24 dicembre 2012

Report – acqua passata


Prima di parlare dell'inquinamento delle nostre acque, Milena Gabanelli ha voluto lanciare un appello,per i due marò appena rientrati dall'India dove, per il reato che viene loro contestato, rischiano la morte.
In base al diritto internazionale, dovrebbero essere processati nel loro paese, qui in Italia: potremmo, anche questa volta, non rispettare gli accordi e fare qui in Italia il processo, dove sconterebbero l'eventuale pena. Non lasciamoli strumentalizzare dalla cattiva politica: la nostra immagine, nel mondo, è offuscata anche da queste cose (oltre che dal bunga bunga, dalle mafie, dalla corruzione).

L'inchiesta di Piero Riccardi.

Chissà se anche la tutela dell'ambiente, e in particolare delle nostre acque, è cosa “arcaica” e perniciosa che non trova spazio nell'agenda Monti.
Come la tutela di chi viene licenziato senza un valido motivo, o per una discriminazione.
Il servizio del giornalista di Report ha parlato di due fiumi che sono stati trattati dalle imprese come fossero delle discariche. Tanto l'acqua scorre e porta tutto via.
L'inquinamentodel fiume Sacco, nel Lazio: un fiume, un ecosistema distrutto dal Lindano, un fertilizzante prodotto dalla Snia BDP di Colleferro.
E poi la bomba ecologica della discarica scoperta sul fiume Pescara: qui l'azienda che ha inquinato sarebbe stata la Montedison (ma c'è un processo in corso, che dovrà stabilire le responsabilità e i danni). Il fiume Pescara e i suoi affluenti dono sono finiti gli scarti di lavorazione della Bussi, come l'Esacloretano.

In comune questi due episodi hanno che sappiamo tutto: chi ha inquinato (processi a parte, quando qualcuno viene ucciso in una stanza chiusa è il maggiordomo l'indiziato), perché lo ha fatto, e quali sono i danni. Ma chissà come mai, in Italia è difficile far pagare i danni a chi inquina. La legge organica di tutela delle acque è arrivata, perché lo ha chiesto l'Europa, solo nel 1999. Chi inquina e distrugge l'ambiente, distrugge le attività agricole e di allevamento vicino alle sponde del fiume, compie un'opera di terrorismo ambientale.
Causa un danno che non si ferma alle generazioni passate e presenti: è un danno che si ripercuote su chi verrà dopo di noi. Non solo dal punto di vista sociale, per le malattie contratte da chi si è alimentato con le carni di animali contaminati (gli animali li abbattiamo, cosa facciamo con le persone?). Non solo un danno economico, perché alla fine è difficile in Italia far pagare questi danni alle imprese. È soprattutto un furto a chi verrà dopo di noi, cui non abbiamo saputo consegnare un ambiente (i fiumi, le montagne, i prati) come li abbiamo trovati noi.

L'acqua potabile rappresenta solo lo 0,5% del totale delle acque del pianeta: ogni fiume inquinato, ogni lago, ogni falda, è una parte che si sottrae a questa percentuale. L'acqua è preziosa, non solo perché dobbiamo bere per sopravvivere. L'acqua viene usata anche nelle industrie, per la produzione di beni e di alimenti. Una camicia in cotone o un hamburger da Mc Donalds. Anche questo sfruttamento idrico, non più sostenibile, è qalcosa che dovremmo rivedere.

Il servizio di Piero Riccardi ha ricostruito la storia dell'inquinamento del fiume Sacco: i giornali ne hanno parlato nel 2005, ma la Asl e l'ATA sapeva già dal 2003. La centrale del latte di Roma, che aveva bloccato solo il latte di un allevatore, ha aspettato mesi prima di denunciare. C'era già stato un processo, concluso nel 1990, con l'assoluzione dell'AD Enrico Bondi (che rientrerà anche nell'inchiesta sul Pescara), per la parte relativa al fiume Sacco.
Per decenni la Snia gettava le sue scorie, per la lavorazione di pesticidi in fusti gettati in un campo. Questo ha causato l'inquinamento dei terreni: tutti sapevano quanto poteva essere pericolo. Lo sapeva l'azienda, lo sapevano gli operai. Ma il lavoro è il lavoro, e il profitto e il profitto. Anche quando uccide un fiume e avvelena le persone.
E i fiumi: nel Sacco finivano le acque dell'azienda, piene di beta-esaclorocicloesano, senza passare per il depuratore.

Dal 1990, si è dovuti arrivare al 2005, all'inchiesta che ha iniziato a tirare in ballo anche le acque del fiume, per arrivare ad una bonifica dei terreni. Il processo del 1990 non cercò l'inquinamento nel latte e nel fiume (ma solo nei terreni). Il caso ha voluto poi che Bondi, come commissario di Parmalat, era a capo anche della Centrale del Latte di Roma, quella che ha aspettato diversi mesi prima di denunciare il latte avvelenato.

Bondi, oggi chiamato per l'operazione di spending review, fu assolto in quel processo: non sapeva né era responsabile. E gli operai della Snia furono licenziati da Bondi nel 1993.
Oggi, la stessa molecola che ha distrutto il fiume, si trova nelle persone anziane.
Tutti si sono adeguati a questo andazzo, di inquinare le acque: un modello produttivo criminale per cui, alla fine, nessuno paga.

Sintomo di una nostra scarsa attenzione al bene pubblico: tutto quello che non è di nostra proprietà, può essere usato a nostro piacimento. Se serve alle aziende per risparmiare sui costi di smaltimento, ben venga gettare le scorie in fiumi. Si risparmia a danno delle generazioni future.

La bomba ecologica del Pescara.
Scoperta nel 2007, è considerata la discarica illegale più grande in Italia: qui, nei terreni, la Bussi (e altre aziende) ha gettato gli scarti delle lavorazioni industriali.
All'inquinamento dei fiumi, si è arrivati però, per l'impegno del professor Croce, che dopo aver sentito la notizia della discarica, ha fatto analizzare le acque e terreni e a sue spese.
L'acqua era inquinata dall'Esacroletano, e questo ha collegato la discarica di Bussi all'acqua di rete.
Dal 2004 gli enti sapevano tutto, Asl, Ata, regione. Pensavano di risolvere la questione con la miscelazione dell'acqua, opzione proibita dal ministero. E poi con l'adozione di filtri, che hanno inquinato di più, però.

Chi inquina paga? No, nemmeno in questo caso. La fabbrica di Bussi era di proprietà della Montedison, poi passata alla Solvay. Nessuno si addossa le colpe: Mondedison dice che la Solvay sapeva.
Oggi il processo è bloccato, per un problema di lucchetti scambiati: le parti civili sostengono che l'azione della difesa tende a dilatare i tempi per arrivare a prescrizione.
Al momento, l'intera zona non è bonificata: il costo del “cappello”, per proteggere la superficie dei terreni, è di 1 ml di euro.
La soluzione definitiva sarebbe un sarcofago, come a Chernobil: costo complessivo 80 ml di euro. Che Montedison non vuole pagare.
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Riepilogando, i nomi delle aziende sono noti, che cosa hanno prodotto pure e sono le
stesse sostanze che sono state trovate nel fiume. Quando partono le indagini è
inquinato il pozzetto a valle della Montedison, quando parte il processo il pozzetto a
monte della Montedison. Ora, siccome il sito è sotto sequestro e le chiavi del lucchetto le ha la forestale ci si chiede, ma è stato un errore, è stato manomesso, o l’acqua va in su? Ora per bonificare ci vogliono 80 milioni, è probabile che se la caveranno con i 12 che servono per impacchettare tutta quella roba. Dopodiché c’è lo stabilimento, alla Montedison è subentrata la Solvay che adesso dice: io me ne vado però in futuro nessuno mi deve chiedere conto se su questi terreni verrà trovato qualcosa che non va e qui si fa avanti Toto, quello dell’ Air one, che durante la vendita di Alitalia è riuscito a ripianare tutti suoi debiti, e Toto dice: mi prendo l’area dismessa, ci faccio un cementificio e salvo 100 posti di lavoro, ma non mi dovete chiedere di pulire perché non sono stato io ad inquinare e allora chi bonifica? E qui ci pensa un emendamento i cui padrini sono Gianni Letta e Marini che spostano 50 milioni dai fondi per il terremoto per metterli in una bonifica per reindustrializzare esattamente bonificare per reindustrializzare. In sostanza il commissario pulirà là dove mette i piedi Toto, intorno no però si dirà che alla fine tutto è stato bonificato anche se non è vero.
L'importante, come al solito, è il profitto dell'impresa privata.

Come a Colleferro, anche qui spunta il nome di Bondi, ex AD di Montedison, che non ha accettato di rispondere alle domande di Report.
Il ministro Severino, che ha difeso il vice di Bondi e la Montedison a Pescara, ha risposto dicendo che da ministro, non può rispondere delle sue attività da avvocato.
MILENA GABANELLI IN STUDIODi storie come quelle che abbiamo visto, purtroppo, in Italia ce ne sono tante, ma vale la pena di ripercorrere la cronologia di questo stabilimento: la Bpd faceva esplosivi, poi è arrivata la Snia che faceva prodotti chimici, poi la Fiat che faceva missili, alla fine i terreni sono finiti in mano a una immobiliare che è posseduta da una società olandese che ha la sede presso Banca Intesa ad Amsterdam, e che adesso si prende 60 milioni per farsi un po’ più in là. Intorno un fiume è morto e un sarcofago sui terreni permanente. A volte però la storia si ripresenta. Enrico Bondi si è trovato, la sorte ha voluto, che si trovasse sulla riva di un fiume inquinato e poi dall’altra parte sugli effetti prodotti da quell’inquinamento. Bondi è stato amministratore delegato della Montedison che possedeva lo Stabilimento di Bussi sul Tirino, della Snia Bpd che produceva i pesticidi i cui scarti di lavorazione sono stati trovati nel 2003 dalla centrale del latte di Roma controllata dalla Parmalat, proprio mentre Bondi gestiva la Parmalat. La notizia è esplosa due anni dopo, quando Parmalat con dentro Centrale del latte ha chiesto la riammissione in borsa. Abbiamo chiesto a Bondi un’intervista su questo argomento ma ci ha risposto che non è sua consuetudine concedere interviste.Precisiamo che nel latte oggi non ci sono problemi, ma i problemi sono quei terreni equel fiume. Poi c’è Paola Severino, oggi è ministro della Giustizia, nel 1993 avvocatodifensore del vice di Bondi nella questione che riguarda le discariche non autorizzate di Colleferro, e fino all’anno scorso difendeva Montedison nel processo di Pescara. Alministro Severino avremmo voluto fare una domanda semplice: perché in Italia è così difficile applicare una norma chiara: chi inquina paga? La risposta è stata: “da ministro non posso esprimermi su fatti che mi hanno vista coinvolta come avvocato”.
E nel frattempo noi stiamo consegnando a chi verrà dopo di noi un paese pieno di sarcofaghi.

Il link per rivedere la puntata, e il PDF con il servizio.    

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