19 ottobre 2008

Bologna, 2 agosto 1980 - Il tempo infranto

Sto leggendo questo libro “Il tempo infranto” di Patrick Fogli. Un romanzo che, come spiega il la fascia di presentazione, racconta del filo nero nella storia contemporanea d'Italia di oggi e di ieri.
Il racconto si svolge su due piani temporali: il presente, con un figlio alla ricerca della verità su suo padre, che credeva morto durante la strage alla stazione di Bologna. Che invece in realtà scopre essere un ex agente dei servizi sfuggito da qualcosa o qualcuno dopo la bomba.

Il piano del presente, si alterna con una storia, una brutta storia, che parte dall'estate del 1979, attraversa tutto il 1980: un racconto di logge coperte, politici legati a queste, tangenti per la fornitura del petrolio, banchieri usati come tramite per tangenti e riciclaggio di denaro sporco della mafia, per esportare i capitali all'estero del Vaticano, per non pagare il fisco.
Fascisti, reduci della guerra portata avanti durante la strategia della tensione, quando a colpi di bombe e tentativi di colpi di stato si cercò di spostare l'asse della politica italiana.
I personaggi del racconto hanno un nome inventato: ma per qualcuno di questi è facile capire di chi si parla. Licio Gelli, Delfo Zorzi, gli ideologi di Ordine Nuovo di Pino Rauti: Franco Freda, Giovanni Ventura; esponenti di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie.
Dietro i nomi di fantasia di Marino Di Giacomo e Forte si celano i personaggi reali di Michele Sindona (il banchiere del diavolo) e Roberto Calvi.

Un gruppo di potere che mette assieme onorevoli capaci di solcare le agitate acque della politica italiana; esponenti dei servizi (deviati o comunque al servizio di un altro stato, non della nostra democrazia); finanzieri rapaci. Neofascisti, bombaroli, estremisti di destra, legati ai tanti gruppi nati come costole del MSI come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, Ordine Nero, Terza Posizione.
Esponenti della criminalità romana come la famigerata Banda della Magliana: Il Negro (Franco Giuseppucci), Danilo Abbruciati, Massimo Carminati. Quest'ultimi legati ad un gruppo terrostico di ragazzi di vent'anni, i NAR di Riccardo Montanari e Chiara (Valerio Fioravanti e Francesca Mambro).

Cosa c'entra questo gruppo di persone con la strage alla stazione di Bologna? Ecco, è questo il baricentro di tutto il libro. Un periodo in cui si stavano assestando nuovi equilibri politici: finiva (senza essere mai nato) l'esperimento del PCI al governo. Il PSI di Craxi premeva per entrare nelle stanze dei bottoni.
Il governo, e il partito di maggioranza relativa, erano scossi da numerosi scandali: scandalo Italcasse, scandalo petroli, dossier libico, crac delle banche di Sindona, la morte recente dell'onorevole Aldo Moro; scandali che minavano la fiducia degli italiani nella classe dirigente, in chi li governava, nei poteri forti che muovevano le leve dell'economia e della politica.
Finiva l'epoca democratica di Carter in america e si affacciava l'era repubblicana con Reagan.
Il caos interno si rifletteva anche nel caos dei rapporti nella politica estera: la moglie americana e l'amante libica (un po' come oggi), con Gheddafi considerato amico dei terroristi e anche maggiore partner commerciale dell'Italia.
Situazione che portò alla tragedia dell'abbattimento di un aereo civile, l'I-Tigi dell'Itavia nel 27 luglio 1980 nei cieli tra Ponza e Ustica: moglie e amante nella stessa stanza.
In questo contesto, nelle menti di questo gruppo di potere (il cerchio più interno secondo la teoria di Guerzoni) si inserisce l'idea di un atto che serva a creare paura e tensione nel paese, sia per spostare l'interesse delle persone dai nuovi equilibri in corso, sia per rinforzare il consenso degli stessi cittadini nei confronti dello stato. Stato che avrebbe dovuto difenderli.
Serve un atto, l'ultimo atto della stagione della strategia della tensione, l'ultimo colpo: utile anche per fare pulizia poi di tutti quei personaggi, semplici pedine di questo gioco del terrore, che nel nuovo corso politici sarebbero stati troppo ingombranti. Testimoni pericolosi da eliminare.

Un pezzo di un colloquio tra l'onorevole (un uomo che conosce le soluzioni) e un colonnello dei servizi:

L'onorevole resta in silenzio. Il pensiero arriva in un istante. Ogni volta che succede qualcosa, tutti quelli che lo devono sapere lo sanno.
“Sa anche lei come vanno certe cose colonnello.”
“Certo. E a questo punto bisogna prendere una decisione, a vari livelli. Possiamo fermarli prima che lo facciano, rendere impossibile che il fatto avvenga, cercare di ridurre l'impatto. O restare semplicemente a guardare, aspettando il dopo.”
L'onorevole si alza. Riempie con cura il bicchiere di brandy. Lascia la bottiglia sul tavolo. Il passato che ritorna è un'onda che ti colpisce alle spalle e ti lascia sdraiato con la faccia nell'acqua, ad aspettare che la risacca faccia il suo corso.
“Potrebbe essere l'occasione che aspettiamo” dice una voce nella sua testa. Una frase che non ha sentito pronunciare da nessuno dei suoi amici. Non da un politico, non da un industriale, non da un banchiere. Nemmeno Richard è arrivato a tanto. Nemmeno Stella [il capo dell'istituzione, loggia massonica P2] quando hanno affrontato l'argomento, due giorni fa.
Nessuno fra tutti quegli uomini che da molto tempo fanno quadrato perchè ogni cosa resti esattamente come deve stare è riuscito a pronunciare un sì o la frase che ha appena attraversato i suoi pensieri.
Eppure è esattamente quello che hanno in mente tutti.
Oggi che quel tipo di strategia sembrava messa da parte. Non c'è più aria da colpo di Stato, la democrazia non è in discussione.
Potrebbe essere l'occasione che aspettano, lo sa. Usarli ancora una volta e poi renderli innocui, per sempre.
Dopo lo scandalo alla Genevieve [la banca di Sindona]. Dopo lo scandalo del petrolio e della Guardia di Finanza. Dopo lo scandalo dell'Istituto delle Casse e la caduta del governo. All'inizio della nascita di una nuova stagione politica e subito dopo il tentativo del partito comunista di rialzare la testa. Dopo un aereo sprofondato nel Tirreno che nasconde l'atto di guerra con cui, sul territorio italiani, di un paese alleato ha tentato di uccidere un capo di stato straniero, la guida di uno dei migliori partner commerciali dell'Italia.
Polvere alla polvere, pensa. E polvere nella polvere.

Beve un altro sorso, Ancora con il bicchiere in mano fa la domanda che aspetta di fare da troppo tempo.
“Quanto sarebbe pesante, Colonnello?”
Il carabiniere tira il sigaro. Fissa il padrone di casa, una goccia di sudore che gli accarezza la tempia.
“Non credo che lei possa immaginarselo.”

Anche così si è fatta la storia in Italia: bombe, terrorismo, depistaggi (con tanto di capri espiatori), gruppi criminali cui veniva data briglia sciolta per lavori di manovalanza, magistrati, carabinieri e agenti compiacenti, logge coperte e politici.
In tre parole: strategia della tensione.
Di cui, forse, la bomba alla stazione di Bologna, chiude un ciclo. Iniziato il 12 dicembre del 1969, alla banca dell'Agricoltura a Milano, passando per piazza della Loggia a Brescia, la bomba sull'Italicus, sulla freccia del Sud; attraverso i tentativi di Golpe: il golpe De Lorenzo, il golpe dell'Immacolata (di Junio Valerio Borghese), il tentato golpe del 1974 ad opera di Edgardo Sogno.

Un altro pezzo dei pensieri dell'onorevole:

Quella bomba ha spostato l'asse di rotazione di tutto quello che li circonda e spedito un messaggio che non ha bisogno di interpretazioni.
La polvere si alza e prima che si posi, al riparo nel fumo le cose cambiano. All'apparenza in modo impercettibile, in realtà completamente. Basta poco, uno spostamento infinitesimale, perchè due pezzi che prima non combaciavano finiscano per aderire perfettamente. [..]
E' successo ogni volta che ne hanno avuto bisogno. La stessa identica reazione, il fragore di una bomba è capace di trasformare il rumore in un silenzio,la confusione in tranquillità.
“La paura è il miglior anestetico del mondo” sussurra alla stanza vuota.
È l'emergenza che costruisce il futuro, non la collaborazione. Un'emergenza lunga , progressiva, incessante con cui senza sbavature è stato possibile tenere dritto il timone, lasciare che la nave viaggiasse sempre nella giusta direzione e che i fari si accendessero soltanto al momento opportuno, mostrando quello che poteva essere mostrato.
Un tempo per l'aggiustamento che era servito, avevano dovuto promettere la testa della democrazia. Insinuare che fosse possibile demolire uno stato debole per sostituirlo con qualcosa di diverso, che avrebbe eliminato ogni ostacolo, tutto il marciume. E fatto diventare i rossi solo un ricordo confuso di giorni che forse non erano esistiti mai.
Nessuno lo aveva pensato veramente, se non per un breve periodo. Era più conveniente minacciare che eseguire. Lasciare che il funambolo camminasse sul filo senza rete di protezione, per il più lungo tempo possibile. Che sapesse di poter cadere, piuttosto che procurarne la caduta.

Era servito, anche in quell'occasione la paura aveva fatto il suo dovere. Non è necessario costringere la gente, basta incanalarla nella direzione giusta.

Scriveva Pier Paolo Pasolini:
“Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione come killer e sicari ...”

Se questo è il contesto della strage, chi sono i mandanti: qui parlano altri due personaggi. Un ex giudice in pensione e un vecchio senatore, residuo di quel periodo storico.

“.. ma io nono credo ai mandanti. Non c'ho mai creduto. Credo alle convenienze e ai dati di fatto, alle opportunità e ai gruppi di potere. Io stesso, in qualche modo e con scopi molto diversi, ne ho fatto e ne faccio parte. In quegli anni c'era gente che metteva le bombe. Sembra semplicistico detto così e forse lo è, ma alla mia età si può permettere in po' di sintesi storica. E poi i fatti lo dimostrano. C'erano organizzazioni convinte che gli attentati indiscriminati facessero parte di una strategia lecita. Anzi, non solo. Potrei dire redditizia. Ripeto, la storia lo insegna.
E dall'altra parte c'erano gruppi politici, gruppi di potere, li chiami come vuole, che pensavano di poter usare quel magma rivoluzionario, omicida e criminale per incanalarne gli effetti nella direzione voluta. Alla fine degli anni sessanta e negli anni settanta quella direzione era, tra l'altro,, contenere il consenso del Partito Comunista entro confini prestabiliti, scatenando nella gente la paura, il bisogno di ordine. Magari di forza. In questo senso ne sono convinto, sia il terrorismo nero che quello rosso, hanno fatto gioco.

Non credo – e non ci crederò nemmeno se mi porteranno le prove – che ci sia mai stato qualcuno che è andato da un gruppo di estrema destra a commissionare la strage di Piazza Fontana o di Piazza della Loggia, o la strage di Bologna. O che abbia ordinato alle Brigate Rosse di rapire Aldo Moro, per parlare di terrorismo di sinistra. Allo stesso modo però - e lei lo sa – ci sono settori dello Stato che conoscono molto bene certi movimenti. Con precisione e e attenzione.

Ecco, credo che a volte si sia fatto in modo che questi settori dello Stato andassero a prendersi un caffè, si voltassero dall'altra parte, fingessero di non vedere. O magari, si limitassero a verificare che tutto andasse in un certo modo e che i responsabili, se necessario, potessero essere tenuti sotto controllo. ”


Racconta di un mondo nuovo, “Il tempo infranto”: lo stesso meccanismo portato usato in Romanzo Criminale. Il lettore è portato dentro il mondo delle stanze cupe del potere criminale. Del terrorismo nero. In un viaggio allucinante ma terribilmente vero.

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1 commento:

Miranda ha detto...

Consigliatomi da un amico, sto per finire questo. Forte è il bisogno ora di conoscere meglio quel pezzo di storia...passata eppure così attuale.