola sul soffitto era troppo lontana dalla scrivania.
Si alzò di scatto e aprì la finestra, sputando il fumo in direzione dei pini. La testa gli pulsava dalla mattina, aveva ingoiato due Aulin ma non avevano fatto effetto. Gli enzimi erano alti, il medico gli aveva ordinato di darsi una calmata: «Cristo, piantala con queste schifezze .. Scopa di più o fai uno sport, magari ricomincia a giocare a tennis. Ma smettila col cognac.»
 
«E' Macallan.» 
«Quello che è. Mi hai capito.» 
Denis aveva annuito e aveva posato i soldi sul tavolo. Poi, fuori dallo studio, aveva cercato la prima enoteca per compare una bottiglia da un terzo.Erano dieci anni che lavorava a Posillipo. Dieci anni di limbo: dieci anni senza occuparsi di nulla a parte cani rapito, incidenti d'auto, patenti smarrite e al massimo un furto in appartamento.

Denis Carbone è un ispettore di polizia del commissariato di Pozzuoli.
Anni prima è stato anche un buon poliziotto, uno di quelli che si fanno guidare dal fiuto e dall'adrenalina, per far bene il proprio mestiere. Finché la fame di fare quei soldi che vedeva solo nelle mani delle persone che arrestava, non l'ha fregato.
Un altro poliziotto l'ha beccato, nel suo giro di ricatti e così è stato sbattuto in quel posto lontano dove non succede niente.
Una carriera persa come anche una compagna persa, Laura, che ancora segue e pedina, nonostante siano passati dieci anni.
La carriera, la vita e anche la salute, per tutto il whisky in corso, Macallan.
Finché un giorno, non capita anche a Pozzuoli un caso di omicidio:

«Hanno ucciso una.» 
«Una chi?» 
«Una di queste parti, pare.»

Ester Fornario, il nome della donna morta, non si sa se uccisa o se suicida. Vedova, ricca e che viveva in una strana villa, dominata da una torre, dall'aspetto vagamente sinistro.

La donna giaceva ai piedi della torre, la testa fracassata sull'acciottolato e le viscere si mischiavano al plasma. Faceva caldo e le mosche si comportavano da avvoltoi.

Nonostante il Macallan, le sigarette, la nausea, un fegato rovinato, Ester Carbone è stato ed è un poliziotto di quelli che sanno fare il loro mestiere.
Le risposte che gli da il domestico, cingalese, non lo convincono. C'è qualcosa di strano in quella torre e anche nel suo comportamento. Come se sapesse e nascondesse qualcosa..

Napoli sembrava una puttana da lassù. Il Vesuvio erano le sue grosse tette, il golfo una bocca pronta ad ingoiare le sue ambizioni e a sputare fuori denaro.

Denis procede a modo suo, senza consultare il suo capo, il commissario Lettieri bloccato a Roma per una inchiesta parlamentare su uno strano suicidio di un consulente dei servizi (il cui scopo è solo trovare un capro espiatorio).
L'irruzione non autorizzata nella villa lo porta a scoprire uno scannatoio, in cima alla torre, dove forse la morta faceva pratica dei suoi vizi e delle sue perversioni sessuali.
Altra scoperta, delle schede di memoria che potranno dare qualche spiegazione in più sulla morta.
E poi quel telescopio. Che punta non sul cielo, ma sul palazzo di fronte. Dove c'è un uomo che lo osserva ..
I crampi lo avevano mollato, ma gli era rimasta una vaga sensazione di nausea, che sembrava risalirgli nella testa e penetragli i pensieri: cosa nascondeva la donna, con le sue amicizie morbose? Perché si era spinta fino a quel punto? E per chi era stato l'ultimo pensiero, quello prima di toccare il suolo, prima di sfracellarsi contro l'acciottolato?Denis non riusciva a dirselo, ma sapeva che quell'indagine lo stava portando verso qualcosa che aveva già assaporato. Tanto tempo prima, quando scommettere era un modo come un altro per rimanere vivi.

La signora Ester Fornario viveva da sola, dopo la separazione dal marito anni prima: tanti amanti, ma nessun conoscente vero a cui chiedere qualche informazione sulla sua vita. Sembra che a nessuno importi qualcosa di questa donna, nemmeno al padre, che l'aveva vista un'ultima volta anni prima, con un uomo “dalla gola paurosa”

«... Mia figlia non sapeva nemmeno che colore aveva il lavoro.»Qualcosa si muoveva. Era come aveva intuito.«E che colore ha?»«Blu, come i guai. Come quelle robe chimiche che vengono sversate laggiù la notte. Un tempo qua c'erano villaggi vacanze e pescherecci e bambini che facevano il bagno. Ora solo gabbiani. E sai di che colore c'hanno le ali, i gabbiani? Blu, come i guai.»


Ma grazie ad una intuizione di Denis, l'indagine approda ad un sospettato, un ingegnere che conosceva la vittima, che si era incontrato con lei in numerosi fine settimana in un resort e che si è sentito con lei anche nell'ultima sera.
Tutto qui, l'omicidio? Una torbida relazione di sesso finita in modo tragico?
La Questura e la Mobile, che vorrebbe “scippargli” il caso, punta tutto su questo presunto assassino, come anche la Procura. Ma c'è qualcosa che non torna.
Perché nonostante il fegato rovinato, i crampi e la nausea, il fiuto da cane lupo dell'ispettore Denis Carbone sono ancora quelli di una volta.

Ma c'era ancora qualcosa che gli sfuggiva in quel gioco di incastri: i due uomini che avevano tentato di mandarlo fuori strada, innanzitutto. Senza contare le pressioni sul capo, a Roma. Poi lo scannatoio, le abrasioni sui polsi della donna, i giochi erotici, le schede di memoria e il tizio che lo aveva spiato dalla finestra.
Chi era? Chianese?E che c'entrava in quella faccenda?

L'indagine quasi personale sulla morte di Ester Fornario porterà Denis in un territorio molto pericoloso, fatto di segreti imbarazzanti che coinvolgono persone molto in alto.
Che hanno tutto l'interesse a mettere a tacere le cose e a trovare una soluzione di comodo per l'assassinio.
Anche a costo di passare su qualche cadavere. Anche quello di Denis.

Napoli finiva, a un certo punto. Non tutti lo capivano, ma era così. L'immensa distesa di palazzi, la megalopoli di cemento, macchine, parcheggiatori abusivi, contrabbandieri, uffici, ricevitorie, parcheggi e centri commerciali lasciava spazio a qualcos'altro.Accadeva ai confini della zona ovest, dove le agghiaccianti strade di scorrimento sversavano immigrati e turisti sessuali: tra il Lago Patria e le campagne di Castel Volturno. Lì il chiasso della metropoli lasciava spazio alla desolazione della terra devastata, al silenzio di quella ferita tra mare e coste.

Avevo molto apprezzato il primo romanzo di Angelo Petrella, “La città perfetta”, sempre ambientato a Napoli e sempre con dei protagonisti poliziotti: Napoli la città perfetta solo se ci si ferma alla superficie perché, ad una osservazione più profonda, veniva fuori tutto il marcio. Nella politica, nei suoi rapporti con la Camorra fino ad arrivare al marcio dentro la polizia.
Anche in questo romanzo ci troviamo di fronte ad un noir in cui i confini tra bene e male, tra giustizia e criminalità sono molto sfilacciati.
In una Napoli molto imperfetta, che l'autore dipinge con poche pennellate, si muove questo personaggio, che è stato costruito per funzionare anche per un soggetto televisivo.
Denis Carbone e i suoi vizi si elevano su tutta la storia, che qua e là ha dei punti fragili nella narrazione: lo sbirro caduto in disgrazia ma che rimane un buon investigatore, i vizi privati dentro la Napoli bene, la Posillipo dove non succede niente.
Avrà un futuro Denis Carbone, nonostante tutto: nonostante la sua incapacità di volersi salvare, di fare la scelta più conveniente (ma sbagliata per quella che è la sua coscienza).
E, chissà, magari come il Vicequestore Rocco Schiavone, avrà anche un futuro televisivo..


La scheda del libro sul sito dell'editore Marsilio


I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

27 aprile 2018

Compatibilità



Dice Rosato, padre del Rosatellum, che c'è compatibilità tra PD e FI.
Nonostante la recente sentenza sulla trattativa stato mafia.
Nonostante la condanna per frode fiscale.
Nonostante tutti i governi Berlusconi, le leggi ad personam.
Nonostante le tante carinerie che ha regalato

«Ho troppa stima nell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano così tanti coglioni che possano votare contro il proprio interesse». Berlusconi 4 aprile 2006
I giudici sono delle persone "mentalmente disturbate", i giornalisti sono "invidiosi" del suo successo, nella politica estera è maturo il momento per "imporre la democrazia" anche con l'uso della forza. Intervista a The Spectator
 ''Se si chiede una pressione del 50% ognuno si sentirà moralmente autorizzato ad evadere''.Berlusconi, conferenza stampa a Palazzo Chigi nel 2004




Perdere la faccia e perdere il paese

Non possono perdere la faccia: questo il motivo che spinge i padroni dei partiti che oggi dovrebbero accordarsi per un futuro governo, nell'arroccarsi nelle loro posizioni.
Salvini con la sua base che chiama alla rivolta,alla passeggiata su Roma, nel caso in cui la Lega dovesse rimanere fuori dagli accordi.
Renzi che non può accettare alcun accordo con Di Maio che ora farebbe fatica ad accettare un ruolo non da presidente del Consiglio.
Infine il cavaliere che, fa sapere, potrebbe ricomprarsi il Milan, ma di sicuro controlla per bene Salvini.

Finiti i partiti, i partiti di massa, con una base, una dirigenza locale, finita la passione politica, rimangono solo i leader, figure che attirano odio o amore, a seconda del tifo.
O con loro o contro di loro.
Che fare se la direzione PD dice no all'accordo col m5s?
A giugno non c'è tempo per votare: governissimo con dentro tutti? A bagno maria fino ad ottobre?

Saranno mesi difficili. La passione tifosa cambia in fretta

26 aprile 2018

L'altra Milano, oltre a quella delle luci

La scorsa settimana durante uno zapping serale, mi sono imbattuto in Sgarbi che, ospite di Otto e mezzo, lodava la nuova Milano, quella dei grattacieli, da quelli in piazza Gae Aulenti a quelli del nuovo quartiere Citylife.
I grattacieli delle archistar che svettano verso il cielo.
Milano ha avuto voglia di costruire, mentre Roma ha rinunciato alle Olimpiadi - questo il commento del critico d'arte che dovrebbe limitarsi all'arte.

Perché Roma avrà e ha avuto i suoi problemi, che grazie al cielo sono sotto gli occhi di tutti.
Ma anche Milano in quanto a problemi non è messa bene.
Prima di tutto Expo, la grande esposizione universale con cui ci siamo riempiti la bocca tutti quanti: ha dato sì i suoi effetti positivi sul pil, sul turismo.
Ma c'è stato un costo per le opere, su cui la procura di Milano sta ora facendo delle indagini (si legga il libro di Iacona dove si parla delle indagini del pm Robledo stoppate nel 2015 per sensibilità istituzionale).
L'impatto sull'occupazione stabile non c'è stato.
Le proposte per un modello diverso di gestione del cibo, per diminuirne gli sprechi, solo promesse.

E poi c'è la Milano che non si vede: leggetevi qui l'articolo di Emanuele Coen che cita due autori importanti dello scenario milanese, Alessandro Robecchi e Gianni Biondillo.
Poi leggetevi due loro romanzi, dove parlano delle tante Milano, distanti anni luce non solo come immagine, ma anche come abitanti: sono due gruppi quasi antropologicamente diversi.
La Milano dei quartieri centrali e delle periferie come quella in piazza Selinunte, dove la giustizia dello Stato non arriva, in "Torto marcio" di Robecchi e l'occupazione delle case è in mano ai meno cattivi dei cattivi:

«Ti hanno cercato i calabresi». «Quale?». «Quello basso». Quindi questioni di case, pensa Francesco. I calabresi si occupano di tanti traffici, lì dentro, ma il business principale è quello degli alloggi.Sanno quali sono vuoti e quali si possono liberare con piccole innocue minacce. Buttano giù porte e procurano chiavistelil nuovi.Per cinquemila euro puoi avere la tua casa popolare, un prezzo onesto se pensi che spesso è gente che ne ha spesi altrettanti per attraversare il mare su un canotto del cazzo.Scampati ai negrieri, arrivano qui e trovano due fratelli che sembrano usciti dritti dal neorealismo, che li rapinano per la casa. Ma almeno dormono in un letto, per la prima volta dopo chissà quanto tempo.Francesco non è mai riuscito a tracciare un confine certo tra ingiustizie della vita e gente che ne approfitta. Tra racket degli alloggi e gente con un bambino in braccio che ti dice «non so dove dormire».E comunque, no, i calabresi non sono befattori, questo lo sa.«Hanno i loro cazzi, adesso» dice Chiara.E' una cosa che lo lascia sempre di sasso: pare che lei sappia cosa sta pensando [..]Ma sì, sa cosa vuol dire Chiara. Adesso c’è un’altra banda, nordafricani, non si sa di dove, esattamente. Hanno cominciato piazzando due famiglie alla scala F, ora chiedono altri posti per amici loro. Mafuz, che è l’altro potentato dei palazzi, ha deciso di abbozzare, non interverrà perché non vuole casini, i calabresi non hanno più il monopolio, ma questo pare turbare solo i calabresi. Giustamente. 
«E che voleva?» «Parlare. Faranno un incontro, Mafuz, loro due della Calabria Saudita e questi qui nuovi, che pare siano cattivi un bel po'. Vorrebbe che qualcuno del collettivo fosse presente, credo così .. per avere testimoni del patto».Francesco Girardi sorride, si asciuga con un vecchio telo da mare, mette un paio di pantaloni corti e una magietta della Mano Negra, antiquariato puro.«Cioè, adesso il collettivo per il diritto alla casa diventa una specie di sensale per gli accordi mafiosi?», dice. Lei alza le spalle:«Ma sì, lo sai... Dice che può venire fuori qualcosa per noi, che Mafuz vuole solo che non ci sia casin, così i suoi ragazzi possono vendere la loro merda senza problemi, ma vogliono un accordo preciso .. hanno paura che quelli nuovi si allarghino... e noi abbiamo Giovanna e Illa da piazzare, lo sai, no?». 
Politica, pensa Francesco.Trattative, accordi, compromessi, dare, avere, buoni rapporti con i cattivi... Ma lì dentro i buoni dove sono? Ah già, saremmo noi, pensa Francesco, che ridere.

La Milano degli italiani brava gente che si sfogano sull'immigrato venuto da noi a ribare il lavoro:

“Gli eroici vigliacchi iniziarono a bombardare di lattine vuote e sassi raccolti per terra il baracchino ambulante. Avevano mesi di affitto inevaso, la corrente elettrica tagliata, un conto in rosso in banca, un assegno di disoccupazione, un lavoro in nero, una pratica di divorzio in corso, un fido negato, una causa col condominio, la macchina da cambiare, lo scaldabagno rotto, una suola bucata, il cellulare di vecchia generazione, la figlia che doveva fare la cresima e voleva il vestito nuovo, la fattura del dentista da saldare, le vacanze programmate a Sharm el Sheykh saltate, una litigata furibonda col principale una moglie depressa, e sapevano, sapevano all’unisono, che la colpa di tutto ciò era senza ombra di dubbio di quel fottuto musulmano del cazzo che faceva panini nel cuore della notte nelle strade di Milano”.

Di veti e di correnti

Per giorni si è criticato il M5S perché non era in grado di fare un governo con Salvini: il paese è fermo per colpa dei loro veti.
I veti erano quelli contro Forza Italia e Berlusconi, per dire.
E non è che possiamo dare tutte le colpe a Di Maio, che si prende troppo sul serio, certo, ma legge elettorale mica l'ha fatta lui.

Ora che l'esploratore Fico sta sondando l'altro forno, i veti (per un governo 5stelle PD) arrivano dai renziani. Cosa diremo allora? Che Renzi sta bloccando il paese coi suoi veti personali? Ma le correnti non dovevano sparire?
Ma loro ci hanno offesi per anni - rispondono.
Vero: ma nessuno sta porgendo l'altra guancia.
Berlusconi aveva definito coglioni (mi si scusi il termine) chi votata sinistra.
Ora paragona Di Maio ad Hitler.
Renzi li paragona ad una baby gang.


Dobbiamo tornare al voto? Quanti voti potrebbe riguadagnare il PD dagli eventuali delusi che hanno votato i 5s?
E quanti voti prenderebbe Renzi se fondasse un suo partito alla Macron?

E le persone che ora stanno osservando stancamente questo duetto, cosa ne pensano? Glielo avranno chiesto?
Avranno chiesto ai loro elettori cosa ne pensano di eventuali accordi con Forza Italia? 

A proposito. Qualcuno si ricorda ancora che venerdì scorso c'è stata una sentenza per il processo sulla Trattativa stato mafia?

25 aprile 2018

Palazzo d'ingiustizia, di Riccardo Iacona


Il caso Robledo e l'indipendenza della magistratura. Viaggio nelle procure italiane

Prologo, davanti al CSM 
E' la mattina del 15 aprile 2014, sono le nove e trenta. A Roma, in una sala del Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura, si trovano riunite in seduta comune la prima e la settima commissione del Csm. 
Alfredo Robledo, procuratore aggiunto, capo del secondo dipartimento della Procura di Milano, sessantaquattro anni, si appresta a rispondere alle domande dei consiglieri.I componenti delle due commissioni conoscono già il caso, perché hanno ricevuto per tempo la documentazione: un primo lungo esposto, poi arricchito da un secondo, in cui si racconta di alcune decisioni prese dal procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, il quale, secondo Robledo, avrebbe messo a rischio i beni più preziosi della Procura, ovvero la sua indipendenza e autonomia. 
Nell'esposto sono elencate molte delle inchieste che hanno occupato le prime pagine di tutti i giornali e i palinsesti delle televisioni: le indagini sul dissesto dell'ospedale San Raffaele, la gara d'appalto per la cessione delle quote che il comune di Milano possedeva della Sea, la società che gestisce tutti i servizi degli aeroporti milanesi; l'inchiesta sulle firme false servite a presentare le liste dei candidati di Forza Italia alle regionali del 2010, filoni d'indagine su Expo 2015 all'epoca ancora secretati, e tanti altri episodi di cui, fino a quel momento, non si aveva notizia. 
Robledo punta il dito contro Bruti Liberati a suo dire responsabile di aver tentato, in relazione agli episodi riferiti, di rallentare o influenzare le indagini per motivi che nulla hanno a che vedere con l'esercizio autonomo dell'attività investigativa.

Dal caso particolare, la vicenda del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, finito sotto procedimento disciplinare, cacciato da Milano dal suo posto di capo del dipartimento contro i reati della ppaa, come spunto per raccontare un problema generale della giustizia italiana, di cui forse non abbiamo colto tutta la portata e pericolosità.
La spinta verso la gerarchizzazione dentro le procure, con un Procuratore Capo che non solo può avocare a sé fascicoli, coordinare i lavori, dirigere gli uffici: un Procuratore Capo col potere di dirottare i fascicoli dal giudice competente ad n altro magistrato, di un altro ufficio, in spregio all'organizzazione interna.
Che può dimenticarsi i fascicoli (che magari riguardano proprio qualche personaggio potente) nel cassetto; perfino usarli per attaccare qualche magistrato troppo indipendente, troppo poco disciplinato, troppo poco disposto a cogliere quelle “sensibilità istituzionali”.
Quella sensibilità che va a discapito della legge uguale per tutti, dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare, di una giustizia che non deve tener conto delle dinamiche industriali di un gruppo o di un partito o di un governo.

La storia di Alfredo Robledo, oggi tornato alla funzione requirente dopo due anni di Purgatorio a Torino, è sintomatica di tutto questo.
Sta succedendo qualcosa nelle procure, qualcosa che riguarda tutti noi, la possibilità di veder riconosciuti i nostri diritti pur senza avere santi in paradiso.
Tutto questo è avvenuto grazie (o per colpa) delle varie riforme della giustizia, dalla riforma Castelli, fino all'ultima legge targata centro sinistra sulla responsabilità civile dei magistrati.
Su questo argomento, a parte i tratti di facciata, destra e sinistra si sono dimostrate uguali nel dimostrare la stessa insofferenza nei confronti dei magistrati che si muovono contro politici, contro le banche, contro le lobby. Contro i troppi don Rodrigo di questo paese contro cui in pochi hanno voglia di andare ad indagare.

C'è un altro aspetto sta minando l'indipendenza e la credibilità della magistratura che, va sempre ricordato, è un organo indipendente dall'esecutivo come sancito dalla Costituzione: il potere delle correnti all'interno del CSM, la capacità di questi gruppi, di diritto privato, nel condizionare, pilotare, imporre nomine di magistrati a ruoli apicali.

Lo racconta al giornalista Andrea Mirenda magistrato a Verona che, riferendosi alle correnti le definisce
“associazioni di diritto privato che si sono impadronite di un organo di rilevanza costituzionale come il Csm distribuendo incarichi e trasformandolo in un mezzo di asservimento dei magistrati… Il Csm non è più l’organo di autotutela, non è più garanzia dell’indipendenza, ma è diventato una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici”. 


È grazie ad un voto di un magistrato di MD che Robledo è diventato procuratore aggiunto a Milano:

Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi che mi rompeva i coglioni e andare a fare la pipì, così sarebbe stata nominata come aggiunta la Gatto”

Queste sono le parole che Bruti Liberati gli rinfaccia, quando Robledo gli chiarisce che intende non intende scegliersi i fascicoli di cui occuparsi, ma continuare ad occuparsi dei reati contro la pubblica amministrazione.

La famosa politicizzazione dei magistrati, quella che denunciava Berlusconi per difendersi dai processi e screditare i magistrati dell'accusa, esiste.
Ma nel senso esattamente opposto a quanto lo intendono i vari Berlusconi o i signori garantisti che scrivono sui giornali, garantisti coi potenti (da Dell'Utri a Mori, come successo recentemente dopo la sentenza sul processo alla Trattativa stato mafia); ma silenti quando sotto processo finisce un signor nessuno.

Come spiega Riccardo Iacona, stiamo parlando di un architrave importante della nostra democrazia, n bene prezioso:
«L’autonomia dei pm è di fatto sotto attacco. Da essa dipende il funzionamento della democrazia: se si scardina l’equilibrio tra i poteri e la politica mette le mani sulla giustizia, ogni arbitrio è possibile». 

I primi due capitoli del libro di Iacona sono dedicati alla carriera del magistrato napoletano, dal processo aiie banche (l'inchiesta sui derivati di Unicredit, usati per fare elusione); all'inchiesta delle finte Sim di Tim (con cui si sono falsati i dati del mercato); i derivati nel comune di Milano (che ha consentito al comune di Milano di recuperare 455ml di euro); l'inchiesta sulle tangenti pagate a Saddam per l'inchiesta Oil for Food, che ha portato a processo persone vicine all'allora governatore Formigoni.
Fino al processo sulle società offshore di Berlusconi: Robledo, assieme al collega De Pasquale, è l'unico magistrato che è riuscito a far condannare l'ex presidente del Consiglio Berlusconi, nel 2013.
Poi sono arrivate le inchieste che hanno portato allo scontro tra Robledo e il suo superiore, Bruti Liberati: fascicoli finiti nel cassetto come quello sulle quote di Sea, l'linchiesta sul crac del San Raffaele, tenuta ferma per consentire il salvataggio del gruppo da parte di una cordata che aveva dietro l'allora cardinal Bertone.
L'inchiesta sulle firme false di Forza Italia per le regionali del 2010.
Infine l'inchiesta su Expo, sull'appalto della piastra, cominciata nel 2014, quando a vincere la gara fu il gruppo Mantovani (lo stesso del Mose), con un ribasso del 42% (ma poi con le variazioni dei costi, il costo dell'opera aumentò dell'80%, La Mantovani si riprese quasi tutto..).
Su questo stava indagando il procuratore Robledo, quando fu stoppato da Bruti Liberati che inventòl'Area Omogenea Expo, affidando le indagini alla Boccassini e di fatto supervisionando tutti i fascicoli.
L'expo non doveva esserci, ma si è fatta grazie a Cantone e Sala, grazie ad un lavoro istituzionale d'eccezione, al prefetto e alla procura di Milano che ringrazio per aver gestito la vicenda con sensibilità istituzionale” - queste le parole dell'allora Presidente del Consiglio Renzi.

Sul Fatto Quotidiano è uscito uno stralcio del libro dove si parla di queste indagini, cominciate dal gruppo di Robledo nel 2014
Sulla grande vetrina internazionale garantita dall’Esposizione universale il suo governo ha puntato molto. Bisognava quindi che nessuno rovinasse la festa. Il 24 aprile 2015 era uscito su giustiziami.it un articolo a firma di Frank Cimini e Manuela D’Alessandro dal titolo La moratoria sulle indagini della Procura di Milano per Expo (e non solo): “‘Magari adesso il porto delle nebbie siamo noi’, dice un pm critico con la gestione della procura da parte del capo Edmondo Bruti Liberati, evocando la storica definizione che tanto tempo fa era stata utilizzata per gli inquirenti romani”. (…) Il 12 luglio 2012 viene intercettata una conversazione tra Antonio Rognoni (il numero uno di Ilspa, società della Regione coinvolta in Expo, ndr) e i suoi collaboratori in cui l’ad di Ilspa rivela che tre giorni prima, il 9 luglio, era venuto a trovarlo nel suo ufficio Ottaviano Cinque, proprietario della Socostramo srl, un’altra società di costruzioni che faceva parte della cordata Mantovani. 
L’imprenditore, senza dirgli nulla, gli aveva dato un biglietto su cui c’era scritto a mano: “Sappiamo di essere in testa nella parte qualitativa della gara della piastra”. Informazione che nessuno poteva avere, perché la commissione aggiudicatrice per la gara d’appalto non aveva ancora finito di valutare le offerte. In sostanza, Cinque comunica a Rognoni che la gara la vincerà l’associazione di imprese guidata dal gruppo Mantovani. (…) Il bigliettino è per Rognoni la dimostrazione che qualcuno dentro la commissione lavorava per far vincere la Mantovani. “Non so per quale ragione Ottaviano Cinque abbia ritenuto di mostrami il bigliettino”, dichiara Rognoni rispondendo a una domanda di Robledo quando viene interrogato: “Penso che l’abbia fatto per dare una notevole dimostrazione di forza, come a significare che lui aveva il favore della commissione. Non ho dubbi sul fatto che l’offerta della Mantovani complessivamente superasse la soglia dell’anomalia”. (…) 
Rognoni continuava a trovare difficoltà nell’appalto Mantovani. Io ne ho parlato con Giuseppe Sala, gli ho anche consigliato di andare in procura a denunciare, ma lui mi disse che dovevo essere io a denunciare”, fa mettere a verbale Angelo Paris (braccio destro di Sala, ad di Expo, ndr), interrogato dai magistrati di Milano.
Rognoni chiede che si faccia una verifica di congruità dell’offerta al ribasso: “Sono andato da Sala e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani”, dichiara a Robledo. “Sala mi ha risposto che loro sarebbero andati avanti, perché non avevano il tempo di fare una verifica sui prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani per capire se l’offerta era anomala o meno”. 

Quello che è successo dopo è storia oggi nota: la creazione dell'area omogenea, i fascicoli tolti a Robledo e vagliati da Bruti Liberati, poi l'esposto al CSM nell'aprile 2014, finito con la sua bocciatura.
La lettera di Napoletano, considerata un intervento a gamba tesa, l'allontanamento dal secondo dipartimento nell'ottobre 2014 e infine lo spostamento a Torino (senza funzioni di indagine) nel febbraio 2015.

Pochi magistrati hanno voluto parlare con Iacona, molti han preferito non commentare, non esprimere un parere, non mostrarsi.
Oggi a dirigerla [la procura di Milano] c'è Francesco Greco, il cui nome compariva diverse volte nell'esposto di Robledo. Alla richiesta di un'intervista, avanzata via email, non ha risposto. Lo stesso vale per Ilda Boccassini. Anche gli altri procuratori, aggiunti e sostituti, hanno mantenuto il silenzio. Dopo l'esito dello scontro tra Bruti Liberati e Robledo, con l'allontanamento del procuratore aggiunto da Milano e viste anche le indicazioni del Csm per una gerarchizzazione spinta all'interno delle procure, tutti pensano che sia meglio non esporsi.

È questa la giustizia che vogliamo, noi cittadini liberi di una democrazia? Una giustizia con procuratori che non devono prendere iniziative, che prima di aprire un fascicolo devono considerare le prossime scadenze elettorali, una quotazione in borsa di un gruppo industriale... un evento internazionale che consentirà al governo in carica e al suo presidente di prendere consenso?
Cosa dovrebbe fare un giudice a Taranto (o a Vado Ligure, o in Sicilia a Priolo, o in Basilicata di fronte agli impianti Eni)? Pensare alla difesa dell'ambiente, alle morti e alle malattie per l'inquinamento, alla violazione delle leggi, oppure pensare agli azionisti di queste società, ai partiti che stanno dietro, agli investitori?

Se c'è qualcosa di buono in questa storia, racconta un giornalista di cronaca giudiziaria di Milano, Frank Cimini, è che ci ha consentito di vedere dal di dentro tutte queste storture della giustizia.
«Dobbiamo comunque ringraziare Robledo. Se non avesse presentato l'esposto, non avremmo saputo molte cose. Così almeno resteranno nella storia».

Ritorno a Milano

“Palazzo d'ingiustizia” è un libro che da veramente un punto di vista importante, anche della procura che una volta era simbolo della giustizia italiana, quella che non si piegava alla malapolitica, quella che non girava la testa dall'altra parte.
Oggi Milano, raccontano due testimoni degli anni di Mani Pulite, Manuela D'Alessandro e Frank Cimini, sembra essere diventato “il porto delle nebbie”: si fanno molte inchieste sulla estero vestizione delle aziende, ma pochissime indagini sulla corruzione, sui reati dei colletti bianchi, “è un po' come se la procura si fosse addormentata”, spiega Manuela D'Alessandro.

Le ultime righe di Iacona, sono veramente amare e dovrebbero far riflettere tutti:
Lascio il palazzo di Giustizia di Milano convinto che, qualunque sia il giudizio sulla vicenda di Robledo, abbia stabilito uno spartiacque. Al di là delle vicissitudini personali che pure hanno attraversato I capitoli di questo libro, c'è un prima e un dopo Robledo. E il dopo che si sta profilando riguarda tutte le procure e i tribunali d'Italia: l'autonomia dei pm è di fatto sotto attacco. Non è mai stato facile portare a sentenza definitiva i colletti bianchi; nel dopo Robledo si rischia di non arrivare mai nemmeno al primo grado.

Altri post sul libro di Iacona:

La scheda del libro sul sito di Marsilio

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

24 aprile 2018

La promessa della flat tax – l'inchiesta di Report

Ma la flat tax conviene a tutti? Qualche consiglio su come smaltire i nostri elettrodomestici e un servizio su un palazzo dell'Inps: questi gli argomenti della puntata di Report.

Nell'anteprima il servizio diAntonella Cignarale si occupa dei rifiuti elettronici: ogni anno immettiamo sul mercato 800mila nuovi apparecchi che, appena si rovinano, si buttano via.
Quando diventano vecchi potremmo lasciarli ai venditori, si chiama “uno contro zero”, ma così si riciclano solo piccole parti di elettrodomestici.
Eppure in questi prodotti ci sono ancora materie prime che si possono recuperare: non ci possiamo più permettere l'usa e getta, dovremmo preoccuparci prima di riciclare la materia prima, perché costa e perché le discariche sono piene.

Quali sono gli ostacoli per una filiera virtuosa? Come smaltire questi prodotti?
Per come sono progettati, ci sono prodotti che non si possono riparare: frullatori, ferri da stiro, anche i cellulari.. tutto che si butta in discarica.
In Olanda hanno progettato uno smartphone sostituibile, anche da non esperti: il design è importante per ridurre i rifiuti, la modularità ti consente di cambiare le componenti e non il prodotto.
L'Italia non si è adeguata alla direttiva europea sulla rigenerazione dei prodotti elettronici: servirebbero i decreti attuativi per creare una filiera dei rifiuti, per riciclare le parti riutilizzabili.
Ci sono aziende che si sono già lanciate in questo settore: nell'impianto pilota del CNR si smontano le schede elettriche di questi prodotti, per essere usate in riparazione.

Bisogna scoraggiare la produzione di prodotti non riparabili, non modulari: anche noi consumatori abbiamo delle responsabilità, scegliendo prodotti fatti con materiale riciclato.
Comportamenti virtuosi, come quelli nei repair caffè: tutto pur di non gettare materiale in discarica se non necessario.

E poi dovremmo punire l'obsolescenza programmatica di certo prodotti, che smettono di funzionare dopo pochi anni, magari come in Francia..

Le concessioni sui lidi di Ostia

Il comune non aveva le planimetrie, dunque non si riesce a capire se i balneari sono in regola o meno, con le concessioni ricevute dal comune.
Come la concessione di Renato Papagni, che avrebbe fatto una serie di abusi edilizi dal 2000, ma ha mantenuto le concessioni dal comune.
Alle domande del giornalista, il presidente Papagni ha reagito come abbiamo visto nel video che sta girando in rete: “te stai istigando ..”.
Fare domande fa parte del mestiere del giornalista. Gestire un lido invece non dovrebbe comportare abusi, con la complicità degli amministratori comunali che non hanno visto.

La flat tax - Paolo Mondani

Tassa fissa al 15% dice la Lega, al 23% dice Forza Italia, altre cifre dall'istituto Bruno Leoni. Per una perdita di 50-70 miliardi che si ricopre con tagli alla spesa prima, e col fatto che con meno tasse si mette in circolo la ricchezza.
Sarà così: Paolo Mondani è andato in giro per il mondo.
Partendo dal nordest, da Bepi Covre, produttore di maniglie, favorevole alla tassazione progressiva e alla flat tax, ma non ora.
Bisogna ridurre il debito e tagliare la spesa: il debito è il 131% del PIL, l'evasione stimata è di 108 miliardi di euro, l'iperf è 182,6 miliardi, su 5 aliquote: una volta le aliquote erano 32, oggi sono state ridotte.

Cosa si taglia per introdurre la flat tax? Si tagliano alcune pensioni, parti del welfare.
Ma la Costituzione parla di progressività della tassazione: sostiene il prof Rossi, che con la flat tax si recuperano le tasse facendogli pagare di più su sanità e università.
Peccato che i ricchi vanno a curarsi nelle cliniche private: la flat tax è sempre stata a deficit, non ci guadagna tutto il paese. A meno di non fare un voto di fede nel recupero dell'evaso e in dose da cavallo di ottimismo, per recuperare questi 60-70 miliardi.

Armando Siri, ideatore della flat tax, ha patteggiata una condanna per bancarotta, non ha pagato tasse per anni.
Forse una l'ideologo della Lega ha molti interessi nella flat tax: in effetti è un favore solo per i ceti ricchi, non certo per il ceto medio.

Cosa accadrebbe nel nordest con la flat tax? Abolendo l'IVA emergerebbe il nero, dice l'imprenditore Gastaldi, ma poi come si coprono i servizi?
Meglio tassare i grandi capitali, meglio abbassarle le tasse per gli artigiani.

A Treviso molte aziende se ne sono andate via, in Romania, ad esempio: con la flat tax forse molte piccole aziende si salverebbero, avrebbero del respiro.
MA poi i dipendenti?
Le grandi multinazionali già oggi spostano i capitali dove desiderano, potrebbero ridurre gli stipendi dei manager.
Forse, più che la flat tax, servirebbe una tassazione più equa, più vicina ai problemi delle imprese.

Alessandro Maso produce spallini per le giacche: oggi le imprese sono già costantemente monitorate, chi non paga le tasse ora, non le pagherà nemmeno col 25% ..

Daniele Lago produce mobili di design: la flat tax potrebbe essere ingiusta per le fasce deboli, ma vivremmo meglio se troveremo sistemi di ridistribuzione più equi, per ridurre le disuguaglianze.

Cosa vogliono tagliare Lega e FI: spese per l'istruzione come le rette per gli asili, le spese sanitarie, le spese infermieristiche per gli anziani, le spese per i celiaci, le spese per l'assistenza ai disabili, le spese per le ristrutturazioni, le spese per dedurre i fondi pensione, le deduzioni per le donazioni ..

Taglierebbe sui sistemi che riducono le distanze tra i cittadini: ma per vederla all'opera questa flat tax è andato direttamente in America, in Illinois.

Tassazione al 4,95% per le persone, 7% alle aziende: ma l'Illinois ha un debito da 148 miliardi di dollari, parte delle pensioni pubbliche sono senza copertura, perché nel corso degli anni i governi statali hanno prelevato soldi dalle casse senza preoccuparsi del futuro. Il midwest americano è ricco eppure le strade sono piene di buche, hanno tagliato i fondi per l'università; a Chicago, la capitale, hanno tagliato anche i fondi per i trasporti, per la sanità, per la gestione dell'acqua.
La classe media paga troppe tasse ma queste non sono sufficienti a coprire le mancate tasse delle classi agiate che possono spostare i capitali dove vogliono.
L'Illinois è lo stato più indebitato degli USA, alcuni governatori sono finiti in carcere perché hanno fatto accordi con le aziende per ridurre loro le tasse.
Sono molto simili a noi italiani, questi americani.

La città metropolitana di Chicago si occupa della manutenzione dell'acqua, delle strade, degli immobili e dei trasporti: non hanno soldi a sufficienza e devono coprire le spese con le tasse sulla benzina, con le tasse sul reddito e sulla proprietà.
Con la flat tax non si recuperano tasse a sufficienza per tutti i servizi: meno tasse significa meno servizi pubblici, magari quelli per l'istruzione per i poveri che rimarranno sempre più poveri.
Ma non è un problema per il senatore repubblicano che governa l'Illinois, che ha appena tagliato i fondi per l'istruzione.
La flat tax ha attirato imprenditori da fuori? I benefici fiscali alle imprese spesso sono soldi che gli azionisti si spartiscono, non diventano soldi per creare posti di lavoro o fare investimenti in ricerca.

Servirebbe legare le detassazioni con gli investimenti: le imprese incamerano vantaggi fiscali, anche da Trump, ma non investono affatto nel loro paese.

In Indiana la Flat tax è ancora più bassa: al 6% per le imprese e al 3% per le persone.
Ma le imprese se ne vanno lo stesso, in Messico per esempio, dove ci sono stipendi ancora più bassi.
L'Indiana è uno stato alla Reagan: tasse basse e meno servizi, ma un terzo della popolazione fa fatica ad arrivare alla fine del mese.
L'acciaio americano è nelle mani della Arcelor Mittal: Trump ha messo i dazi sulle importazioni dalla Cina, ma le acciaierie sono rimaste in crisi.
Trump ha promesso di portare qui il lavoro, ma saranno lavori con stipendi bassi: qui i sindacati hanno appoggiato Trump, per le sue promesse.

Dazi anche sull'alluminio, per non dipendere dalle importazioni: alla Kock sono entusiasti della flat tax, dove c'è la piena occupazione.
Ma che lavori sono quelli offerti alle persone? Lavori che non arrivano a 10 dollari l'ora, senza assicurazione sanitaria. Salari bassi di gente che con la flat tax ha solo perso.

La storiella raccontata alle persone è che con la flat tax si rimette in moto l'economia: ma la realtà è che si crea solo debito con queste politiche, che impoveriscono ancora di più la classe media.

Paolo Mondani ha raccontato la storia di mazzette prese dai sindacalisti della UAW da parte di
del vicepresidente della FCA Iacobelli: soldi in cambio di un accordo per i nuovi contratti (col beneplacito dei sindacalisti corrotti), dal 2009, quando i contribuenti americani hanno salvato Chrisler e General Motors.

È una guerra tra poveri, sulla pelle dei poveri: in Slovacchia, dove si è spostata la Embraco, prendono 600 euro al mese, di fronte ai 1200 euro di un operaio italiano.
Stipendi bassi perché la Slovacchia prende fondi europei, soldi dei contribuenti, usati per concedere sgravi alle aziende: si chiama dumping sociale, dovrebbe essere un aiuto di Stato illegittimo.
In Slovacchia hanno la flat tax, fortemente voluta dal governo: in questo paese investe anche la ndrangheta, riciclando il denaro del traffico di droga e armi.
Su questi traffici stava indagando il giornalista Jan Kuciak, prima di essere ucciso.
Anche la criminalità organizzata ci ha guadagnato da questo meccanismo fiscale: di certo non ci guadagna la classe media, che pure ha sempre fatto da traino per l'economia in tutti i paesi.

Ma noi ci stiamo affidando all'ideologo Siri, il patteggiatore e a Berlusconi, il frodatore.
Vogliono fare la lotta all'evasione, con l'innalzamento del contante.
Vogliono tagliare le tasse ma la spending review in Italia è stata inefficace fino ad oggi.
Con l'evasione al 108 miliardi, ne recuperiamo meno del 2%.

23 aprile 2018

Il lunedì dopo la sentenza

Passato il fine settimana, della sentenza di venerdì scorso di Palermo, sul processo alla Trattativa e alla "minaccia ad un corpo dello Stato", non se ne parla più.
Siamo tornati ai tatticismi dei partiti che prima hanno votato il rosatellum e ora accusano il m5s di non essere in grado di fare un governo.

Tutto dimenticato, anche le accuse ai pm che hanno portato avanti l'inchiesta e che sono stati tacciati di grillismo, di essere magistrati di parte: la peggior accusa per chi dovrebbe amministrare la giustizia in nome del popolo italiano.
Eppure, quell'accusa di essere magistrati politicizzati stona, se teniamo presente le ultime nomine fatte dal CSM: anche qui torna utile il saggio di Riccardo Iacona, nel capitolo dove racconta del potere delle correnti nella magistratura, che di fatto hanno occupato l'organo di autogoverno, di fatto condizionando nomine e promozioni.
Cosa aveva rinfacciato Bruti Liberati a Robledo quando si insediò come Procuratore Capo?
“Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi che mi rompeva i coglioni e andare a fare la pipì, così sarebbe stata nominata come aggiunta la Gatto”

Ecco: a Napoli il csm ha preferito Melillo al procuratore di Reggio Cafiero De Raho; il primo era capo di gabinetto del ministro Orlando, aveva meno esperienza e meno anzianità. 
A Palermo Lo Voi ha battuto Lo Forte e Lari, dalla sua aveva la nomina in Eurojust, da parte del governo Berlusconi.
Infine Milano: a prendere il posto di Borrelli, D'Ambrosio e Minale, nel 2010 è arrivato Bruti Liberati, nominato anche coi voti del centro destra.
Racconta a Iacona il cronista di giudiziaria Frank Cimini, della voce raccolta dall'avvocato Saponara, secondo cui Bruti Liberati è uno con cui si può parlare, un politico.
Non come Pomarici o Spataro, che si erano permessi di andare contro diversi esecutivi (Berlusconi, Monti e Letta) che avevano messo il segreto di Stato sulla vicenda del rapimento Abu Omar.

Insomma, forse il problema della politicizzazione dei magistrati, legato alla gerarchizzazione delle procure, esiste. Ma non come intendono i detrattori di Di Matteo.

Report – la flat tax, gli immobili dell'Inps e i rifiuti elettronici


Flat tax significa tassa piatta, il nome ha un suo appeal, ma bisogna vedere se conviene. È al centro delle trattative tra Lega e M5S, ogni partito dà i suoi numeri. Paolo Mondani è andato in giro per il mondo, calcolatrice alla mano, per vedere chi ci guadagna e chi ci perde.

La promessa (vera o falsa) della flat tax, l'inps e i suoi beni immobili (come li gestisce, cosa è rimasto dopo la sciagurata cartolarizzazione) e, nell'anteprima, il ciclo di vita degli smartphone e di altri prodotti elettronici.
Questi gli argomenti, estremamente interessanti in questo momento in cui si sta discutendo su un futuro governo, di possibili alleanze e di punti di incontro sui programmi (specie sulla flat tax).

Ma prima, occorre spendere due parole in merito a quanto successo al giornalista Giorgio Mottola: sta conducendo un'inchiesta sulle concessioni sui libi balneari di Ostia, voleva fare una serie di domande al presidente di federbalneari Papagni, quando questi ha preso i fogli che aveva in mano e ha cercato di infilarglieli in bocca.

Non è la testata di Spada, ma non è opportuno minimizzare: dobbiamo abituare la nostra classe dirigente a rispondere alle domande, anche a quelle scomode e non solo quando fa comodo loro.
Altrimenti è opportuno trovarcene un'altra, di classe dirigente.

La domanda era: come mai nonostante i numerosi abusi e le irregolarità accertate, rispetto alla gestione del suo stabilimento, non gli è stata revocata la concessione?
Produci, consuma e getta via.

Produci, consuma e getta via, questo il paradigma con cui sono concepiti la maggior parte degli elettrodomestici e degli oggetti elettronici ad uso quotidiano.
Al minimo problema, in una delle loro componenti, siamo spesso costretti a sostituirli in toto: ma ancora potremmo ricavarci quando li buttiamo via? Sono costruiti e progettati in modo che i suoi componenti possono essere sostituiti in modo facile?
E dove possiamo buttar via questi componenti elettronici (non nella spazzatura e nemmeno all'aperto in discariche abusive)?
Progettare questi prodotti in modo diverso significherebbe un risparmio per le nostre tasche, meno rifiuti, è un'industria che produce prodotti di valore, non usa e getta.

Quando compriamo un cellulare ci informiamo mai su quanto costa cambiare lo schermo, se si dovesse rompere? E quando compriamo una lavatrice, andiamo a vedere anche quanto costa sostituire la scheda elettronica in caso di guasto? Cellulari, videogiochi, telecomandi, stampanti, tv, lavastoviglie, forni, frullatori, piastre per capelli, computer, macchine da caffè… Il più delle volte riparare o sostituire i componenti rotti non conviene. Il risultato: spreco e montagne di rifiuti. Ogni anno in Europa vengono generati circa 9 milioni di tonnellate di Raee, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. In Italia ci si può disfare di un apparecchio presso un’isola ecologica ma anche consegnandolo a un rivenditore, ma pochi lo sanno. Nel 2016 infatti solo il 40% dei Raee ha seguito il corretto iter di raccolta, smaltimento e riciclo. La sfida oggi è prolungarne la vita a partire dalla progettazione, che può essere “modulare”. Quando, infatti, vengono costruiti in modo tale da essere smontabili, i componenti possono essere riparati singolarmente e in certi casi addirittura ripotenziati. E se proprio non c’è più niente da fare e gli apparecchi diventano “rifiuto”, è ancora possibile estrarre le parti funzionanti e riutilizzarle, come stabilito dall’Europa. Quali sono gli ostacoli e, soprattutto, noi acquirenti quanto siamo disposti ad abbandonare il sistema produci, consuma e getta?

La promessa (vera?) della flat tax

La Flat tax è stato il cavallo di battaglia del centro destra alle passate elezioni: era l'argomento forte per convincere gli elettori a votare Salvini o Berlusconi. Elettori che, sentendo le motivazioni date, non hanno piacere a pagare tasse allo Stato, dunque con una tassazione bassa (e uguale per tutti), sarebbero incentivati a pagare.
Certo, sentir parlare Berlusconi di tasse, lui che è stato condannato per frode fiscale, fa una certa impressione: nelle sue società offshore ha fatto sparire milioni di dollari, se avesse avuto una flat tax non avrebbe incaricato l'avvocato Mills di creare quel sistema che ha portato le sue aziende ad avere un vantaggio competitivo illegale e anche dei fondi nascosti di nero per oliare il sistema.

Ma oggi ci siamo dimenticati del passato: la proposta del centro destra ora, in un momento di stallo, dove serve trovare un accordo con altri partiti, è passata in secondo piano.
Come in secondo piano sono passate tutte le obiezioni sulla flat tax: creerebbe un buco di bilancio che dovrebbe poi essere coperto con tagli di spesa, sarebbe forse in contrasto con la nostra Costituzione.
E, in fin dei conti, è un regalo ai ceti ricchi: come per l'abolizione dell'IMU, uguale per tutti, sono loro i primi beneficiari di questa scelta politica, di cui si occuperà il servizio di Paolo Mondani.

Per parlare di flat tax, il giornalista è andato in giro per il mondo per vedere cosa è successo nei paesi dove è stata applicata.

Su Raiplay trovate una anticipazione del servizio: Mondani è partito dal nordest, andando ad intervistare l'ex sindaco di Oderzo nonché imprenditore Bepi Covre (con una azienda con un fatturato da 47ml).
Leghista eretico, viene definito, anche perché è favorevole alla progressività della tassazione e non alla tassa fissa che prenderebbe il posto degli scaglioni Irpef, o meglio, potremmo arrivare ad una tassazione al 15%, ma solo tra molti anni ..

Da Oderzo a Vicenza, altro imprenditore che si lamenta degli studi di settore, di Serpico, dei controlli elettronici: chi non pagava prima, non pagherà nemmeno ora con un 25%.
Dall'Italia all'Illinois, l'ex Stato delle auto, che in termini di debito e aziende in fuga assomiglia un poco a noi: tassa al 4,95% per le persone, al 7% per le imprese.
Tasse basse e anche casse vuote: oggi l'Illinois ha un debito da 148 miliardi di dollari, parte delle pensioni pubbliche sono senza copertura, perché nel corso degli anni i governi statali hanno prelevato soldi dalle casse senza preoccuparsi del futuro. Il midwest americano è ricco eppure le strade sono piene di buche, hanno tagliato i fondi per l'università; a Chicago, la capitale, hanno tagliato anche i fondi per i trasporti, per la sanità, per la gestione dell'acqua.
La classe media paga troppe tasse ma queste non sono sufficienti a coprire le mancate tasse delle classi agiate.


La flat tax dei miracoli, di Paolo Mondani Collaborazione Cataldo Ciccolella e Norma Ferrara
Chi ci guadagna e chi ci perde dalla flat tax? Quanto costano le tre proposte in campo? Quanto pesa il tema di una riforma fiscale “piatta” nella formazione del futuro governo?Report analizza le proposte della Lega, di Forza Italia e dell’Istituto Bruno Leoni. Chiede ai lavoratori e agli imprenditori del Veneto cosa accadrebbe con l’applicazione di un’aliquota unica. E racconta cosa comporta la flat tax in tre stati americani: Illinois, Indiana e Michigan. Dove incontriamo esperti, amministratori pubblici, il mondo dell’impresa in particolare nei settori dell’acciaio e dell’alluminio, proprio laddove Donald Trump sta imponendo dazi alle importazioni cinesi. Infine, negli States descriviamo cosa cambia con la nuova riforma fiscale federale approvata dai repubblicani lo scorso dicembre. Report affronta poi il caso Embraco, l’azienda americana che ha deciso di trasferire il suo stabilimento torinese in Slovacchia, utilizzando i fondi strutturali europei consentiti dal governo di Bratislava e la tassazione di favore, flat tax inclusa.Quali sono le classi sociali che pagherebbero di più in seguito alla approvazione della flat tax? Quanto costerebbe in termini di minor gettito? Come intendono garantire la copertura finanziaria Lega, Forza Italia e Istituto Bruno Leoni? Quali servizi sociali, quali deduzioni e detrazioni verrebbero abolite?

Il patrimonio dell'Inps

Una parte del patrimonio immobiliare dell'Inps (l'istituto nazionale che eroga le nostre pensioni) è già stato venduto (o svenduto) con le passate cartolarizzazioni dei tempi del ministro Tremonti.
A guadagnarci sono stati i privati e gli studi legali che hanno seguito le operazioni, per le ricche parcelle.
Oggi, il valore dei beni rimasti, è stimato in 2,5 miliardi: uno dei palazzi di proprietà si trova a Roma in via dei Laterani ed è al centro di un “pasticciaccio” (per citare Gadda), nato dalla confusione normativa e da un gruppo di inquilini che ha dichiarato guerra all'Inps..

Attici e monovani di Stato Di Alberto Nerazzini Collaborazione Michela Mancini
Il patrimonio immobiliare dell’Inps oggi vale due miliardi e mezzo di euro. Un piccolo tesoro, ma è solo ciò che resta dopo la burrascosa campagna delle dismissioni immobiliari, iniziata nel lontano 1996. Prima il legislatore decide di far vendere direttamente dagli enti ai suoi inquilini, poi, nel 2001, cambia idea e si affida allo strumento finanziario della cartolarizzazione. In questa confusione normativa è accaduto di tutto. Da un grande palazzo nel cuore di Roma, in via dei Laterani, un gruppo di «inquilini storici», guidato da un comandante d’eccezione, dichiara guerra all’Inps: hanno comprato con gli sconti di legge ma accampano un’interpretazione ancor più favorevole, pretendendo di poter acquistare anche tutto l’invenduto. Nel frattempo succede anche che una serie di appartamenti del palazzo siano occupati illegalmente: un idraulico, un giovane pittore, un colonnello della polizia, un dipendente dell’Inps e uno dell’Ater, l’azienda pubblica delle case popolari... Insomma nessun disagio sociale. È davvero un pasticciaccio brutto. E riguarda tutto il Paese, perché rischia di far saltare in aria le migliaia di compravendite che dal 2001 hanno riguardato immobili oggetto di cartolarizzazione. La giustizia amministrativa, infatti, in tutti questi anni ha sfornato sentenze clamorose, regalando una posizione di forza ai conduttori «ribelli».