02 settembre 2013

Operazione madonnina, di Riccardo Besola, Andrea Ferrari e Francesco Gallone

"Gli innocenti non sapevano che l'impresa era impossibile. 
E' per questo che la fecero."
Bertrand Russell

Incipit: Milano, cantiere del metrò, 1959
"Oh, Africa torna qui!" Gracchia la voce roca e ferma del Pecòla.Se il Pecòla grida a questo modo è meglio fermarsi. E non importa che questa voce se ne esca da un corpo di un metro e sessantacinque centimetri per cinquantanove chilogrammi, da un grissino di uomo da niente, tutto nervi, naso d'aquila e Nazionali senza filtro. Non importa. Perché al Pecòla quando lo si sente parlare si capisce che è un dritto, uno che ha fatto un sacco di cose e che sa farne un sacco di altre. Più o meno lecite.
Una sera al Joker's bar di Milano, Luca Crovi propose a tre suoi amici di scrivere una storia a sei mani che fosse quello che "I soliti ignoti" è stato per Roma o "Operazione S. Gennaro" per Napoli.

Un racconto noir, cioè, dove mescolare giallo e houmor grottesco, che caratterizzasse nelle sue pagine, lo spirito della città. In questo caso, le storie della mala milanese e dialetto.

Quello che ne è venuto fuori è questo racconto, scritto a più mani, intriso di dialetto e nebbia milanese: tre balordi decidono, per dare una svolta alla loro vita e risolvere i loro problemi, di fare un colpo che nessuno fino ad allora aveva nemmeno concepito.
Il furto della Madonnina ("tutta d'oro e piscinina") sulle guglie del Duomo.

Decidono cioè di vendicarsi verso la città che tutto aveva preso da loro, prendendo da lei il suo tesoro più importante.

La scelta degli autori è ricaduta sulla Milano degli anni 70, precisamente Milano nel tardo autunno del 1973: gli anni della contestazione, degli scontri tra studenti e polizia nelle strade, gli anni dell'austerità dove la domenica si girava a piedi (per scoprire poi che i prezzi del petrolio erano gonfiati dai petrolieri nostrani). Gli anni della criminalità per strada e della polizia con le mani legate. 

In cui ancora erano fresche le ferite delle bombe che erano scoppiate a Milano nel dicembre del 1969, la nostra perdita di verginità. La bomba di Piazza Fontana e, nel 1973, quella scoppiata davanti la Questura.

Il romanzo pesca a piene mani dalle atmosfere dei libri di Giorgio Scerbanenco e in particolare dal film di Fernando Di Leo "Milano calibro 9" (tratto dal libro di Scerbanenco).

Dai suoi libri escono i personaggi di questa storia.
Ugo Piazza è appena uscito dalla galera, dove era finito per merito delle prove raccolte dall'ispettore Malaspina.
Ora qualcuno sta mandando, proprio all'ispettore Malaspina, delle lettere minatorie: è l'Americano, l'uomo per cui Piazza faceva da cassiere, che non gliel'ha giurata e che vuole farlo fuori?.

Amico del Mala, o qualcosa di molto simile all'amicizia, è Dino Lazzati detto Fernet, giornalista del corriere che passa le giornate dividendo il suo tempo tra le partite al flipper al bar Lafus, e le strade della città, per raccontare i fatti di cronaca.
"Fernet ha un nome, Dino, un cognome, Lazzati, e a professione, il cronista di nera per il "Corriere della sera", anche se a guardarlo sembra uno dei tanti disperati che qua dentro, in questo bar, ci sbriciolano le giornate per lasciarle ai piccioni scuri che zampettano nella poca erba della piazza".

E poi c'è la banda della Madonnina, che è composta da Osvaldo, il gestore della bocciofila Il capolinea in via Ripamonti: una via che in quegli anni è un cantiere unico che la sta trasformando. Una benedizione dal cielo, forse. Perché lo sciur Osvaldo ci guadagna bene dai muratori e operai che vengono qui a mangiare la trippa preparata dalla sua signora.
"Eppure all'Osvaldo non gli piacciono mica tutte quelle caserme con le finestre uguali, con i colori uguali e persino con le stesse famiglie che pian piano s'infilano lì a viverci come api negli alveari."
Sono proprio questi cantieri la sua rovina: il proprietario delle mura gli ha dato lo sfratto, per vendere proprio a questi costruttori di case alveari.

Lorenzo Eller è un pubblicitario che ha fatto successo con il carosello del Moplen: è uno che "in un mondo di plastica anche le cose stupide hanno un valore. E lui l'ha capito". Peccato che i soldi finiscano spesso nelle giocate dei cavalli a S Siro. E che ora sia costretto a girare al largo dai fratelli Bassi, cui deve un nel gruzzolo di denaro.

L'Angelo, o Aungiulin, si è traferito dal suo paese, a Cassino, nella nebbia di Milano che a volte si taglia con un coltello. Vedovo e risposato con tre "piccinelli".
Ha trovato lavoro come fiorista al cimitero di piazza Cimitero maggiore, grazie alla lettera del prete.
La sera del 27 novembre, abbandona il suo chiosco di fiori che viene sfasciato dalla troupe di un film con Alain Delon.
E ora dove trova i soldi da dare al proprietario per i danni?

Lorenzo, l'Osvaldo e l'Angelo si ritrovano al funerale del Pecola. Non si vedevano dal 1959, da quando tutti e quattro, lavoravano al cantiere della metro di piazza Duomo.
Qui, dopo una notte alcolica passata assieme, arriva loro l'illuminazione, il segnale sul come svoltare la loro vita e risolvere i problemi:
"Osvaldo! La Madonnina!""Se gh'è? Che cosa c'è?""L'è tutta d'ora e piccinina!""E allora?""Quanti chili d'oro saranno?""Ma non vorrai mica .."."Questo è il segno del Signore! Osvaldo! Angelo! Noi ruberemo la Madonnina del Duomo di Milano! Noi ruberemo il simbolo della città che ci ha tolto tutto!"."Te sei matto, bella vita!"."Poche ciance! Ci state o no?""Beh .. è impossibile"."E se invece fosse possibile, non lo faresti, Osvaldo? Guarderesti la tua bocciofila finire in mano ai costruttori? Anni e anni di lavoro?".
Mentre i tre disperati organizzano il furto del secolo, Dino Lazzati (un omaggio al grande giornalista Dino Buzzati) detto Fernet racconta sui suoi pezzi la città che cambia (la criminalità che la ammorba, gli studenti e la contestazione fatta coi soldi di papà, la sicurezza della città che verrà affidata in un futuro alle agenzie private ..) e l'ispettore Malaspina insegue le sue paranoie sul Piazza e sull'Americano che gli vuole fare la pelle.

Come andrà a finire questa storia? Non lo posso raccontare.

Ma ora, una volta arrivati in piazza Duomo, provate ad alzare la testa al cielo.
E chiedetevi, chissà se l'è verà, quella Madunnina li?
Non è che veramente qualcuno ci ha fatto in pensierino?


E ricordatevi, soprattutto, che "a uno come Ugo Piazza non lo devi nemmeno toccare"!!

Un estratto dal libro dal sito di Mentelocale:
Quella tarda mattinata di un giorno da caniTerrazza del Duomo, ore 11.59La nebbia ha preparato il terreno alla pioggia, stanotte.Osvaldo non è tranquillo, lontano dall'osteria, proprio all'ora di pranzo.L'Angelo invece, spera che Osvaldo li inviti a pranzo, dopo questo sopralluogo, perché la pancia vuota gli brontola e il concetto di poche lire nelle sue tasche non riesce a trovare motivo di sussistere. È domenica. È domenica e pioviggina, e son venuti a piedi o col tram, che l'Austerità ha bloccato le auto.Eller è venuto in tram, come l'Osvaldo. L'Angelo ci ha messo tre quarti d'ora a piedi, a raggiungere il Duomo. È partito subito dopo la messa delle otto.L'ombrello ha un buco, così ora ha la manica sinistra della giacca zuppa d'acqua. La città è color carta bagnata, ma è uno spettacolo, comunque, dal tetto del Duomo.Fernet esce dal bar, a prendere un po' d'aria. È domenica, e non chiama nessuno. Ci saranno le scommesse nel pomeriggio sulla Serie A del calcio, le corse dei cavalli. Poi oggi è giorno di derby, lo stadio di San Siro sarà strapieno, nonostante il freddo. Lui la schedina non la gioca. Per lui il tredici e un numero sfortunato. Mentre in tasca cerca l'accendino, sfiora e poi stringe il cornetto portachiavi. Nel bar Lafùs, il telefono squilla. La Olga, svogliata, lascia la cassa e va a rispondere. Fernet tende le orecchie, poi si sente chiamare.Che fortuna non ha nemmeno acceso la sigaretta.Osvaldo pensa ai tavoli, al risotto con l'ossobuco e la verza, alla moglie da sola a servire, che al massimo può sperare nell'aiuto di sua figlia, Marisa, ma è una bambina, che può fare, mentre il Giovanni se passa vuota la cassa e va. E lui qui, a fissare la Madonna in cima al Duomo per rapirla, farla a pezzi e comprarci la bocciofila. Roba da chiodi.I fratelli Bassi dormono, profondamente. Ma non sonni tranquilli. Son usciti dal Medusa alle 4, stamattina, e sono entrati in casa alle 6. Senza bagordi. Un semplice diverbio. Anzi, una piacevole conversazione a scopo informativo. Col Sicario. Che nel giorno del Signore, dice, non estrae. Aspetta sempre almeno dopi mezzanotte, la domenica. Ore preziose. Un peccato lasciarle passare dormendo.Lorenzo Eller nasconde un sacco di guai ai suoi ritrovati soci e molti li nasconde anche a se stesso, per non pensarci, per mantenersi lucido. Si cela dietro gli occhiali da sole anche in una giornata buia come questo 2 dicembre.
Si infila sotto l'ombrello dell'Angelo. Sgocciola dal buco. Infastidito, scatta in avanti, lungo la camminata sul tetto del Duomo, infila le scale per salire in cima, ripide, scivola, impreca, proprio la Madonna impreca. TuonaNon è un tuono. È una bomba che la storia d'Italia non racconterà per i prossimi decenni, trattando degli anni di piombo. È una bomba che miete due vittime soltanto, e neanche importanti per gli occhi degli uomini. È mezzogiorno. La gente ha cose pù importanti da ricordare, altrimenti la pasta viene scotta.Mentre guardano la Madonnina dominare quella città così triste e così bella, come lei, d'altronde, l'Angelo fa un cenno goffo a Lorenzo, se gli offre una sigaretta. La mangerebbe, la paglia, per la fame cha ha, ma forse anche fumare può sopire i morsi dello stomaco. Osvaldo, mentre loro fumano, scarta un pezzo di pan dei morti. L'Angelo non si trattiene, aspira al tabacco che quasi s'ingolfa, punta il dolcetto come fosse acqua nel deserto. Osvaldo lo nota e un po' imbarazzato, un po' sdegnato, gliene offre un morso: l'Angelo spalanca le fauci più che può, lo infornerebbe tutto quel biscottone, non riesce.Quando deglutisce ha sete.Mezz'ora prima, tra i blindati e le camionette dell'Esercito attestato per le strade, Argo fiutava la noia e la tensione convivere in quelle facce giovani di soldati da pagnotta. Il suo padrone gli stava dietro, in una mano il guinzaglio, nell'altra l'ombrello, in tasca duemila lire per la torta da ritirare in pasticceria. In via Torino.È normale che ci siano i soldati, per le strade: i delinquenti si son messi a lanciar bombe ananas alla Questura. Argo lo precedeva fiero.
Eller guarda la Madonna, e prega la Fortuna di mettersi una mano sulla coscienza, e l'altra porla a lui. Osvaldo guarda la Madonna e prega Dio di perdonarlo per idea bizzarra, perversa, certo, forse i rapporti tra i due, l'Oste e il Padreterno, non sono granché, ma rovinarli con un gesto tanto blasfemo è un affronto decisamentre di cattivo gusto. Eppure deve. Devono. L'Angelo ha la bocca impastata, desidera qualcosa da bere, possibilmente di caldo e di forte, ma non ha che poche decine di lire. Avvista il chiosco, dietro la guglia maggiore.


La scheda del libro sul sito di Frilli editore.



Il link per ordinare il libro su Amazon e su Ibs

Nessun commento: